Shola Ama Campbell, 20 anni compiuti da qualche mese, ha la faccia da ragazza della working class cui è stato regalato un sogno - che non intende lasciarsi scappare. «Ho lavorato molto sulla voce e la scrittura dei testi per questo secondo album. E ne sono fiera. L’ho intitolato "In return" perché è qualcosa che ho voluto dare ai miei fans, in cambio di quanto loro hanno dato a me decretando il successo del primo» . Sedici canzoni, non poche per una giovane cantante di brit-soul. «Non ce l’ho proprio fatta a sceglierne dodici. Alla fine, queste erano troppo vicine al mio cuore per lasciarle fuori» . "Imagine", "Can’t have you", "Queen for a day" e "In return", tuttavia, sono le più vicine di tutte. « Non potevo mettere i testi di sedici canzoni sul cd, sarebbero state troppe. E così ho voluto privilegiare queste quattro, le mie preferite in assoluto tra quelle che ho scritto» , spiega Shola, che è stata scoperta ragazzina da Kwame Kwaten, componente dei D-Influence, mentre cantava a voce alta in metropolitana. «Stavo cantando un pezzo di Mariah Carey, quando questo strano tipo mi si avvicina e mi chiede se mi interessa fargli da corista» . Da cosa nasce cosa, e Kwame è tuttora tra i suoi produttori. Ma rispetto al debutto con "Much love", ora Shola è saldamente entrata in cabina di regia. «In questi anni sono cresciuta. Ero entrata bambina in un mondo di adulti, ma tengo troppo alla mia musica per lasciarne il controllo a qualcun altro» . Tuttavia la sua vocazione principale non è sempre stata la musica. «Diventare cantante non era il mio sogno. Volevo diventare una celebrità. Magari anche recitando, ballando. Mio nonno Colin era la star di famiglia: ha fatto un paio di telefilm, e due programmi televisivi. Quando da piccola lo vedevo, sognavo di imitarlo. Poi ho capito quanto mi piace la musica, e scrivere canzoni» .
Dell’Italia ha due ricordi: la collaborazione coi Sottotono («Grandi artisti, conosciuti tramite la casa discografica» ) e le lezioni di italiano frequentate, ma - sostiene - con profitto appena sufficiente. «Come mi piace il cappuccino» , declama quasi priva di accento britannico. A proposito di Gran Bretagna, Shola si rammarica dell’atteggiamento del suo paese verso il suo genere musicale. «Sia chiaro, sono fiera di essere cittadina britannica, e di non essere una delle migliaia di cantanti americane. Ma il tipo di musica che faccio è svantaggiato dal fatto che da noi chi la suona è accusato di copiare dagli Usa. Ma non farei cambio: sono nata a Londra, dove c’è una grande apertura culturale; in America c’è una maggiore ghettizzazione e scontro etnico» .
Dell’Italia ha due ricordi: la collaborazione coi Sottotono («Grandi artisti, conosciuti tramite la casa discografica» ) e le lezioni di italiano frequentate, ma - sostiene - con profitto appena sufficiente. «Come mi piace il cappuccino» , declama quasi priva di accento britannico. A proposito di Gran Bretagna, Shola si rammarica dell’atteggiamento del suo paese verso il suo genere musicale. «Sia chiaro, sono fiera di essere cittadina britannica, e di non essere una delle migliaia di cantanti americane. Ma il tipo di musica che faccio è svantaggiato dal fatto che da noi chi la suona è accusato di copiare dagli Usa. Ma non farei cambio: sono nata a Londra, dove c’è una grande apertura culturale; in America c’è una maggiore ghettizzazione e scontro etnico» .