
Bruno Lauzi contro tutti. Come a un talk show televisivo, il cantante e autore genovese (d’adozione) approfitta della presentazione di un nuovo disco (“Nostaljazz”, nei negozi da venerdì 5 dicembre, vedi News) per togliersi qualche sassolino dalla scarpa e dire la sua su argomenti vari ed eventuali. In TV però lo chiamano poco: forse perché non sbraita, non urla, e argomenta le sue tesi (magari discutibili, certo) mantenendo un tono di distaccata autoironia e il gusto per la battuta fulminante. Questo, in pillole, il riassunto del suo faccia a faccia con i giornalisti.
Lauzi e la politica. “Per trent’anni ho pagato la malizia di qualche presunto avversario politico. Oggi pago l’insipienza di chi è al governo. Il potere non è mai dalla parte degli artisti: lo spiegai a suo tempo anche a Indro Montanelli, che si chiedeva perché i cantautori fossero tutti di sinistra. Gli ricordai che la borghesia scontava un pregiudizio vecchio di secoli nei confronti di chi fa il nostro mestiere”.
Lauzi e i cantautori. “Non mi piacciono, i cosiddetti cantautori. Li considero dei pipparoli tristi, e molti non fanno altro che ripetere se stessi. Quando ebbi successo con ‘Ritornerai’, Alfredo Rossi mi disse che dovevo continuare a fare la stessa canzone. E io risposi registrando ‘Hello, Dolly’ arrangiata in chiave swing”.
Lauzi e il Club Tenco. “Mi hanno escluso per 26 anni. L’ultima volta che ne parlai con Enrico De Angelis mi disse che lo avevano fatto perché io continuavo a parlar male di loro, a dire in giro che mi avevano emarginato per motivi politici. Se i motivi fossero stati artistici, gli ho risposto, mi sarei incazzato ancora di più. Ora però è scoppiata la pace: merito del mio amico Sergio Endrigo, che in occasione del suo compleanno celebrato al Tenco mi ha voluto sul palco con lui a cantare ‘Via Broletto’”.
Lauzi e Gino Paoli. “Io e lui siamo rimasti gli ultimi ‘testimoni di Genova’. A proposito: i quattro amici al bar in realtà erano tre, e Gino non c’era neanche. Ma l’ha raccontata così bene che alla fine ci ho creduto anch’io”.
Lauzi e i nuovi cantanti pop. “Non si può più scrivere canzoni per nessuno. Nek si scrive i pezzi da solo, Paola e Chiara si scrivono i pezzi da sole. E si sente”.
Lauzi e le radio. “Anni fa, a Radio 105, faccio sentire un pezzo del mio album ‘Il dorso della balena’, ‘Sangue di chitarrista, cuore di musicista’, a Gianni Riso e Max Venegoni. Loro se ne dichiarano entusiasti ma non lo passano, perché dall’alto gli dicono che non è in linea con lo stile della radio. Ho incontrato di nuovo Venegoni a Sestri Levante, l’ho fermato per strada e gli ho chiesto: Come ci si sente a non essere nessuno, a non essersi guadagnati nella vita il diritto a cinque minuti di autonomia?”.
Lauzi, l’etica e l’estetica. “Oggi contano solo bellezza e forza fisica, veline e calciatori. Pensate se fossi nato anche cretino. Dio, per fortuna, mi ha messo una mano sulla testa. Magari ha premuto un po’ troppo….”
Lauzi e la politica. “Per trent’anni ho pagato la malizia di qualche presunto avversario politico. Oggi pago l’insipienza di chi è al governo. Il potere non è mai dalla parte degli artisti: lo spiegai a suo tempo anche a Indro Montanelli, che si chiedeva perché i cantautori fossero tutti di sinistra. Gli ricordai che la borghesia scontava un pregiudizio vecchio di secoli nei confronti di chi fa il nostro mestiere”.
Lauzi e i cantautori. “Non mi piacciono, i cosiddetti cantautori. Li considero dei pipparoli tristi, e molti non fanno altro che ripetere se stessi. Quando ebbi successo con ‘Ritornerai’, Alfredo Rossi mi disse che dovevo continuare a fare la stessa canzone. E io risposi registrando ‘Hello, Dolly’ arrangiata in chiave swing”.
Lauzi e il Club Tenco. “Mi hanno escluso per 26 anni. L’ultima volta che ne parlai con Enrico De Angelis mi disse che lo avevano fatto perché io continuavo a parlar male di loro, a dire in giro che mi avevano emarginato per motivi politici. Se i motivi fossero stati artistici, gli ho risposto, mi sarei incazzato ancora di più. Ora però è scoppiata la pace: merito del mio amico Sergio Endrigo, che in occasione del suo compleanno celebrato al Tenco mi ha voluto sul palco con lui a cantare ‘Via Broletto’”.
Lauzi e Gino Paoli. “Io e lui siamo rimasti gli ultimi ‘testimoni di Genova’. A proposito: i quattro amici al bar in realtà erano tre, e Gino non c’era neanche. Ma l’ha raccontata così bene che alla fine ci ho creduto anch’io”.
Lauzi e i nuovi cantanti pop. “Non si può più scrivere canzoni per nessuno. Nek si scrive i pezzi da solo, Paola e Chiara si scrivono i pezzi da sole. E si sente”.
Lauzi e le radio. “Anni fa, a Radio 105, faccio sentire un pezzo del mio album ‘Il dorso della balena’, ‘Sangue di chitarrista, cuore di musicista’, a Gianni Riso e Max Venegoni. Loro se ne dichiarano entusiasti ma non lo passano, perché dall’alto gli dicono che non è in linea con lo stile della radio. Ho incontrato di nuovo Venegoni a Sestri Levante, l’ho fermato per strada e gli ho chiesto: Come ci si sente a non essere nessuno, a non essersi guadagnati nella vita il diritto a cinque minuti di autonomia?”.
Lauzi e suo figlio. “Maurizio è in una condizione difficile, come tutti i ‘figli di’. Deve trovare la sua strada e io cerco di interferire il meno possibile. Quando hai un figlio che fa l’artista come te, devi solo rispondere alle domande che ti fa lui”.
Lauzi, l’etica e l’estetica. “Oggi contano solo bellezza e forza fisica, veline e calciatori. Pensate se fossi nato anche cretino. Dio, per fortuna, mi ha messo una mano sulla testa. Magari ha premuto un po’ troppo….”
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