Il live di Marracash negli stadi non può essere raccontato

I video diventati virali su TikTok? Non rendono. I racconti e le reaction di chi c’è stato neppure. Anche questa recensione, lo dico sinceramente in partenza, è solo una scheggia narrativa che non basterà a colmare del tutto la curiosità. Il live che Marracash sta portando negli stadi, primo rapper protagonista di una tournée di queste dimensioni, va in primis vissuto, dall’inizio alla fine. Bisogna sudare, riempirsi gli occhi e la mente, esattamente come hanno fatto le 37mila persone presenti nella tappa torinese all’Olimpico. Cinema, musica, danza, teatro, tutto si mischia, ma con i ritmi di un concerto, quindi senza momenti di stanca.
Un live che osa, cervellotico ma pop, che vuole sfuggire ai giudizi parziali, agli algoritmi, ai riassunti dell’intelligenza artificiale, alle fotografie e alle clip frammentate, e punta tutto su un’esperienza reale e compatta che investe più piani: quello narrativo, lo show infatti ha una vera trama come un film, quello musicale, è un viaggio dentro la trilogia composta da “Persona”, “Noi, loro, gli altri” ed “È finita la pace” in cui tutti i pezzi sono collegati tra loro, e quello scenografico-spettacolare, con un laboratorio costruito sullo stage tra giganti braccia-robot alla Octopus, scienziati, capsule, fiamme e fuochi d’artificio. Ogni concerto capace di lasciare un’impronta dovrebbe essere come quello messo in piedi dal King del Rap: o lo vivi, o lo vedi, o non c’è nulla che possa restituirne quelle emozioni.
Un live per tutti
Il dualismo Marra-Fabio che attraversa il trittico di dischi pubblicati in questi anni, o meglio la lotta tra i due, si è concretizzata. È come se i brani, nel live, uscissero dagli album e diventassero tangibili. Il primo aspetto da sottolineare: si tratta di un concerto multistrato. I fan trovano una marea di sorprese e riferimenti, alcuni anche meno immediati, alla trilogia. Ma allo stesso tempo, per la sua carica spettacolare, questo è uno show in cui si può immergere anche chi non conosce in modo così approfondito l’universo di Marra. Il concerto, ricchissimo di idee e trovate, parte da un video esterno, proiettato sui maxi schermi, che mostra il rapper in camerino, prima dello show, impegnato a leggere un manuale di Mind Industries, fantomatica azienda specializzata nel ricongiungimento tra anima e corpo, fino ad addormentarsi. La camera entra così nel suo sogno. Lo scontro finale tra Marra e Fabio non può che avvenire lì, nel suo cervello, che è anche il simbolo-logo di Mind Industries. Da questo momento in poi succede letteralmente di tutto: si viene catapultati in un laboratorio, costruito sul palco, con scatenati ballerini-scienziati che interagiscono come attori con Marra, braccia robotiche alte dai tre ai sei metri e con un occhio-entità-schermo in movimento con la voce di Matilda De Angelis, che parla con l’artista per tutta la durata del concerto e funge da fil rouge.
Come “The prestige”
Lo spettacolo, curato da quei genietti di studio Ombra, si suddivide in sei atti: “Ego”, “Memorie”, “Dubbi”, “Qualcosa in cui credere”, “Amore” e “Reconnect”. Come in “The prestige”, pellicola capolavoro di Nolan, Marra, grazie a un sosia in carne e ossa, oltre che ad alcuni visual che raffigurano il suo alter-ego in una capsula, gioca sulla sua identità e racconta le sue due anime: l’inizio dello show è in mano proprio a Marra, egoico e tamarro anche nel vestire, poi arriva Fabio con i suoi “Dubbi”. Il primo, ovviamente, fa le canzoni più dure, quelle che gasano, il secondo, più riflessivo, quelle più introspettive e intime. L’incontro-scontro è costante e anche estremamente divertente.
Quando l’artista interpreta Marra, sempre con gli occhiali da sole, si rivolge al pubblico con frasi tipo “Non urlate Fabio-Fabio-Fabio, voglio sentire cori solo per Marra” oppure indica Fabio dentro la capsula e gli urla “Quelli come te non vanno da nessuna parte”. Allo stesso modo quando veste i panni di Fabio, vestito in modo più semplice, appare più stranito e confuso. Senza troppi dilungamenti sulla trama: i due, in sostanza, non possono vivere separati. Tutto il live racconta, infatti, il perché è importante il ricongiungimento, che avviene nel capitolo finale, “Reconnect”. Il rapper della Barona, per arrivare a essere “uno”, però deve ripartire dall’accettazione di questi suoi due lati e quindi dall’“Amore” per se stesso. E non può non fare i conti con il suo passato, le “Memorie”, ricordando quanto sia importante anche avere “Qualcosa in cui credere” senza però diventarne schiavo.
Alcuni momenti top

Raccontare tutto il live, come spiegato, è impossibile e anche inutile: ogni canzone è un tassello della trama e ha un preciso svolgimento e legame con il viaggio intrapreso. Qui alcuni dei momenti e degli elementi che hanno impressionato di più. In primis il suono, gli arrangiamenti delle canzoni, accompagnati da interpretazioni viscerali e da una band di alto livello: brani come “Pentothal” e “Crash”, tratti da “È finita la pace”, nella versione live, sono potentissimi. L’ingresso su “Power slap”, con Marra che scappa dal laboratorio, è pura adrenalina. La regia su “Dubbi”, con la camera puntata sul volto di Marra, anzi di Fabio, che srotola in faccia al pubblico tutte le sue insicurezze, senza filtri e paure, fa venire i brividi. L’urlo strozzato “Sei mai libero?” su “Nemesi”, con le vene del collo del rapper della Barona che sono fiumi in piena, è lacerante.
Il duetto con Madame, unica ospite fissa del tour, vestita di bianco, su “L’anima” è uno dei passaggi più magici della serata, con un abbraccio tra i due, a simboleggiare proprio l’unione tra corpo e anima. Il fuoco delle idee di “Qualcosa in cui credere”, uno dei brani più belli della sua discografia. Il miracolo di decine di migliaia di persone che cantano il troppo spesso dimenticato Ivan Graziani su “È finita la pace”. Il colpo di teatro con l’ingresso di Paola Zukar, la sua manager, che interpreta se stessa e lo risveglia dopo la caduta e l’apatia di “Brivido”. L’oscurità lucente di “Crudelia”. Il discorso sul potere e sul far sentire la propria voce, sull’importanza del prendere posizione nella vita di tutti i giorni invece che distrarsi. E poi il finale, con il ricongiungimento, reso plastico dalla fusione di Marra e Fabio.
Riflessione finale
Marra con questo “epic-movie”, tanto internazionale nell’ambizione quanto italiano nelle idee e nella profondità, come un argonauta ha portato a termine la sua missione, iniziata anni fa: condurre il rap fuori dalla bolla. Il suo live negli stadi, figlio di una lunga gavetta, è un inno alla creatività, al cercare strade personali e uniche per esprimersi perché “nessuno diventa qualcuno seguendo le orme di qualcun altro”. È un concerto denso, che vuole giocare e gioca nel campionato dei grandi, dei grandissimi, anche per questo ha richiesto un duro lavoro, settimane di prove e di progettazione. I numeri non dicono sempre la verità, ma in questo caso sono una fotografia chiara: oltre 270mila biglietti venduti in tutto il tour, cifre che in Italia il rap non ha mai raggiunto e neppure sognato. Da anni a questa parte, ogni volta che il rapper della Barona fa qualcosa di significativo, sorge subito spontanea una domanda: “Come farà a spingersi ancora oltre?”. Impossibile non porsela anche dopo aver visto un suo live così negli stadi.
Scaletta:
EGO
Power slap
Gli sbandati hanno perso
Vittima
Sport
Cliffhanger
Goat
Body parts
MEMORIE
Bastavano le briciole
Noi
Factotum
Laurea ad honorem
Pentothal
DUBBI
Io
Dubbi
L’anima con Madame
Nemesi
Brivido
QUALCOSA IN CUI CREDERE
Qualcosa in cui credere
Crash
Loro
Quelli che non pensano
Cosplayer
Poco di buono
È finita la pace
Madame da sola: Per il tuo bene
L’AMORE
Crazy Love
Crudelia
Niente canzoni d’amore
Mi sono innamorato di AI
Lei
Bravi a cadere
RECONNECT
Nulla accade
∞Love
Happy end