
La Real World di Peter Gabriel si prepara a celebrare il suo venticinquennale distribuendo nei negozi, il 29 settembre, una tripla antologia contenente i "greatest hits" dell'etichetta (sul primo CD), oscurità meritevoli di riscoperta (sul secondo) e i brani preferiti dal pubblico (sul terzo). "Pensiamo di poter andare avanti altri venticinque anni", ha dichiarato a BBC News il musicista inglese, che attraverso un catalogo di oltre duecento titoli ha fatto conoscere al pubblico occidentale artisti come Nusrat Fateh Ali Khan, Papa Wemba, Sheila Chandra, Geoffrey Oryema, Ayub Ogada e The Drummers of Burundi, pubblicando - oltre agli album a suo nome - anche dischi dei Blind Boys of Alabama, di Joseph Arthur, degli Afro Celt Sound System e degli italiani Spaccanapoli e Tenores di Bitti.
"Finché il pubblico mostrerà interesse e continuerà a sostenerci pubblicheremo tutto il possibile", ha spiegato Gabriel intervenendo al Womad Festival che ha dato origine all'etichetta e che lo scorso weekend è andato in scena a Charlton Park nel Wiltshire inglese. "I dischi non vendono come una volta", ha ammesso. "E come consumatori dobbiamo scegliere se tornare a qualche forma di pagamento: quel che so, però, è che nel cuore delle persone c'è ancora molta generosità".
Tra i suoi progetti, il musicista - che sarà a Torino a novembre per un'altra data del suo tour "Back to front" - ha anticipato l'intenzione di aggiungere più musica latinoamericana al catalogo Real World e di allestire un palco dedicato al "world hip hop" al Womad. "Vogliamo spingerci un poco oltre i nostri confini per uscire dalla nostra zona di conforto". "Non ci siamo mai messi a collaborare con artisti che non ci piacevano", ha aggiunto a proposito delle politiche artistiche della Real World ricordando con particolare affetto la collaborazione con Nusrat Fateh Ali Khan, "il Pavarotti pakistano. Pubblicare i suoi dischi per noi è stato fondamentale perché lo abbiamo aiutato a trovare un pubblico al di fuori del Qawwali (la musica sacra del suo Paese, espressione del sufismo): quello è sempre stato uno degli obiettivi principali della nostra etichetta".