Rockol30

Articolo 31, J-Ax: “Il nostro Sanremo? Una rottura di coglioni”

L'album “Protomaranza” restituisce l’anima più irriverente (e non solo) del duo. L’intervista.
Articolo 31, J-Ax: “Il nostro Sanremo? Una rottura di coglioni”

A distanza di 31 anni dal loro primo disco, “Strade di città”, uscito nel 1993, e a 11 anni da “Italiano medio”, la loro ultima fatica discografica, i rinati Articolo 31, con un’unione ri-consacrata anche dai riflettori del Festival di Sanremo 2023, tornano con “Protomoranza”, un nuovo album in uscita il 10 maggio. Sedici tracce inedite, con tanti ospiti (Bugo, Fabri Fibra, Guè, Jake La Furia, La Sad, Neffa, Nina Zilli, Rocco Hunt, Pinguini Tattici Nucleari, Tedua), in cui J-Ax e Dj Jad, coerentemente con il loro percorso, con un’ironia incendiaria e un disincanto da surfer libertari, ma in alcuni brani anche con profondità e riflessione, fotografano la società impazzita in cui ci muoviamo.

Ax, oggi è più facile realizzare un brano alla Articolo 31 o no?
Per me le canzoni degli Articolo si dividono in due grandi categorie: cazzone e impegnate. Ma impegnate non nell’accezione classica, ma nel senso che mi sono impegnato a scriverle (ride, ndr). La verità è che, alla fine, però, è più complicato fare quelle della prima categoria, quelle cazzone. Noi, infatti, oggi, facciamo un genere senza poter usare i cliché del genere stesso. I tormentoni del rap sono usciti dalle nostre esistenze: la vita di strada l’abbiamo abbandonata da decenni, sono in una relazione stabile da tempo e non mi drogo più. Quindi di che cazzo scrivo?

I temi nel disco non mancano. Inoltre passano gli anni, ma l’irriverenza è rimasta intatta…
‘Vaffanculo papà’, per esempio, è un pezzo mascherato, sembra per bambini, ma non lo è. È un brano in cui dico che puntare il dito sui cantanti o sulla musica è una follia, dovrebbero essere i genitori a spiegare il perché di certi brani o banalmente che cosa sia una licenza poetica. Ma i genitori sono pigri, mettere sotto accusa la musica è più facile….

Qual è il vostro rapporto con i filtri di oggi?
Che per fare musica di successo oggi ci siano dei filtri, è evidente. Ma noi abbiamo la libertà che abbiamo perché alla fine non ce ne frega un cazzo. È ovvio che vogliamo che le cose vadano bene, ma non essendo all’inizio non abbiamo tutta una serie di pressioni. Un emergente invece deve piacere alla gente cool e non deve far incazzare l’algoritmo, eccoli lì i filtri. Le censure ci sono sempre state, anche a De André dicevano di togliere alcune parole dalle canzoni, noi invece con un brano come ‘Peyote’ diciamo delle cose pesanti, ma con un linguaggio che viene incontro anche all’ascoltatore occasionale. Quando fai il singolone e vuoi che lo ascoltino tutti, devi tenerne conto e usare un certo modo di esprimerti, poi magari in un altro pezzo ancora te ne sbatti e sei più esplicito, tipo ‘Libertario surf’. Ma questo equilibrio è importante. È auto-censura o cognizione di causa? Non lo so.

Gli Articolo 31, oggi, sono cambiati?
Questo disco è coerente con il nostro percorso. Ci abbiamo messo un bel po’ di tempo a tornare in bolla, e a fare musica insieme. ‘La fiera del cringe’ con La Sad può ricordare ‘Domani smetto’, ‘Non ho voglia (disco party)’ con Nina Zilli riporta a ‘Tranqi Funky’, ‘Intro (spettivi)’ può ricollegarsi a ‘Una per i miei fratelli’: ricopiare se stessi è triste e infatti non lo abbiamo fatto, ma parlando al pubblico degli Articolo 31 volevamo rievocare giustamente un certo sound.

“Contadino” è una traccia molto diversa dalle altre, è narrativa e più personale.
Per me i boomer sono troppo moderni (ride, ndr). Io ascolto conscious country, amo artisti come Willie Nelson. ‘Contadino’ nasce ispirandomi a quel mondo, alle sue canzoni. Mio bisnonno era un contadino, non possedeva il campo in cui lavorava tutto il giorno. Parto da lui, dalla sua storia, e riavvolgo il nastro di più generazioni, quella di mio padre e poi la mia. C’è una citazione, che non mi sento di dire che è colta, tratta da Émile Zola, in cui credo: ‘L’anima è di Dio, ma la terra è di chi la lavora’. Che è un modo per dire al potere: ciò che è frutto del mio sudore è mio, che sia la terra che zappava mio nonno o la musica che creo io oggi.

Quindi alla fine c’è anche del sentimento in questo album, non solo rabbia e divertimento…
Sì, io odio i film senza un finale ben costruito. Dietro a tutto ci deve essere un significato, una morale se vuoi. In ‘Scusi maestra’ con Tedua ci sono le ferite, ma anche l’orgoglio di avercela fatta. È stato Tedua a voler partire dalla citazione di ‘A pugni col mondo’, un nostro brano che lui dice di aver sempre amato. Tedua è l’outsider della trap, i Pinguini dell’indie, La Sad sono proprio outsider e basta: molti dei nostri ospiti sono come ci sentivamo noi all’inizio o come ci hanno fatto sentire.

In “Come godo” con Jake La Furia, infatti, dici che Milano “vi sputava addosso” all’inizio.
Beh, Milano fa così con tutti quelli che fanno i soldi. Nel pezzo diciamo che Milano non è loro, non è degli stilisti che copiano l’abbigliamento degli zarri o di chi crede di poter comandare, Milano è di chi l’ha vissuta in un certo modo, è degli Articolo 31 e dei Club Dogo, per esempio. Questa è una città in cui tutti vogliono essere Steve Jobs, ma non può essere così.

“Un bel viaggio” era davvero il brano giusto per partecipare al Festival di Sanremo 2023?
Io non volevo andare, ma Jad e la casa discografica volevano partecipare con questo pezzo. A quel punto mi sono detto: se ripartiamo con i veti, ovvero con me che dico di ‘no’ e così è, imponendomi, non ha senso ripartire come Articolo 31. E alora mi sono convinto: fai il professionista e vai. Il Sanremo a cui giurai di non partecipare mai, era molto diverso. Amadeus ha cambiato il livello musicale, questo va riconosciuto, e quindi alla fine siamo andati. Ma è stata una grande rottura di coglioni per diverse dinamiche legate all'evento stesso. Io, per esempio, abolirei tutte le giurie, terrei solo il televoto.

Diventi il direttore artistico di Sanremo: chi porti?
Lady Gaga, di cui amo sia la parte più tamarra che quella più profonda, è la più grande performer che abbia mai visto, e i Foo Fighters.

Diciamoci la verità: il titolo “Protomaranza” è una grande presa in giro?
Sì, non c’entra nulla con il disco. È una trollata per far credere che nel disco si trattino temi che in realtà non ci sono. Maranza è una parola che si usava tantissimi anni fa, poi sostituita da zanza, zarro e tamarro, e oggi è tornata in voga. A noi ce lo dicevano ‘che maranza che siete’ e quindi…

La fotografia dell'articolo è pubblicata non integralmente. Link all'immagine originale

© 2025 Riproduzione riservata. Rockol.com S.r.l.
Policy uso immagini

Rockol

  • Utilizza solo immagini e fotografie rese disponibili a fini promozionali (“for press use”) da case discografiche, agenti di artisti e uffici stampa.
  • Usa le immagini per finalità di critica ed esercizio del diritto di cronaca, in modalità degradata conforme alle prescrizioni della legge sul diritto d'autore, utilizzate ad esclusivo corredo dei propri contenuti informativi.
  • Accetta solo fotografie non esclusive, destinate a utilizzo su testate e, in generale, quelle libere da diritti.
  • Pubblica immagini fotografiche dal vivo concesse in utilizzo da fotografi dei quali viene riportato il copyright.
  • È disponibile a corrispondere all'avente diritto un equo compenso in caso di pubblicazione di fotografie il cui autore sia, all'atto della pubblicazione, ignoto.

Segnalazioni

Vogliate segnalarci immediatamente la eventuali presenza di immagini non rientranti nelle fattispecie di cui sopra, per una nostra rapida valutazione e, ove confermato l’improprio utilizzo, per una immediata rimozione.