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La magia del suono di Piero Umiliani, raccontata dai Calibro 35

La band scrive per Rockol del Maestro: "Discomania" anticipa il nuovo album “Exploration”
La magia del suono di Piero Umiliani, raccontata dai Calibro 35
Credits: Chiara Mirelli

I Calibro 35 hanno registrato nello storico Sound Work Shop di Roma una versione afrobeat di"Discomania", brano di Piero Umiliani, la storica sigla di chiusura di"90° Minuto: è il secondo singolo che anticipa di nuovo album "Exploration", in uscita il prossimo 6 giugno.
Abbiamo chiesto ai Calibro 35 di raccontare il Maestro Piero Umiliani e la magia della sua musica.

Chissà se nel 1978, quando Piero Umiliani e un manipolo di musicisti registrarono negli studi Sound Workshop di Roma una library dal titolo esplicativo come “Discomusic”, si immaginavano che “Discomania” - uno dei brani in essa contenuto - sarebbe diventato uno dei protagonisti delle domeniche pomeriggio italiane degli anni a venire, grazie all’inserimento come sigla di chiusura nel programma 90° Minuto.
Di certo noi, bambini cresciuti negli anni '80 tra il Supertele, Maradona e Platini, non ci immaginavamo che un giorno ci saremmo trovati nello stesso studio con gli strumenti in braccio per registrarne una nostra versione, rivoltando il pezzo come un calzino, facendoci transitare Tony Allen dentro per liberarne un’anima afro jazz inaspettata, senza tradire un tema così iconico.

Quando quasi vent’anni fa abbiamo deciso di mettere in piedi questa cosa che poi avrebbe preso il nome di “Calibro 35” il progetto era abbastanza chiaro: prendiamo un repertorio incredibile che abbiamo in Italia - quello delle colonne sonore tra gli anni 60 e 70 - e riportiamone in vita non solo la musica ma anche il suono, l’attitudine e come si facevano… tutto quello che le rendeva speciali insomma. Ci imbarcammo in un viaggio - che dura tutt’oggi - che ci ha portato a scoprire tanta musica, un sacco di modi per farla e moltissime storie da cui imparare, appropriandoci degli strumenti utili per farne a nostra volta, per i nostri dischi e per le nostre colonne sonore. Perché alla fine - utilizzando un detto ben consolidato - anche noi siamo solo nani sulle spalle di giganti che son venuti prima.

Protagonista di alcune delle storie più incredibili in cui siamo incappati è proprio la figura di Piero Umiliani. Musicista eccelso, ricercatore sonoro vero e sperimentatore a trecentosessanta gradi. Fu lui a portare per la prima volta il jazz sul grande schermo in Italia - nel 1959 con “L’Audace Colpo dei Soliti Ignoti” - rinfrescando un linguaggio che all’epoca si rifaceva più che altro alla musica orchestrale da un lato e alla canzone popolare dall’altro.

Fu lui, negli anni successivi, a rendersi completamente indipendente fondando la sua etichetta (Omicron), la sua casa editrice (Liuto) e aprendo il suo studio di registrazione (Sound Workshop). Un’indipendenza che gli diede modo di dedicarsi alla scrittura, alla registrazione e alla produzione di un numero enorme di colonne sonore e infiniti dischi di library music. Titoli diventati di culto nei decenni a venire come “To-Days Sound”, “Svezia Paradiso e Inferno” (e la celeberrima “Mah Na Mah Na” in esso contenuta), “Synthi Time”, “Temi Ritmici e dinamici”, “Psichedelica” solo per citarne alcuni.

Penso che  il nome che Umiliani scelse per il suo studio - Sound Workshop, laboratorio del Suono - sia stato profetico perché queste mura, ancora intatte e operative grazie al lavoro appassionato delle figlie Elisabetta ed Alessandra, trasudano ancora di tutte le sperimentazioni che ci sono avvenute all’interno, gli strumenti implorano di essere suonati e le particelle dell’aria di essere messe ancora una volta in movimento. Come se appoggiando l'orecchio alla parete potessimo sentire il Maestro che suona il pianoforte un’altra volta. Per questo siamo venuti qui, per farci ispirare e rendere omaggio. Per questo torneremo per fare quello che Umiliani ci ha insegnato a fare come nessun altro: guardare il mondo con le orecchie ben aperte.

Finita la registrazione e poco prima di andare via dal suo studio, notiamo che in un angolino le figlie conservano ancora gli appunti scritti a mano con cui il maestro si appuntava le istruzioni su come rendere replicabili alcuni suoni che creava con i sintetizzatori. "Vocette" "Martello Jazz" "Cicale Love Call" sono solo alcuni dei nomi di questi suoni, con accanto alcune indicazioni su come suonarli. Proviamo a ricrearne qualcuno e per un momento le  "Vocette" le sentiamo davvero. Una scintilla di contatto con un gigante, impalpabile eppure così presente.
Il suono: una magia.

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