I Maneskin insieme a Iggy Pop fanno bene alla musica italiana

Fra i Maneskin e Iggy Pop si è creata una bella intesa, seppur a distanza. Lo si capiva già dal video diffuso per promuovere la collaborazione in cui il rocker scherza con il quartetto romano, e arriva la conferma ascoltando la nuova versione di “I wanna be your slave” uscita oggi. Per prima cosa è un duetto a tutti gli effetti: Iggy non canta solo una parte di una canzone per poi svanire, come avviene in molti feat contemporanei, ma interviene in più momenti del pezzo. È proprio lui ad accendere la fiamma iniziale del brano scandito anche da frammenti sussurrati in cui la sua voce cavernosa risulta inconfondibile. Il rocker ha registrato i suoi interventi a Miami, la canzone è prodotta da Fabrizio Ferraguzzo, il nuovo manager della band, e mixata da Enrico La Falce.
Nonostante sia stata “lavorata a distanza”, la versione trasuda un impegno non scontato. Oggi (ma anche in passato), molte collaborazioni fra artisti sono opera delle etichette discografiche: spesso i protagonisti neppure si conoscono, non dialogano fra loro, ricevono le rispettive parti e tanti saluti. Sono collaborazioni messe in piedi per puro marketing, costruite a tavolino per sommare i rispettivi bacini di fan sulle piattaforme. Il mondo hip hop, in cui il feat è diventato sempre di più una colonna portante, è pieno di esempi di questo tipo. “I wanna be your slave” si sente, invece, che è mossa da sentimenti diversi. È vero che Iggy Pop nella sua carriera è stato protagonista di tante collaborazioni talvolta improbabili, ma se qualcuno pensa che questa l’abbia realizzata per i soldi, è fuori strada. Alla voce degli Stooges, arrivato a questo punto del suo percorso, con un patrimonio invidiabile, non frega più nulla del lato economico: lo fa per divertirsi e si è divertito, lo si percepisce. In “I wanna be your slave” ha sentito, almeno nel titolo, un tributo alla sua “I wanna be your dog”, incisa con gli Stooges: Victoria, Damiano, Thomas ed Ethan gli sono piaciuti, e così ha deciso di accettare. E non solo: i Maneskin, in passato, hanno realizzato anche una cover del famoso pezzo degli Stooges per la colonna sonora della versione italiana di "Crudelia".
Premesse doverose che non vogliono convincere nessuno, ma solo raccontare il retroscena di questa collaborazione la cui importanza, più che nella canzone in sé, è in quello che rappresenta: non vi piace il gruppo romano? Va bene, ma è giusto riconoscere quanto stia facendo, regalando ossigeno e opportunità alla musica italiana. I Maneskin hanno portato a casa, con una modalità che appare sincera e non plasticosa, un duetto con una delle più grandi icone del rock viventi. E questo non può che far bene alla musica nostrana, aprendo porte anche ad artisti futuri. Nel 2021 il gruppo, dopo aver vinto il Festival di Sanremo e l’Eurovision, è arrivato a stanziarsi tra i 13 artisti più ascoltati al mondo su Spotify con più di 51 milioni di ascoltatori mensili e oltre 2 miliardi e mezzo di streaming totali su tutte le piattaforme digitali. Lo ha fatto zittendo molti scettici e detrattori. Ma ripetiamo: possono non piacere, i gusti sono gusti. “Fa n'po come te pare”, direbbero nella Roma dei Maneskin. Quello che però è giusto ravvisare è proprio il percorso di questi ragazzi, i cui meriti sono evidenti.