David Gilmour all'Arena di Verona: il report del concerto

Una chitarra inconfondibile, una super band, un palco semplice ed elegante sormontato dal classico “cerchio” di luci di floydiana memoria. Sono questi gli ingredienti del concerto di David Gilmour andato in scena all'Arena di Verona per promuovere “Rattle that lock”, ultima fatica dell'ex voce e chitarra dei Pink Floyd, in uscita venerdì 18 (qua il nostro ascolto in anteprima).
Fin dal pomeriggi si capisce che l'attesa è tanta. La venue è gremita oltre ogni misura. Anche se non tutti hanno raggiunto il loro posto, alle 21 in punto Gilmour si presenta sul palco. Nonostante il disco non sia ancora nei negozi, l'inizio del concerto è affidato a brani inediti: fin dalle prime note la strumentale “5 A.M.” rivela che, nonostante siano passati ben nove anni dall'ultimo tour, il tocco sulla sei corde e il gusto musicale sono rimasti sempre gli stessi. Segue la title track “Rattle that lock”, singolo dall'incedere molto flyodiano, e “Faces of stone”, brano che regala un lungo assolo finale, il primo di una lunga serie.
A questo punto Gilmour saluta il pubblico, ricorda la sua ultima esibizione all'arena nel lontano 1988 (era il maggio 1989, in realtà) e spiega che da questo momento suonerà anche brani un po' più familiari. Così imbraccia una chitarra acustica e attacca l'inconfodibile, e sempre emozionante, giro di note che introduce “Wish you were here”.
Da questo momento il concerto si alterna in due momenti ben distinti. Da un lato la “nostalgia”, ovvero il ripescaggio di canzoni dallo sterminato repertorio dei Pink Floyd: operazione sottolineata anche dalle proiezioni all'interno dello schermo a forma di cerchio (su “Money” le immagini delle monete, nonché spesso i tanti visual creati dal compianto Storm Thorgerson); dall'altro la produzione di Gilmour solista, che concede qualche incursione anche nel precedente “On an island”.La prima parte dello show di conclude con “High Hopes”, con l'indimenticabile suono della campana e un Gilmour ispiratissimo che si esibisce in un lungo assolo con la slide guitar nell'ovazione generale del pubblico.
Dopo una pausa di venti minuti si riparte in una pioggia di luci lisergiche e colorate. La band attacca “Astronomy domine”, unica concessione del repertorio dei Pink Floyd di Syd Barrett, seguita da “Shine on you crazy diamond”, dedicata proprio all'ex fondatore della band.
Fra i musicisti spiccano soprattutto i collaboratori storici. Phil Manzanera alle chitarre, Guy Pratt al basso e Jon Carin alle tastiere creano un muro di suoni e ritmi sui quali Gilmour può disegnare le sue melodie. Se è vero che gran parte del concerto si basa su questo effetto nostalgia, bisogna riconoscere che Gilmour ha inserito nella scaletta solo quei brani dove il suo marchio di fabbrica è evidente. “Sorrow” e “Run like hell” sono emblematici per esaltare il suo stile chitarristico e se sono rimasti nell'immaginario dei fan è grazie soprattutto al suono della sua sei corde. Ed è proprio per questo motivo che il concerto si conclude, come sempre, con “Confortably numb” e il suo memorabile assolo.
Gilmour ringrazia, le luci si accendono e il pubblico abbandona l'Arena soddisfatto. Stasera si replica a Firenze.
(Simone Bianchi)
SETLIST
5 A.M.
Rattle That Lock
Faces of Stone
Wish You Were Here
A Boat Lies Waiting
The Blue
Money
Us and Them
In Any Tongue
High Hopes
Set 2
Astronomy Domine
Shine On You Crazy Diamond (Parts I-V)
Fat Old Sun
On an Island
The Girl in the Yellow Dress
Today
Sorrow
Run Like Hell
Encore:
Time/Breathe
Comfortably Numb