L’heavy metal pub vi porta in Svezia, per ripercorrere la storia di una band quasi leggendaria: gli Opeth. Nati nel 1989, sono fra gli alfieri europei e mondiali di un sound che meticcia prog metal, death metal e progressive rock, per creare una miscela difficilmente imitabile, che incorpora influenze con un range che va dalla classica al jazz e folk – ma non solo.
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Gli esordi di fine anni Ottanta vedono la band – che prende il proprio nome da un romanzo di Wilbur Smith intitolato “Sunbird” (qui la denominazione è Opet, senza “h”: si tratta del nome di una città immaginaria del Sud Africa) – sono all’insegna di un death metal più standard… del resto quella era la golden age di black e death.
Dal 1989 a oggi la band ha pubblicato una dozzina di album in studio, più una pletora di singoli, live, box set, raccolte… un vero tesoro per fan e appassionati. La lunga parabola degli Opeth peraltro non accenna a diminuire in ampiezza d’arco, nonostante della formazione originale sia rimasto il solo Mikael Åkerfeldt (chitarrista, cantante e principale autore dei pezzi, nonché anima del gruppo) e molti rivolgimenti di formazione. Segno che la leadership e la visione musicale di Åkerfeldt sono lucidi e solidi.
Del resto l’esperienza sonora degli Opeth è realmente speciale e difficilmente comparabile ad altre: il loro death, infatti, è progressivo ed epico, incorporando elementi raccolti dai generi più disparati e oggettivamente – almeno sulla carta – distanti dal metal. E l’imperativo categorico è uno solo: mai ripetersi.