Il film “The Eras Tour” svela le priorità di Taylor Swift

Capire fino in fondo il fenomeno Taylor Swift sembra in partenza una missione impossibile per quanti sono al di fuori del suo enorme pubblico di ascoltatori e fan adoranti. Si può invocare un lost in traslation generazionale o di genere, gusti musicali diametralmente opposti, una certa allergia ai temi ricorrenti della sua discografia e della sua figura pubblica.
Nel 2024 però approcciare Taylor Swift con un’alzata di spalle è una leggerezza difficile da condonare. Sono più di 15 anni che, dentro e fuori l’industria musicale, quest’artista smentisce coi fatti e coi numeri quanti tentando di derubricarla con un “I'ma let you finish!”, come fece Kanye West nel 2009, aprendo una faida con la cantante country pop allora 19enne continuata a suon di videoclip provocatori e repliche piccate. Considerando come se la passano oggi il rapper e la “persona dell’anno 2023” secondo il TIMES, si può dire che Swift ha dimostrato che è meglio non sottovalutarla. "
“Taylor Swift: The Eras Tour” in numeri
Lasciando parlare solo i numeri, le metriche di “Taylor Swift: The Eras Tour” - il film, che arriva finalmente sulle piattafore: da domani è su Disney+ - sono tutte titaniche, a partire dalla durata: 3 ore tonde, con tanto di 3 canzoni extra precedentemente non viste al cinema. Parlando di botteghino, dato che è da parecchio che Swift è diventata rilevante anche in ambito cinematografico: 261 milioni di dollari d’incasso mondiale per il passaggio del film nelle sale, 180 milioni raccolti sono negli Stati Uniti, oltre 1 milione di euro in Italia.
Beyoncé, altra artista dall’impatto e dal seguito gargantueschi, viene in nostro soccorso per leggere meglio l’eccezionalità di questi numeri. Infatti anche il film tratto dal suo ultimo mega concerto, “Renaissance: A Film by Beyoncé” è uscito nelle sale nel 2023, assestandosi su un minutaggio quasi identico a quello di Swift. Incasso nel mondo: 43 milioni di dollari.
Non è certo un mistero quanto la fanbase di Taylor Swift sia dedicata, appassionata, fedele al suo idolo, tanto da mettere in ombra quella di Queen Bey. Noi stessi vi abbiamo raccontato all’epoca dell’arrivo in sala in Italia cosa significhi vedere un film su Taylor Swift in un cinema pieno di swifties, i fan della cantante.
L’impressione è che però, al di là di meriti musicali più o meno conclamati e di una persona pubblica così ingombrante da risultare talvolta fastidiosa, Taylor Swift venga approcciata da chi non la conosce e segue come una sorta di mistero mistico della musica per donne e per adolescenti. Categorie che, già valutate singolarmente, tendono a non ispirare analisi così profonde e accurate. Figuriamoci quando combinate in quello che per molti è una micidiale combinazione di elementi che rendono impossibile comprensione, immedesimazione, anche solo l’apertura mentale necessaria a provare a capire cosa ci sia dietro.
Perché sì, Taylor Swift è indubbiamente l’artista tormentone del momento, oggetto di un tale livello di ossessione da non poter che essere temporanea e immanente. Al contempo però è una cantante che è cresciuta in termini di numeri, pubblico e rispetto insieme alla sua carriera musicale, prendendosi rischi e facendo scelte talvolta coraggiose, plasmando un approccio meta-narrativo al racconto musicale decisamente contemporaneo. Ci sono già almeno due generazioni che, da adulte avranno nostalgia della sua musica, l’avranno come artista di riferimento della loro giovinezza.
Swift infatti è riuscita anche ad attirare a sé una generazione successiva alla sua - la gen z - senza perdersi la precedente, cementando pian piano un’immagine da icona queer insospettabile fino a pochi anni fa, considerando il genere e il contesto in cui ha mosso i suoi primi passi. Taylor Swift unisce persone, generazioni e gruppi che spesso faticano a comunicare tra loro, che oltre alla sua musica non hanno quasi nessun terreno comune a livello culturale e musicale.
La narrazione di “Taylor Swift: The Eras Tour” è cominciata sui social
Quello che raccontano tre ore di “Taylor Swift: The Eras Tour” è proprio come si tiene insieme un pubblico così vasto, diversificato ma comunque targettizzato. Una rapida occhiata al girato rendere evidente come dentro arene americane ci fossero in larga parte donne, ragazze, bambine.
Un altro aspetto interessante è vedere finalmente la versione pulita e rifinita del concerto evento dello scorso anno dopo aver in qualche modo subito la sua narrazione in maniera amatoriale, bootleg. Per mesi sui social sono rimbalzati TikTok, Reel e filmati di ogni genere, tanto che è stato quasi straniante vedere la versione non sgranata, non verticale, non ripresa da lontano e montata su un’altra musica di momenti quali: Taylor che si tuffa in una botola e la grafica dell’enorme palco la mostra mentre nuota via verso lo stage principale, i cambi d’abito, le figlie di quei papà protagonisti dei TikTok ironici che li mostravano, a decine, fuori delle arene ad aspettare le pargole per riaccompagnarle a casa.
Dopo aver assistito al concerto via super zoom dei telefonini di ultima generazione azionati da chi aveva un posto nell’ultima fila dell’ultimo anello di arene giganti e stracolme, dopo aver visto adolescenti radunate fuori dagli stadi per ascoltare il concerto e piangere sulle canzoni del cuore sentite (ma non viste) live, c’è già una familiarità di fondo con “Taylor Swift: The Eras Tour”. Stavolta però siamo seduti in prima fila per goderci lo spettacolo. Non c’è altro modo di definirlo: sarà interessante vedere come uno show così faraonico verrà adattato nelle tappe europee e mondiali del tour, come verrà adattato a San Siro in termini di durata, coreografie, effetti speciali.
La prima cosa che si nota vedendo “Taylor Swift: The Eras Tour” è come sia un’operazione di alto livello produttivo, pur presentando uno spettacolo abbastanza tradizionale. Le riprese principali sono state effettuate durante la tappa a Los Angeles del tour statunitense. L’ultima tappa, nel mastodontico SoFi Stadium, 70240 posti a sedere esauriti. Un colpo d’occhio impressionante (magari non quanto i Metallica, che strizzarono nella stessa arena 78mila persone), perfetto per il formato filmico.
Il film non arriva a caso in questo momento. Non solo abbiamo raggiunto il picco di popolarità dell’artista (umanamente è difficile immagine quale altre vette possa scalare), ma “Taylor Swift: The Eras Tour” è il primo grande recap della sua carriera. Lo dichiara lei, dopo un paio di canzoni: 17 anni di carriera, un’era per volta, recuperando in un mega concerto tutti i dischi che la pandemia le ha impedito di portare in tour. Il concetto delle “ere musicali” non è nuovo ma nel mondo swiftiano è estramente codificato: il concerto di fatto è diviso in capitoli chiaramente segnalati dalla grafica, dai costumi, dai set allestiti sul palco. C’è spazio per la Taylor liceale, per la sua era da serpe velenosa in “Reputation”, per la donna più romantica e contemplativa di “Folklore” e “Midnights”.
Anche qui è impressionante quanto si raccolga, per osmosi dall’ambiente circostanze, della sua discografia. Lo dico senza un’oncia di snobbismo, avendo gusti musicali tutt’altro che raffinati o di nicchia. Da non ascoltatrice di Taylor Swift (perché semplicemente “non mi arriva”) la visione è stata un crescendo di canzoni vagamente familiari, note, tormentoni, pezzi che potevo canticchiare seguendo il sottotitolo.
Il repertorio c’è insomma, stupisce persino per come amalgami tante sfumature differenti di influenze su una base fondamentalmente pop. La messa in scena rispecchia fedelmente il continuo ricalibrare musicalmente il proprio genere di appartenenza. Ci sono vari momenti di performance intima, con la sola chitarra acustica o il piano, poi arriva un gruppone di ballerini e la cantante esegue qualche coreografia essenziale ma ben orchestrata, ci sono le fiammate di fuoco rock e i fuochi d’artificio veri e propri, pedane che si alzano dal palco, botole da cui Swift appare e scompare. C’è persino una sorta di performance recitativa con Taylor che guarda all’altro capo del tavolo uno dei tanti uomini cantati nelle sue canzoni, uno di quelli che non la capisce.
Un altro aspetto interessante di “Taylor Swift: The Eras Tour” che si nota soprattutto tenendo d’occhio i sottotitoli con tutti i testi delle canzoni è come, tematicamente, sia quasi monocorde. Ci sono canzoni sull’affermazione di sé, si citano i GLAAD in una sorta di inno queer pop “You Need to Calm Down”, ma in larghissima maggioranza il concerto è una lunghissima sfilata di relazioni sentimentali. Sono raccontate dalla scintilla iniziale, dal desiderio corrisposto o meno con differenti intensità, fino a inevitabili rotture, ripicche, ritorni, dinieghi. Quello che “Taylor Swift: The Eras Tour” fa splendidamente è non far pesare questa lieve fissazione monotematica, alternando i mood delle canzoni e la tipologia di esibizione che le accompagna sul palco.
“Taylor Swift: The Eras Tour” ricerca volutamente la medietà
A livello di performance artistica, questo film è un’operazione su misura per i propri destinatari. Nonostante l’opulenza della messa in scena, in gran parte di “Taylor Swift: The Eras Tour” la cinepresa segue da vicino il volto, il corpo la gestualità della cantante, talvolta anche sacrificando il colpo d’occhio notevole di scenografie e numeri di danza. Anche il pubblico e le sue reazioni fanno capolino di rado, in un’era come la nostra in cui la popolarità dei reality e dei talent show ha reso quasi obbligatorio un continuo stacco sulla reazione dell’audience, diventato ormai parte della grammatica e della manipolazione emotiva della narrazione filmica della musica.
La regia di Sam Wrench (uno che ha già curato i film concerto di artiste come Lizzo e Billie Eilish) è finalizzata a restituire visivamente quel grado d’intimità agognato dal fandom dell’artista, che viene spesso raccontata e commentata come un’amica, una confidente, una familiare. Un’arena spersonalizzata di luci e figure in penombra, il continuo seguire il volto di Taylor dà proprio questa sensazione: di essere lì, nei posti più costosi, condividendo da vicino un evento molto preparato, molto coreografato, molto provato e perfettamente eseguito.
Il confronto con “Renaissance: A Film by Beyoncé” rende palese la finalità di questo spettacolo. Beyoncé da anni si accredita e presenta come un’artista di concetto, a tutto tondo, con una narrazione e messaggi profondi e complessi per riferimenti musicali e storici, in primis alla cultura afroamericana, ma spaziando alla storia artistica di varie discipline. Taylor Swift sembra quasi una scolaretta a confronto al livello coreografico, ai props, alla performance vocale di Beyoncé, così come la regia di Sam Wrench impallidisce rispetto alla raffinatezza di un prodotto filmico che Queen Bey ha voluto anche dirigere da sé.
Una graduatoria di valore però manca il punto della questione, come spesso succede quando si mettono l’una contro l’altra due donne di successo in quanto tali, alla ricerca di una sola regina. Taylor Swift ha tutti mezzi - economici, musicali, artistici, produttivi - per mettere su uno spettacolo concettuale, ricercato, elaboratissimo. La sua ricerca però è opposta: “Taylor Swift: The Eras Tour” ha come obiettivo quello di raccontare una donna di 34 anni a un pubblico che parte dalle coetanee e arriva fino alle bambine e deve tenere insieme la varie Taylor, da quella adolescente a quella trentenne. È un prodotto riuscito perché centra in pieno l’obiettivo, adattando tanti tipi d’esibizione pop differenti (quella coreografata col corpo di ballo, quella intimista col piano, quella sexy e sicura di sé da womanizer) trovando sempre una sorta di medietà visiva e sonora, di sunto accessibile e divertente, mai provocatore, unificante.
“Taylor Swift: The Eras Tour” è la celebrazione di una diva inarrivabile che però si presenta ai suoi fan come l’amica di sempre, accessibile, spontanea, genuina nel raccontarsi. Non è cosa da poco per uno spettacolo che è tutto il contrario: faraonico e esclusivo (per prezzi e disponibilità dei biglietti), scritto e provato al millimetro, costruito nella sua narrazione come un biopic celebrativo.
“Taylor Swift: The Eras Tour” sarà disponibile in versione estesa su Disney+ a partire dal 15 marzo 2024.