Paul McCartney, gli strazianti ricordi delle morti di John Lennon e George Harrison

Nel corso di una lunga intervista concessa al New York Times, Paul McCartney ha ricordato con dolore la scomparsa di John Lennon e George Harrison, i suoi due amici e compagni di band nei Beatles scomparsi rispettivamente nel 1980 e nel 2001.
Il già cantante e bassista dei Fab Four ha ammesso di non essere ancora riuscito a elaborare il lutto per l’omicidio della voce di “Imagine”, assassinata da Mark David Chapman l’8 dicembre di quarant’anni fa a New York. “Ho ripercorso l’intera vicenda nella mia testa", ha spiegato McCartney: "E’ una cosa che mi emoziona molto. Talmente tanto da non riuscire davvero a pensarci. In un certo senso mi sento implodere. Cosa si può pensare di questa faccenda a parte la rabbia e il dolore? Come per ogni lutto, l'unica via d'uscita è ricordare quanto sia stato bello il tempo passato con John, perché non riesco a superare quell'atto insensato. Non riesco a pensarci. Sono sicuro che sia una forma di negazione. Ma negare è l'unico modo in cui posso affrontarlo”.
“John è probabilmente quello del gruppo che tendo a ricordare di più, benché le circostanze della sua morte siano state particolarmente strazianti", ha proseguito McCartney: “Quando si muore in modo orribile, si tende a essere ricordati di più”. L’artista, tuttavia, ha ammesso di pensare molto spesso anche a George Harrison, scomparso ormai diciannove anni fa dopo una lunga lotta contro un male incurabile: l’artista ha fatto sapere di avere passato momenti divertenti, quasi stupidi, mentre la fine dell’amico si avvicinava. L’ultimo incontro tra i due ebbe luogo nella Grande Mela, poco prima della morte di Harrison: “Eravamo a New York prima che andasse a Los Angeles per morire", ha ricordato McCartney, "Gli tenevo la mano e mi è venuto in mente - non l'ho mai detto - che non volevo tenergli la mano. Non tieni la mano a un tuo amico”. “Lui era stanco di continuare a viaggiare alla ricerca di una cura”, ha proseguito: “Diceva: ‘Non possiamo rimanere in un posto?’”. McCartney, facendo riferimento a una zona di Liverpool che erano soliti frequentare in gioventù, gli rispose: “Sì, Speke Hall. Andiamo a Speke Hall”. “Questa è stata una delle ultime cose che ci siamo detti, sapendo che sarebbe stato l'unica persona, lì, a sapere cosa fosse Speke Hall”: ha concluso l’artista: “La cosa bella, per me, fu che mentre gli tenevo la mano lui mi guardò. E sorrise”.