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Omini: “Dopo X Factor vogliamo rendere virale il rock’n’roll”

L’intervista al trio: dal talent al tour, passando per gli Arctic Monkeys e “Go catch ‘em”.
Omini: “Dopo X Factor vogliamo rendere virale il rock’n’roll”

“C’è sempre qualcuno che vuole fare di testa sua, vuole fare il ribelle. Questo qualcuno va preso e ricondotto nei ranghi”, dice, ironico, Willie Peyote all’inizio del video di “Go catch ‘em”, il nuovo singolo degli Omini, il trio che a X Factor nel 2022 conquistò tutti - ma alla fine vinsero i Santi Francesi - portando in tv cover come quelle di “Blitzkrieg bop” dei Ramones, “No sleep till Brooklyn” dei Beastie Boys, “Brianstorm” degli Arctic Monkeys e “My generation” degli Who. Il rapper torinese non fa in tempo a finire la frase che subito partono le schitarrate della canzone, ideale manifesto del mini-tour “Three days of peace love rock’n’roll”, che partirà il 9 marzo dall’Arci Bellezza di Milano e vedrà il gruppo composto da Julian Loggia (voce e basso), Zak Loggia (chitarra) e Mattia Frattuccini (batteria), 20 anni il primo, 21 gli altri due, esibirsi il 15 marzo al Traffic Club di Roma e il 30 marzo all’Off Topic di Torino.

“Non mi ritrovo più tra queste chiacchiere, coreografie, costumi e rabbia senza carattere”: nei confronti di cosa sfogate la vostra rabbia?
“Dalle imposizioni. La canzone è un inno alla ribellione, a non sottostare a quello che può essere un pensiero unico e globale. Un invito a uscire dagli schemi: vogliamo suonare la nostra autenticità. I primi spunti di ‘Go catch ‘em’ sono nati a X Factor”.

Dopo il talent cos’è successo?
“Siamo partiti per un tour durato praticamente tutto l’anno, dall’inverno all’estate. Il palco è la nostra dimensione”.

Cosa mostrate in più rispetto a quello che si era visto - e sentito - a X Factor?
“A X Factor siamo sempre stati noi stessi, ma quella era un’esperienza completamente nuova per noi. La tv è diversa dai live: lì passi per due minuti, al massimo tre. In quel preciso segmento suoni il tuo pezzo cercando di riuscire ad arrivare a quanta più gente possibile. Nei concerti riusciamo a trasmettere di più. E poi non suoniamo davanti alle telecamere, ma a un pubblico in carne ed ossa, il nostro”.

Vi sentite parte di una scena?
“Il genere che facciamo noi non è quello che va per la maggiore. Tutt’altro. A Torino, però, c’è tanta gente che fa rock’n’roll: è sempre stata una città attivissima, per la scena rock italiana (il padre di Julian e Zak è Alex Loggia, chitarrista della band piemontese degli Statuto, ndr)”.

Com’è stato aprire per gli Arctic Monkeys e i Franz Ferdinand, la scorsa estate? A Le Vibrazioni nel 2010 a Udine, quando aprirono per gli AC/DC, lanciarono di tutto. A voi hanno lanciato qualcosa?
“Per fortuna no (ridono). La sera in cui abbiamo suonato prima degli Arctic Monkeys, a Milano, è stata una delle più belle della nostra carriera fino ad oggi. Sono tra i gruppi che stimiamo di più. Finito il nostro set, siamo scesi nel parterre e ci siamo gustati lo show di Alex Turner e soci. Di un altro livello”.

Chi sono i vostri idoli? In chi vi rispecchiate?
“Prendiamo spunto dalla musica inglese, senza distinzioni tra i decenni: dagli anni ’60 in poi ci piace un po’ tutto quello che è uscito da lì, dai Beatles a Paul Weller”.

Quanto è difficile nell’era di TikTok portare avanti una proposta come la vostra, peraltro sotto major (incidono per Sony, ndr)?
“Non ce lo chiediamo nemmeno. Noi facciamo la nostra musica e la portiamo in giro. Il resto è contorno. Ci piace l’idea di rendere virale in Italia il rock’n’roll”.

L’Italia è rock’n’roll?
“Sì e no. Abbastanza, dai. Ce n’è stato e ce n’è”.

Quale artista o gruppo italiano vi viene in mente se dico la parola “rockstar”?
“Pino Daniele. (Mattia, il batterista, prende la parola): a me Lucio Battisti. Ho visto l’altro giorno il video di una sua ospitata in tv (quella del 1969 a Speciale per voi, ndr). Lo criticavano perché non lo capivano. E lui: ‘So’ tre ore che parlate. Io propongo delle cose. Vi emozionano e vi piacciono, sì o no?’. E comincia a cantare”.

Perché Pino Daniele?
“Perché è stato il più rock di tutti. Ha suonato con le più grandi star della musica. Un po’ come Zucchero”.

Sul palco suonerete delle cover?
“Meno che nel tour precedente. Sicuramente non mancherà ‘My generation’ degli Who, che ormai è il nostro cavallo di battaglia. Ma anche ‘Sono un uomo’ di Patrick Samson. E un pezzo dei Fontaines D.C., ‘A lucid dream’”.

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