Massimo Cotto: pagine scelte da "Rock is the answer"
È proprio vero che i rocker sono solo cattivi maestri, guide di perdizione e dolore? Con il suo nuovo libro, in uscita il 14 ottobre, Massimo Cotto compone un "breviario rock" in forma di prontuario filosofico: suggestioni e pillole di saggezza da oltre 150 musicisti di ogni generazione e per ogni gusto.
Per gentile concessione dell'editore Marsilio, anticipiamo qui un florilegio di contenuti selezionati dall'autore.
Il rock può illuminare le nostre vite. Non credo che l’arte, in qualunque sua forma, possa cambiarci la vita. Può estrarne il meglio e evidenziare il peggio. Poi tocca a noi fare il resto. Il rock è un motivatore, ti può aiutare a raggiungere la felicità, la consapevolezza, nel migliore dei casi può aiutarti a trovare te stesso, ma l’ultimo colpo devi darlo tu. Il rock da solo non basta. Come i sogni. I sogni aiutano a stare bene, ma poi bisogna anche realizzarli.
Alice Cooper
La musica è arte, come il cinema e la pittura. Come ogni espressione artistica, è difficile da incapsulare e da imprigionare, ma sono le persone a cambiare la storia, non l’arte. La musica può motivare, sensibilizzare, fare domande. La musica fa pensare le persone, ma sono le persone a fare le cose.
Jim Kerr, Simple Minds
È non solo giusto, ma necessario usare il rock come parte del processo per alleviare le sofferenze della società. La musica è intrattenimento, è come andare in vacanza. La musica deve portare l’ascoltatore in un altro mondo, fargli dimenticare per un attimo dove vive, condurlo in una dimensione parallela. Per questo, il rock non può essere negativo. Può essere pessimista, sostenendo il dubbio che non tutto andrà sempre bene, ma non può permettersi di distribuire valori negativi. Specialmente ora che la depressione ha raggiunto livelli altissimi e che l’economia di molti stati europei è sul punto di collassare, se già non è successo. Il rock, se non panacea, deve essere parte della cura. Un’erba che aiuta a star meglio. Per un’ora, un giorno, un mese.
È cambiato molto il rapporto tra musica e società, ma siamo anche cambiati noi, sono cambiato io. Negli anni Sessanta ero un ragazzo e non avevo la prospettiva che ha un adulto. Io sono nato nel 1948, l’anno in cui si sono registrate più nascite in assoluto dalla notte dei tempi. Io sono un figlio della guerra, e forse per questo ho creduto più di ogni altro di poter cambiare il mondo. Non ce l’ho fatta, ma non rinnego nulla del mio vecchio idealismo. Crescendo, poi, si cambia, è inevitabile. Si valutano le implicazioni di ogni cosa, quando prima nemmeno le vedevi.
La grande illusione degli anni Sessanta fu credere che la coscienza di massa avrebbe cambiato il mondo e curato le ferite. Invece non ha cambiato nulla perché non può cambiare nulla. Ma è stato comunque un movimento positivo. Motivare le coscienze, smuovere le persone dalla loro apatia non è sufficiente a cambiare il mondo, ma è sempre meglio di niente. E, se non altro, ti aiuta a trovare il tuo ruolo, a riempire il vuoto.
Robert Plant
Questi testi sono tratti da "Rock is the answer" di Massimo Cotto (Marsilio Editore)
