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Lou Reed

Quando Lou Reed entra nella sala dell’albergo milanese dove si terrà la conferenza-stampa, l’atmosfera quasi di soggezione è palpabile. In fondo, siamo davanti a un mito del rock’n’roll: e anche se non è la prima volta che lo incontriamo, anche se l’uomo non è più circondato dall’aura di "maledetto" che lo avvolgeva negli anni Settanta, anche se ha i capelli un po’ troppo tinti di nero, tutto sommato sentiamo di dovergli rispetto. Oltretutto, per essere ammessi a questa conferenza-stampa ci siamo dovuti impegnare nella visione obbligatoria dello speciale televisivo "American Masters" (vedere Nota 1), che ci ha ricordato l’ampiezza e la poliedricità della carriera artistica di Reed. E da questo spunto prende avvio la prima domanda.

Abbiamo visto lo speciale televisivo che le è stato dedicato. Secondo lei, come è possibile raccontare in un’ora la storia di una carriera?

"Forse ci sarà una versione più lunga, in seguito. Comunque non basterebbero dieci ore per raccontare la vita di qualcuno".

Quale è stata la genesi di questo nuovo disco?

"Lo spunto è nato dal fatto che il liutaio Jim Olsen ha costruito per me una chitarra eccellente. Avevo a disposizione un ottimo amplificatore, il Tone King. E quando il progettista inglese Pete Cornish mi ha fatto sperimentare il Feedbucker, ho capito che avevo a disposizione il modo di sfruttare al meglio le possibilità di chitarra e amplificatore".

Cos’è il Feedbucker?

"In poche parole, è uno strumento che elimina completamente il feedback. Suonare la chitarra acustica con gli amplificatori è sempre stato un problema, bisogna sempre gestire il ‘rientro’ del suono. Ma col Feedbucker il suono risulta perfettamente pulito, puro. Quando ho capito che sarei riuscito ad ottenere quel suono, l’idea di un concerto interamente acustico è diventata concreta".

Dove si è tenuta la registrazione?

"Il concerto si è svolto a Londra, alla Royal Festival Hall, nel luglio dell’anno scorso, nell’ambito del Meldtown Festival" (il cui programma era stato preparato da Laurie Anderson, attuale compagna di Reed). "Con me hanno suonato Mike Rathke alla chitarra, Fernando Saunders al basso e Tony "Thunder" Smith alla batteria. Il disco è stato registrato interamente dal vivo, ed è il concerto di quella sera tale e quale, senza sovrapposizioni o ri-registrazioni".

Come ha scelto i brani per la scaletta del concerto?

"Insieme alla band, abbiamo ripercorso un po’ il mio repertorio, per scegliere i pezzi più adatti al nuovo approccio acustico. E’ stato un lavoro di gruppo".

Il titolo scelto per il disco, "Perfect night Live in London", rimanda ad una delle sue canzoni, "Perfect day", quella che lo scorso dicembre è stata oggetto di un remake a scopo benefico. Qual è il suo parere su quell’operazione?

"E’ stata l’inclusione nella colonna sonora del film ‘Trainspotting’ a far riscoprire quel pezzo, che era stato un po’ sottovalutato ai tempi dell’uscita sull’album ‘Transformer’. Quando la BBC mi ha proposto di realizzarne una versione particolare a beneficio delle attività dell’organizzazione ‘Children in Need’, l’idea mi è piaciuta e ho dato il mio assenso. Del resto, mi ero riservato l’ultima parola su ogni aspetto della realizzazione del disco e del video. Sono soddisfatto del risultato, e del successo anche economico dell’iniziativa".

Secondo lei, una canzone come la sua "Heroin" ha potuto cambiare la vita di qualcuno?

"Non direi mai che la mia musica ha cambiato la vita di qualcuno, in senso positivo o in senso negativo. La musica va in direzioni strane e diverse, io cerco di seguirla là dove va, di trovarla e di farmi trovare da lei".

Recentemente lei ha preso parte a un film di Paul Auster (vedere Nota 2, 3, e 4 ). Pensa di ripetere l’esperienza, ed eventualmente di mettersi alla prova anche come regista?

"Recitare è divertentissimo, specialmente perché mi danno dei bei vestiti da indossare. L’ho fatto in ‘Blue in the face’, e adesso l’ho rifatto in ‘Lulu on the bridge’. Non so se farò altri film… quello che mi interessa è comunque riuscire a recitare, in qualsiasi maniera, su un palco o su un set cinematografico. Non penso mi interessi la regìa: il regista di un film è un po’ come il produttore di un disco, e a me piace suonare, non produrre"

C’è qualche speciale affinità fra lei e Paul Auster?

"Siamo entrambi di New York. Comunque, il fatto che partecipi ai suoi film significa già qualcosa. Solo che una volta o l’altra dovrò cominciare a farmi pagare".

A proposito della sua collaborazione con Robert Wilson per l’opera "Time Rocker" (vedere Nota 5): ci sarà un album a documentarla?

"Mi piacerebbe che si realizzasse una registrazione dell’opera interpretata dal cast teatrale, ma non è ancora stato fatto. Io ho registrato tutti i pezzi per mio conto, ma non è la stessa cosa. Tre dei sedici pezzi che ho scritto per ‘Time Rocker’ sono presenti nel nuovo album e nel prossimo disco penso ce ne saranno altri due. Non escludo che, alla fine, mi rassegnerò a registrare un album a mio nome con tutti i brani di ‘Time Rocker’".

Guardando indietro alla sua carriera, quali sono i suoi dischi che secondo lei hanno ricevuto meno attenzione di quella che meritavano?

"Penso sempre di meritare più attenzione di quella che ricevo".

Lei si sente ancora un simbolo del rock’n’roll?

"Il rock’n’roll è un figlio del blues, ed è un genere di musica. Questo è tutto".

L’album "Berlin" è stato rimasterizzato e rieditato in Cd dalla RCA. Succederà la stessa cosa con tutti i suoi dischi passati?

"Non so cosa farà la RCA. Ma la ripubblicazione di ‘Berlin’ è interessante, perché all’epoca della prima uscita del disco il nastro con la registrazione era stato leggermente accelerato, altrimenti non sarebbero riusciti a farlo stare tutto su un album in vinile".

Un album come questo suo nuovo, che in fondo ripercorre una carriera ormai trentennale, e una celebrazione come quella di "American Masters", le fanno pensare che ormai la sua carriera è compiuta, oppure lei pensa di avere ancora molte cose da dire?

"Non rispondo a domande-trabocchetto, non sono abbastanza astuto per farlo… Parlando seriamente, a questo punto della mia vita sto traendo beneficio dalle mie esperienze passate, sto mettendo in atto quanto ho imparato, mi piace cercare di capire cosa interessa alla gente e rispondere onestamente alle aspettative".

Tenterebbe oggi un bilancio della sua vita?

"Cerco di non guardare mai indietro".


NOTA 1: UNO SPECIAL SU LOU REED IN "AMERICAN MASTERS"

La storia di Lou Reed - poeta rock, chitarrista e compositore - è raccontata in un’ora di speciale televisivo. Il programma, che comprende filmati di concerto dei Velvet Underground e vede l’intervento (fra gli altri) di David Bowie, Dion, Patti Smith, Philip Glass e del presidente Vaclav Havel (il quale dichiara che Lou Reed e i Velvet Undeground hanno avuto un ruolo significativo nello sviluppo della rivoluzione anticomunista). Lo speciale - intitolato "Lou Reed: Rock and Roll Heart" - sarà trasmesso dalla PSB il 29 aprile.<br>

NOTA 2: "BLUE IN THE FACE"

Il film è del 1995, ed è stato realizzato "per divertimento" pochi giorni dopo che il regista Wayne Wang e lo sceneggiatore Paul Auster avevano concluso le riprese di "Smoke". In "Blue in the face" diventano protagonisti alcuni personaggi minori di "Smoke", quelli che durante le prove del film precedente avevano dimostrato di possedere più carattere e spessore. La trama, quasi inesistente, ruota intorno a quanto succede in una settimana qualsiasi ad un angolo di strada di Brooklyn. Il film è in effetti una serie di brevi scene interpretate - praticamente improvvisando - da un cast di grandi nomi (Harvey Keitel, Michael J. Fox, Lily Tomlin, Madonna, John Luria, Jim Jarmusch e Lou Reed). Gli interventi di Lou Reed sono osservazioni e commenti sugli abitanti di New York, che - dice fra l’altro - "dicono sempre che stanno pensando di andarsene dalla città". E aggiunge: "Anch’io sono già 35 anni che penso di andarmene".

NOTA 3: "LULU ON THE BRIDGE"

Debutto registico dello scritore e sceneggiatore Paul Auster, il film è in corso di realizzazione. Il cast comprende Harvey Keitel, Mira Sorvino, Vanessa Redgrave e Mandy Patinkin. Il film è centrato attorno alla figura di un musicista, Izzy, che nel corso di una sparatoria in un night-club viene gravemente ferito da un proiettile vagante. In conseguenza delle ferite, Izzy non può più suonare; ma, essendo stato vicino alla morte, l’uomo comincia a rivalutare la propria vita. Un giorno Izzy s’imbatte nel cadavere di uno sconosciuto; sconvolto, fugge, ma involontariamente porta via con sé la valigetta dello sconosciuto. Aperta la valigetta, vi trova una pietra luminescente e un tovagliolo con scarabocchiato un numero di telefono. Il numero è quello di Celia, una giovane attrice molto carina e molto sola. Quando Izzy la incontra e le mostra la pietra, Celia ne è affascinata; in effetti, i poteri della pietra trasformano Izzy e Celia da due perfetti sconosciuti a due anime gemelle. Ma Celia viene scelta per essere la protagonista di un remake di "Pandora’s Box", che verrà girato in Irlanda. Quando Celia parte, Izzy le lascia la pietra come portafortuna: non sa che gli eventi cospirano per separarlo da lei…

NOTA 4: PAUL AUSTER

Scrittore apprezzatissimo, Auster ha firmato la sceneggiatura di "Smoke", tratto da un suo racconto, che Wayne Wang ha diretto nel 1995. Il film ha vinto il Premio Speciale della Giuria al Festival di Berlino. Auster e Wang hanno poi co-firmato come sceneggiatori e registi "Blue in the face". Traduttore, saggista e romanziere, Auster è autore di otto romanzi ("The music of chance" è già stato trasposto cinematograficamente, con l’interpretazione di James Spader e Mandy Patinkin).

NOTA 5: "TIME ROCKER"

E’ un’opera pop di Robert Wilson (regia e scenografia) con testo di Darryl Pinckney, che ha debuttato il 12 novembre 1997 alla Brooklyn Academy of Music di New York. Lou Reed ha scritto per l’opera (che è ispirata a "La macchina del tempo" di H.G. Wells) sedici nuove canzoni.

"Time Rocker" si apre con la scomparsa del dottor Procopius dalla sua casa londinese (siamo nel secolo scorso). Nick e Priscilla, i due domestici, ingiustamente accusati dell’omicidio del loro datore di lavoro, fuggono nel tempo a bordo di un pesce gigante, e iniziano così a vivere un’incredibile avventura che li porterà dall’antico Egitto alle fumerie d’oppio orientali del Settecento al Kansas del Ventesimo secolo…

"Cantate con l’accompagnamento di quattro musicisti tedeschi, le canzoni di Lou Reed vanno dalla tranquilla ballata al rock pulsante, e i loro testi contribuiscono alla narrazione della trama e vi aggiungono senso dell’umorismo" (New York Times).

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