Fabrizio Moro - FABRIZIO MORO - la recensione

Sanremo è una grande vetrina. Che si apre sulle case degli italiani, e propone un ampio panorama musicale. Soprattutto quando si tratta degli artisti esordienti, la cosiddetta "sezione giovani". Alcuni li rivedremo in altre occasioni, di altri perderemo traccia. Difficile capire il futuro di Fabrizio Moro: ma il cantautore romano ha 25 anni, e questo gioca senza dubbio a suo favore.
Fabrizio Moro è arrivato al Festival dopo esser cresciuto ascoltando Doors, Guns N’Roses e U2. Ma nel suo album d’esordio non ve n’è traccia. Piuttosto ci sembra di sentire un neo-Grignani: stessa voce roca, stessa rabbia, stessa ritmica con grande uso di chitarre, e stessi sentimenti difficili da vivere e da capire.
"Per tutta un’altra destinazione" descrive la tipica notte brava di un gruppo di ragazzi nel loro viaggio in auto alla ricerca di alcool e donne, fermati dalla polizia. In "Situazioni della vita" Moro ricorda una storia d’amore passata che lo ha colpito profondamente. "Canzone di campane" è dedicata al primo amore che sposa un altro. Sono le donne, il tema principale di Fabrizio Moro: donne facili ("Gli amplessi di Marta"), donne immaginarie ("9096 Ro.la"), le donne degli amori passati ("Claudia"). Poi c’è "Un giorno senza fine", il brano presentato a Sanremo. E ripetiamo, qui c’è tutto Gianluca Grignani.
Sentiremo ancora parlare di Fabrizio Moro? In questo album di esordio, a dire il vero, ci sono degli spunti interessanti che fanno ben sperare. "Stanco di crescere", la canzone che ci sembra la più riuscita, con un po’ di sapore alla Vasco Rossi, fa intravvedere un possibile futuro.
25 anni, un festival di Sanremo, un album d’esordio, ancora non bastano. C’è tutto il tempo per crescere, trovare la propria strada, e magari curare meglio i testi. Attendiamo fiduciosi.