Samara Joy, il jazz è musica anche per i giovani

La canzone è uno standard degli Anni ’40 reso celebre in chiave jazz da Sarah Vaughan e Nat King Cole, “You stepped out of a dream”. A interpreta è una giovane cantante afroamericana. Ad ascoltarla ad occhi chiusi, si può essere ingannati e credere che si tratti di una diva dimenticata di quel decennio, dalla voce profonda e caldissima. Non è così. Samara Joy, classe 1999, cresciuta nel Bronx di New York, ha mezzo milione di follower su Instagram, mentre su TikTok i suoi video hanno totalizzato 7 milioni di “mi piace”. A soli 24 anni la cantante ha già vinto tre Grammy Awards: nel 2023 ha trionfato come “Miglior artista emergente” (battendo i Maneskin, che nella settimana precedente all’appuntamento più atteso del music biz mondiale si erano fatti il giro dei principali salotti della tv americana, intenzionati a scrivere la storia diventando i primi italiani ad aggiudicarsi l’ambito premio) e come “Miglior album vocale jazz” per il suo “Linger awhile” e quest'anno si è aggiudicata quello come “Miglior performance jazz” per “Tight”. “Portrait”, il suo nuovo album, in uscita domani, arriva a otto mesi dall’ennesimo trionfo e fotografa la crescita dell’artista, qui per la prima volta anche nei panni di compositrice, arrangiatrice e - addirittura - bandleader, consacrandola come il volto e l’emblema della Generazione Z del jazz mondiale che tra dischi acclamatissimi e numeri giganteschi sulle piattaforme sta pian piano spalancando le porte del genere ai giovanissimi, scrostandone via cliché e luoghi comuni.
L’album ha preso forma in una serie di session molto dirette - solo due, massimo tre take per ogni brano - ospitate da uno dei templi del jazz, il Van Gelder Studio a Englewood Cliffs, nel New Jersey, un tempo frequentato da John Coltrane, Sonny Rollins, Dizzy Gillespie, Quincy Jones. Tra le pareti della storica sala d’incisione Samara Joy ha provato a ricreare insieme ai suoi musicisti la magia dei suoi live: con lei in studio sono entrati il trombettista Jason Charos, il trombonista Donavan Austin, i sassofonisti David Mason e Kendric McCallister, il pianista Connor Rohrer, il bassista Felix Moseholm e il batterista Evan Sherman. "Otto musicisti, otto vividi punti di vista per altrettanti background musicali, tutti uniti in un contesto progettato per crescere ed esplorare, per mettere le nostre penne e le nostre menti al lavoro al fine di creare musica ispirata da molti, ma in definitiva indiscutibilmente nostra”, dice la 24enne cantante, sottolineando come “Portrait” sia un progetto “plasmato, rivisto e limato nel corso di un anno on the road”. "Spesso sono il quinto strumento a fiato - spiega - spero che gli ascoltatori notino che anche io sono una musicista”.
A fare da collante ci ha pensato Brian Lynch, trombettista e bandleader considerato un punto di riferimento della scena jazz contemporanea, apprezzatissimo per quella versatilità che nel corso della sua carriera lo ha portato a collezionare collaborazioni tanto con musicisti come Eddie Palmieri e Barbarito Torres dei Buena Vista Social Club quanto con Prince e Sheila E. In “Portrait”, che esce per l’iconica Verve Records, l’etichetta per la quale in passato hanno inciso Ella Fitzgerald, Nina Simone, Stan Getz, Bill Evans e Billie Holiday, Samara Joy si è divertita a scrivere testi su brani siglati da Charles Mingus, Sun Ra e Barry Harris, oltre che reinterpretare standard resi celebri da leggende come Vaughan, Charli Parker e Duke Ellington: “Questa è una musica giovane e loro hanno fatto così tanto nella loro vita per attirare le persone verso questo tipo di musica. Merita di essere discussa e condivisa. E finché ne sono appassionata, il mio obiettivo è condividerlo”, ha rivendicato lei in un’intervista al New York Times.
Proveniente da una famiglia di musicisti, Samara Joy è cresciuta nel Bronx cantando in cori gospel, prima di frequentare alcune delle migliori scuole di musica degli States, dalla Fordham High School for the Arts al Purchase College: “Mia madre e mio padre mi hanno dato l’opportunità di ascoltare tantissima musica, da Luther Vandross e Chaka Khan fino a George Duke e Stevie Wonder. Ad essere sincera, non avevo mai sentito parlare di Sarah Vaughan prima del college. I miei amici erano appassionati di jazz e iniziarono a farmi sentire le loro canzoni preferite: quando ho ascoltato la sua versione di ‘Lover man’ è scattato l’amore. L’ispirazione viene dall’assorbire quanto più possibile del loro stile”, ha raccontato a proposito degli accostamenti alla stessa Vaughan e a Ella Fitzgerald. “Con questo straordinario disco è nata una stella dalla voce setosa”, scrisse la rivista specializzata DownBeat quando nel 2022 uscì il suo debutto con la Verve, “Linger awhile”. Quando lo scorso anno si è aggiudicata il Grammy come “Miglior nuova artista”, Samara Joy è diventata la seconda cantante jazz a vincere il premio, a distanza di dodici anni dalla consacrazione di Esperanza Spalding. Considerando che in quella categoria negli ultimi anni hanno trionfato artisti amatissimi dai giovanissimi come Olivia Rodrigo o Billie Eilish, per il jazz contemporaneo l’evento ha assunto un’importanza speciale. E decisamente promettente.