Warpaint - HEADS UP - la recensione

Le Warpaint tornano a farsi sentire con “Heads up”. In una parola: seducenti. Il quartetto tutto al femminile sembra essere in vena di sperimentare e ce lo dimostra dalla prima all’ultima delle undici tracce che compongono il disco.

Un’intrigante sintesi dell’album si intravede già nel singolo “New song”, in cui le ragazze californiane sembrano votate all’intento di far ballare l’ascoltatore, giustificando in tutto e per tutto le dichiarate influenze anni ’90 presenti nel lavoro: l’apice di questo lato pop più sfacciato si tocca certamente tra le note di “So good”. D’altro canto, pezzi come “The stall”, “Don’t wanna” o come la title track “Heads up” ripescano l’altra facciata delle Warpaint, quella cupa e sghemba, in cui fanno capolino gli altrettanto amati Cure, mentre “Today dear”, in chiusura del disco, presenta un clima così evanescente da ricordare le sonorità di Pj Harvey o Bjork.

Certo, alcuni elementi comuni mantengono il lavoro coeso e permettono alle tracce di rotolare via, sinuose e languide, una dopo l’altra: il canto è sempre sussurrato e ricercatamente malinconico, sulle melodie a volte suggestive a volte deliziosamente sgraziate.

I groove di batteria ipnotizzano e le sonorità elettroniche conservano al tempo stesso la patina delle atmosfere “dance floor” anni ’80-’90 e la ricercatezza elettro-indie del gusto attuale. Tuttavia, il rovescio della medaglia è subito dietro l’angolo: le dinamiche mantengono spesso la stessa intensità, e la voce, volutamente rarefatta, sembra non scomporsi mai, raffreddando un po’ il clima dell’intero progetto. Ma si sa, a volte si può essere seducenti anche senza sbottonarsi troppo, e le Warpaint si meritano senza dubbio tutta l’attenzione che riescono ad attirare.