Shel Shapiro: “Mi rivedo in ragazzi come Ghali e Mahmood”

Shel Shapiro prende per i capelli la vita e lo fa con un pezzo, “Non dipende da Dio”, in uscita oggi, che anticipa un nuovo album. “Non è un ritorno, in realtà non me ne sono mai andato – sorride l’artista, 77 anni – ho lavorato sul progetto “11” legato alla Costituzione e sono stato in tour con Maurizio Vandelli. La musica non ha mai smesso di far parte della mia vita. Cantare “Bisogna saper perdere”, però, è troppo facile, per questo ho deciso di pubblicare un inedito. È nata come tutte le altre canzoni, in modo naturale. Siamo in una società in cui c’è la tendenza a scaricare le proprie responsabilità su qualche cos’altro, a volte può essere anche Dio.
E invece, in molte circostanze, dovremmo farci un esame di coscienza e dire: ‘sono io che l’ho voluto così, sono io che ho fatto accadere queste cose’”.
“Non dipende da Dio”, e composto dallo stesso Shel, che ha scritto anche il testo insieme a Riccardo Borghetti, e prodotto da Filadelfo Castro, sembra apparentemente un brano personale e autobiografico ma, in realtà, è una riflessione sul percorso della vita e della crescita di tutti noi in generale, sottolineando che ognuno è artefice del proprio destino. È il primo tassello di un album. “Uscirà, ma la lavorazione è molto complicata – confida Shapiro – gli spostamenti difficili, i musicisti che vanno e vengono, fare un disco sotto pandemia rende tutto ostico. Io penso sia un lavoro coraggioso, è il tentativo di uscire dalle linee parallele della pop music. Sarei poco credibile come trapper, ma contemporaneamente non posso ignorare il potere di questa musica. Crea degli influssi, getta delle informazioni nell’aria, contamina tutto e tutti. Il mio non sarà certo un disco rap, ma avrà comunque degli elementi attuali”.
Cantante, produttore, alfiere del rock e della beat generation, Shapiro ha sempre saputo leggere con attenzione il proprio tempo. Nella sua carriera, l’ex Rokes, ha collaborato con Mia Martini, Patty Pravo, Gianni Morandi, Mina, Raffaella Carrá, Riccardo Cocciante, Ornella Vanoni, Enrico Ruggeri, Quincy Jones e tanti altri. “C’è una nuova generazione che crea musica, sono ragazzi molto interessanti – sottolinea – un tempo c’erano i Pooh, poi è arrivato il pop dei Modà, adesso Ghali e Mahmood. Quest’ultimi mi interessano molto, mi rivedo in loro: mischiano suoni e culture perché hanno diverse discendenze. Anche io, un po’ inglese, un po’ russo, un po’ italiano, ho cercato di fare lo stesso. Quando le radici si intrecciano possono nascere grandi canzoni”.
La voglia di tornare a produrre? “Non c’è, sono sincero – ammette – quando l’ho fatto ero un pioniere perché non ero solo ‘quello che ci metteva i soldi’, ma cercavo di seminare per poi far sbocciare fiori. Ma negli anni ’80, in Italia, c’era comunque provincialità: i produttori famosi davano fastidio ai cantanti che volevano essere prime donne. Non so ora se la situazione sia migliorata…”. Con Maurizio Vandelli, voce e leader del gruppo Equipe 84, Shapiro è stato protagonista, fra il 2018 e il 2019, di un lungo tour. “È stato divertente, ma anche faticoso – conclude – non ci sono mai stati screzi fra noi, ma è innegabile che abbiamo due visioni del mondo opposte. Magicamente, però, la musica, sul palco, ci trasformava in un’entità sola”.