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Post Nebbia: “Oggi la musica è sedativa, noi vogliamo energia"

“Pista nera” è un disco rock in cui la montagna diventa metafora di un futuro ripido. L'intervista.
Post Nebbia: “Oggi la musica è sedativa, noi vogliamo energia"

Vertigine, paura, speranza. Scritto da Carlo Corbellini e arrangiato dai Post Nebbia, “Pista nera”, il quarto album della band padovana, traduce in musica, in modo potente ed evocativo, quel sentimento generazionale in bilico tra rabbia e disillusione, che è tanto personale quanto universalmente condiviso. La montagna assurge a metafora e tema visivo per un viaggio musicale. Un rock più dark, a volte impazzito e attraversato da diversi colori, diventa la colonna sonora di una scalata e di una caduta, tra momenti beatlesiani, psichedelia e post rock, senza mai perdere groove e melodie. “Pista nera” nasce tra un appartamento in un quartiere dormitorio di Torino e una casa in una località sciistica delle Dolomiti. Le piste di quelle montagne sono ormai da anni spesso contornate dal nudo e secco terreno, cozzando con la promessa di sviluppo e progresso che aveva portato alla loro creazione, e ben rappresentano l’utopia fallita del mondo che vogliono raccontare i Post Nebbia, che da gennaio del prossimo anno torneranno in tour.

Carlo, questo è un disco più rock rispetto ai precedenti, ma ci sono anche dei momenti di follia creativa come testimonia la title track. Qual è stata la direzione musicale?
C’è stata subito l’intenzione di far girare tutto intorno alla band. Negli scorsi anni abbiamo fatto un tour per “Entropia Padrepio” con un casino di date, ma quel progetto aveva un’impostazione più casalinga. Solo facendo un botto di live abbiamo capito le potenzialità di un approccio più corale. Siamo ripartiti da lì: con “Pista nera” volevamo un disco più organico, cucito sulla band, anche capace di andare oltre la mia figura che faceva le cose prima e poi le traduceva con la formazione. Abbiamo rotto questo meccanismo per necessità. Avevo bisogno di lavorare in modo diverso. Lo abbiamo registrato al Bleach Recording Studio ed è la prima volta che ho vestito i panni di produttore.

Anche per i temi trattati, forse, era normale che si andasse verso un suono più dark.
È un disco claustrofobico e aperto a seconda dei momenti. Non suona gigantesco, ma neppure asciutto. È un disco di “stanza”. Se tu devi immaginarti un posto in cui ascoltarlo, quello è senz’altro una stanza. Il riverbero della batteria suggerisce proprio un luogo come quello.

Questo va in contrasto con il senso di vertigine che pervade l’album? “Pista nera” parla di un futuro che si sgretola.
Tutto quello che ci terrorizza, se ci pensi, lo viviamo spesso da soli, in una stanza. Chiusi in noi stessi.

Nella cover sono rappresentati due montanari-sciatori. Uno è tuo bisnonno?
Sì, ho trovato quell’immagine in un hard disk che mi ha portato mio zio. Il mio legame personale con la montagna è forte. Qui il tema dei monti è visuale, è una metafora per raccontare altro. Solo la title track parla davvero di montagna. La ripidezza delle piste da sci e la situazione delle valli ci raccontano molto del mondo in cui viviamo. Tutto sta cambiando, eppure l’uomo spara la neve, cerca di rimanere attaccato a un’idea di montagna che non esiste più. E lo fa perché per le persone del luogo quella roccia rappresenta lavoro, è sopravvivenza. I piccoli comuni di montagna hanno incentrato la loro sopravvivenza su un’economia che oggi la realtà delle cose ha messo in crisi. È un benessere decadente da cui sembra non ci si riesca a staccare. Chi vive in montagna non guarda ai monti con romanticismo, come fanno i cittadini, ma con un occhio pragmatico.

Questo è un disco in cui si prova a far cadere le maschere. Parla di crisi umane e sociali, temi che spesso sono fuori dalle coordinate di molta della musica di oggi, che vuole più rassicurare che scuotere. Quanto conta la verità in quello che scrivi?
Oggi la gente ascolta musica mentre fa altro, mentre va in metro o cucina. Il disco è orecchiabile, diverte, ma richiede attenzione. Gioca su questi livelli. Oggi la musica è un bene di consumo, è più un medicinale che seda e non un energetico. Noi vogliamo essere un energetico.

“Kent Brockman” è un brano sull’informazione. Il titolo cita un personaggio dei Simpson, che svolge il mestiere di giornalista. Che cosa non funziona nella comunicazione di oggi?
Non lo so. Ma vedo che spesso c’è un meccanismo malato nel raccontare le tragedie come la guerra. C’è un approccio razionale fatto di schemi, grafici e numeri che senz’altro è necessario in parte, ma che dall’altro riduce tutto a una statistica.

“Notte limpida”, il pezzo di chiusura, è lo svelamento?
Sì, mette al centro l’idea che, per vivere bene l’oggi, si debbano abbandonare alcune sicurezze che non ci sono più e puntare su cose vere, che ci diano realmente sollievo.

Che cosa ha scatenato in te questa riflessione sul futuro, che poi ha dato vita al disco?
Sono andato a vivere a Torino, in un quartiere abbastanza devastato in cui le persone non hanno legato tra loro. Ma vivevo in alto, con una vista particolare che mi permetteva di vedere le montagne. Quel contrasto tra storia naturale e di roccia e lo sgretolamento umano, ambedue davanti ai miei occhi, mi ha fatto riflettere. A tutto questo aggiungi i documentari di Adam Curtis, che mi hanno aperto un mondo e che consiglio vivamente.

I Post Nebbia, oggi, dove si possono collocare?
Partiamo dalla provincia, da Padova. Siamo nati nel momento in cui Dischi Sotterranei, la nostra etichetta, è ripartita. E proprio a casa nostra, ogni anno, c’è una festa, quella di Dischi Sotterranei, a cui partecipano migliaia di persone, che significa qualcosa. C’è una nuova esigenza, c’è un nuovo fermento che mi fa essere ottimista. È qualche cosa di ciclico, noi ci siamo dentro. A un certo punto in Italia è successo qualcosa: penso ad artisti come Calcutta e i Cani, che hanno rotto un meccanismo. Quel meccanismo poi in parte si è ricreato e adesso arriverà qualche cosa, di nuovo, a intaccarlo. Visconti, Jesse The Faccio, Cosa Puma, Marco Castello, solo per citarne alcuni, fanno ben sperare. Sta tornando una musica per la gente.   

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