Sono francesi, ma potrebbero benissimo essere scambiati per la nuova rivelazione brit-pop. Hanno pubblicato due album (“Silent witness” e – di recente – “No time between”) e suonato come supporter di Cure e Muse (in Italia li ricordiamo l’anno scorso al Flippaut di Bologna). Il disco d’esordio proponeva raffinate atmosfere jazz-rock, mentre adesso la band guidata da Nicolas Leroux (la madre è italiana, di Portogruaro, in provincia di Venezia) si è data al rock, principalmente perché la formazione è cambiata. “Mi sono reso conto che la musica del primo album avrebbe continuato ad andare in una direzione che non era quella che volevo. Per cui ho pensato: meglio scioglierci. Adesso non sono da solo a comporre i pezzi, ma siamo una vera band: io, Chakib Chambi alla chitarra e Richard Cousin al basso. I testi continuo a comporli io, mentre la parte musicale è il frutto di un lavoro di gruppo. Questo secondo album rispecchia maggiormente quello che è il mio background musicale, ma mantengo sempre l’amore per il jazz”. Leroux canta in falsetto ed è impossibile, per ogni artista emergente che utilizzi questa tecnica vocale, sottrarsi al paragone con Thom Yorke dei Radiohead e Jeff Buckley. “Quando ho iniziato a cantare, questa voce me la sono trovata. E se oggi può risultare riconducibile agli artisti che citi – che tra l’altro stimo moltissimo – non posso che esserne lusingato, contrariamente ad altri colleghi che rifiutano confronti del genere”. Leroux ha trascorso diversi anni a Londra: quanto questa permanenza ha influenzato il sound degli Overhead? “Molto, dopotutto ci ho vissuto per cinque anni. Durante questo periodo ho conosciuto artisti molto più esperti di me e mi sono addentrato sempre di più nel sound anglosassone. Ho imparato a comporre le liriche direttamente in inglese e a cantare con il minore accento possibile, in modo da non far capire che provengo dalla Francia. Prendiamo l’esempio di Bjork: lei canta in inglese con il suo accento e non capisci di dove sia originaria. E nessuno dice niente. Mentre il pubblico francese raramente accetta di sentire un francese cantare in inglese”. Per questo secondo album, gli Overhead hanno fatto tutto da soli, senza la supervisione di alcun produttore. “Fortunatamente ci hanno lasciato il completo controllo della parte artistica. Tale fiducia riposta in noi è molto motivante”. “No time between” si compone di canzoni brevi, della durata di circa tre minuti, come impongono i canoni della perfetta canzone pop. “Il fatto di aver scritto brani concisi è stata un po’ una reazione al primo album, dove le canzoni erano molto più lente e quindi sorpassavano facilmente i 4-5 minuti. In questo disco volevamo che le canzoni esprimessero maggiormente la nostra urgenza creativa”. Fra i brani, colpisce la denuncia di “Second tought”. “E’ il proseguimento della canzone precedente, ‘Uprising’. Entrambe trattano dei problemi che esistono in Francia per chi vuole fare l’artista, a causa di quello che noi chiamiamo ‘regime des intermediaires’, che per voi dovrebbe corrispondere alla situazione dei lavoratori precari. Non so se lo sai, ma per il governo francese se non dichiari un certo numero di concerti, una certa quotazione e cachet, e quindi una certa rendita, sei considerato quasi come un artista disoccupato. Per cui non ricevi nessun tipo di sostegno per continuare. Ma lo stesso succede anche per il cinema… Quando un anno e mezzo fa abbiamo iniziato a fare musica, avevamo una certa fiducia nel governo francese. Invece ne siamo rimasti delusi”. Anche “Lifestyle radio star” tocca le stesse tematiche? “E’ un’altra canzone contro il sistema francese, secondo il quale o riesci ad avere molti passaggi in radio e in tv oppure non sei considerato un artista a tutti gli effetti. Sono d’accordo che, prima di avere successo e fare soldi, devi dimostrare di essere un valido artista. Ma dare troppa importanza alla vendibilità di un cantante o gruppo spesso fa passare in secondo piano i valori musicali”. Quindi, è davvero difficile riuscire ad emergere per una band francese? “Come lo è per una band italiana o di altri paesi. Tuttavia in Francia, in base a quel regime di cui ho accennato prima, che controlla mensilmente quanto guadagni e quindi quanto vali, penso che la situazione sia particolarmente sfavorevole”.                    
                    
                    
                                            
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