Qualcosa degli Anni ’80 è rimasto. E dei Duemilaventi?

“Cosa resterà di questi anni Ottanta / chi la scatterà la fotografia / cosa resterà? / e la radio canta / wont’you break my heart?”, cantava Raf alla fine di quel decennio magico e irripetibile che sono stati gli Anni ’80. Era il 1989 e tracciando un bilancio dei dieci anni precedenti, citando Reagan, Gorbaciov, la fame nel mondo, i graffiti di Keith Haring e gli yuppies, il cantautore pugliese si chiedeva cosa sarebbe rimasto di tutto ciò. Il coro degli oltre 3 mila spettatori dell’Atlantico di Roma che si alza sul ritornello e riempie il club capitolino certifica, se ce ne fosse bisogno, che qualcosa, alla fine, di quegli Anni ’80 è rimasto. Più di qualcosa, verrebbe da dire. Il quarantennale di “Self control”, il cui tour ha fatto tappa ieri a Roma dopo che Raf ha riempito il Forum di Assago a Milano a inizio mese, è solo un pretesto per ribadire il concetto.
C’è stato un periodo anche piuttosto lungo, recentemente, in cui Raf sembrava essere sparito dai radar. È successo dopo il ritorno in gara al Festival di Sanremo del 2015 con “Come una favola”, a ventiquattro anni dall’ultima volta (non andò benissimo: colpito da una bronchite, fu escluso prima della finale). L’album “Sono io” rimane ad oggi l’ultimo titolo della sua discografia e del nuovo, già annunciato (con tanto di titolo, “La mia casa”, come l’autobiografia pubblicata lo scorso anno), non ci sono ancora notizie. In mezzo c’è stato il tour congiunto con Umberto Tozzi, altro grande protagonista dei magici Anni ’80. Poi, ad un certo punto, qualcosa ha ripreso a girare per la voce di “Ti pretendo”. È avvenuto in maniera spontanea e naturale, senza strategie, quando intorno a Raf ha cominciato ad apparire a poco a poco l’aura di classico del pop italiano. Merito di un repertorio da far invidia, che snocciola sul palco: “Due”, “Non è mai un errore”, “Gente di mare”, le stesse “Cosa resterà degli Anni ’80” e “Ti pretendo”, “Sei la più bella del mondo”, “Il battito animale”. Quando si dice avere i pezzi. Chissà quante delle star del pop italiano che va per la maggiore oggi potranno vantare tra quarant’anni un repertorio del genere. Forse nessuna, se è vero che i cataloghi che attirano l’interesse degli investitori sono quelli precedenti al Duemila. Quello di Raf, di repertorio, vale oltre 20 milioni di copie vendute a livello mondiale, quando i dischi e i singoli si acquistavano sul serio e non si tramutavano in vendite gli streams sulle piattaforme. Con titoli così il concerto assume subito i contorni di qualcosa di preciso: un karaoke intergenerazionale che attraversa le generazioni. Proprio come la musica del cantautore, un’astronave che sfida lo spazio-tempo.
Sulla locandina del tour Raf indossa la stessa camicia bianca con i disegni di Keith Haring sfoggiata nel 1984 per la copertina dell’iconico 45 giri. Anche la posa è identica a quella di quarant’anni fa. All’epoca era un 25enne arrivato all’Italo disco dopo una lunga gavetta nel circuito punk: suonava il basso in una band considerata seminale per la scena punk italiana, i Cafè Caracas (di cui faceva parte anche Ghigo Renzulli, che di lì a poco avrebbe co-fondato i Litfiba), con la quale nel 1980 aprì pure un concerto die Clash a Bologna. “Quando salimmo sul palco c’erano i tecnici dei Clash che si divertivano a spegnerci e accenderci le spie sul palco. Inoltre ci scontrammo con migliaia di fan dei Crass, un gruppo punk inglese in aperta diatriba con i Clash. Ci coprirono di sputi e insulti, per poi pogare appena i Clash iniziarono il concerto con London Calling”, avrebbe raccontato molti anni dopo. “Self control” nacque “da un giro di chitarra tipicamente rock”, ricorda lui oggi, a 65 anni, mentre si gode lo status di classico davanti al pubblico in vena di fare festa. A riascoltarla oggi, sembra una hit internazionale appena sfornata da un producer o un dj di tendenza, diventata virale grazie a qualche balletto su TikTok: è che “Self control” parlava il linguaggio del futuro, all’epoca. E oggi parla al presente, come buona parte dei successi scritti da Raf.
Gli omaggi del circuito rap, inospettabilmente legato alle sue hit, lo hanno fatto scoprire alle nuove generazioni e nel parterre dell’Atlantico non mancano ragazzi di vent’anni che si scatenano sulle note della versione originale di quella “La più bella” firmata da Mecna e Coco, oltre 40 milioni di streams su Spotify e doppio Disco di platino. E pazienza che, paradossalmente, l’originale sulla piattaforma di streaming di ascolti ne conti 14 milioni: comunque non una cifra di poco conto, per una canzone uscita nel 1995. L’originale “Ti pretendo”, invece, tra la Generazione Z rimane ancora più popolare di quella “Ti pretendo XXX” rielaborata nel 2022 da Guè e Bassi Maestro. Il concerto non è un banale revival. È qualcosa di diverso. È un modo per celebrare un catalogo sopravvissuto alle mode e alle tendenze, per diventare immortale.