Pure per Giuse The Lizia “l'impresa eccezionale è essere normale”
La forza e la bellezza della normalità, intesa come equilibrio di vita, è proprio quello che cerca Giuse The Lizia, 22 anni, con il suo secondo album “Internet”, in uscita il 18 ottobre. Dal cantautorato al rap passando per il pop e il funky, le canzoni del cantautore siciliano di stanza a Bologna sono sempre scritte molto bene e contribuiscono a formare un progetto compatto in cui, in due tracce, è accompagnato anche da Mecna e centomilacarie. Dopo un tour estivo che l’ha visto portare la sua musica in giro per i principali festival italiani e allo Sziget Festival di Budapest, Giuse The Lizia ripartirà con una serie di appuntamenti autunnali nei club, il primo è previsto il 16 novembre a Napoli.
“Internet” è un titolo dolce amaro?
Mi piaceva l’idea che in qualche modo ci fosse un collegamento con il titolo dell’album precedente (“Crush”, ndr). Questo disco non parla di internet, ma senz’altro ne è attraversato, c’è un filo rosso. Sono e siamo tutti immersi nel mondo di internet, molti rapporti umani o di lavoro nascono, magari, da una storia su Instagram e da un commento sotto un post. È un grande mare in cui nuotiamo tutti.
Le tue canzoni sono una continua altalena tra felicità e tristezza?
Anche internet è così, ha elementi positivi, ma anche elementi negativi. Internet ha democratizzato l’accesso alla musica sia sul fronte dell’ascolto che della produzione, ma sappiamo anche che tutto questo ha generato altri fattori, più distorti. La mia musica in effetti a volte è felice, a volte meno, senz’altro è disillusa. È in equilibrio, come internet. Però posso anche dire che nel disco c’è qualche cosa di più di questo, c’è una maggiore ricerca di equilibrio e stabilità dovuta al mio vissuto.
In “Flash” omaggi Lucio Dalla e la sua “Disperato Erotico Stomp”, in particolare recuperi la frase “l'impresa eccezionale, dammi retta è essere normale”.
Volevo campionare qualche cosa. Trovo l’arte del campionamento meravigliosa. Vivo a Bologna, ascolto Lucio Dalla, e ho pensato subito a lui. Senz’altro ha avuto anche un’influenza su di me il pezzo degli Articolo 31 ‘L’impresa eccezionale’. Il timore di sbagliare tutto c’era, ma sentivo dentro di me che quello era il pezzo giusto perché per me la musica è diventata una cosa seria, un lavoro, ma allo stesso tempo voglio difendere la mia ‘normalità’, il mio vivere a Bologna in certe dinamiche. Stare tra queste pressioni mi ha fatto ragionare su quelle parole, che sento mie perché, per il momento, sono riuscito a rimanere in equilibrio.
Dal punto di vista musicale in questo disco ti metti più in gioco?
Sì, credo di aver osato di più. “Persi da un po’”, dal punto di vista melodico e testuale, è particolare: nel pezzo parlo anche della mia esperienza a Sanremo (Sanremo Giovani 2022 da cui è stato, lo diciamo noi, immeritatamente eliminato, ndr), arrivo più in profondità. “Give me love” è distante dal mio solito cantautorato, inoltre in “Flash” e “Tonight gospel” torna il rap, più melodico, non serrato perché non è il mio, quasi alla Jovanotti del primo periodo.
Come descriveresti “Solo un’idea”?
È il primo pezzo di qualche cos’altro. Dentro c’è tanta speranza. Parte da un punto diverso come approccio di scrittura e musicale rispetto al passato. È una canzone a cui tengo tanto anche sul fronte contenutistico, con un concetto emotivo che sento ancora mio.
In “Tonight gospel” dici che “non è più il tempo delle bitches, ma dell’amore”. Ti sei stancato di un certo linguaggio?
Io ascolto un mare di rap e trap, e credo che certi linguaggi, contestualizzati in quei mondi e generi, possano essere capiti e compresi. Ma non sono i miei. Io sono un romantico, anche nella vita. Su di me quei discorsi non funzionano. Mi divertiva l’idea di prendere una parola di un linguaggio, per l’appunto, non mio e metterla in una canzone. Tutto qui, non c’è una reale critica ai testi dei trapper. Insomma è una frase paracula (sorride, ndr).
Ritenteresti la strada del Festival di Sanremo?
La dimensione live è quella a cui tengo di più: i concerti, i tour, sono davvero quello che voglio fare. Il feedback delle persone che mi seguono per me è davvero importante. E spero che il viaggio venga capito anche adesso che, con questo disco, ho inserito degli altri elementi. Se Sanremo può diventare una carta per allargare il mio pubblico e far conoscere maggiormente le mie canzoni, perché no? Io smetto di essere tranquillo quando sono fermo. È meglio essere stanco per le tante cose che si fanno che confuso sul da farsi.
La musica per te è diventata un lavoro, ma allo stesso tempo continui a frequentare l’università. Quanto è importante per te?
È fondamentale. In molti mi dicono: “ma chi te lo fa fare?”. Non sono certo John Lennon, però la mia carriera è a uno step successivo, potrei in effetti dedicarmi solo alla musica. Ma non lo faccio perché mi chiedo: come posso scrivere se non vivo? Per me il legame con la realtà, attraverso anche l’università e le mie relazioni fuori dalla musica e dal milano-centrismo, sono importanti proprio per il mio scrivere canzoni.
Hai lasciato alcune canzoni fuori da questo disco?
Parecchie, questo perché scrivo molto. Alcune sono molto dirette, chitarra e voce, ed effettivamente in questo disco avrebbero fatto fatica a trovare una collocazione. Ma credo che prima o poi usciranno…(sorride, ndr).