I 30 anni di un disco “epocale”: “Catartica”
“Per i Marlene Kuntz, nel loro percorso, negli anni, ho fatto di tutto: il discografico, l’editore, il manager quando serviva, il bassista, l’arrangiatore. Di tutto. E mi ricordo bene quegli inizi insieme. Sarebbe stato naturale fossi io il produttore di ‘Catartica’, ma non volli. Non volevo intaccare quella magia…”. Gianni Maroccolo, bassista di band come Litfiba e Csi, figura chiave nella musica italiana, riavvolge il nastro del suo rapporto con la band piemontese e la nascita di un album che definisce “epocale”, ovvero “Catartica”, uscito quasi trent’anni fa (li compirà nel maggio del 2024), con affetto e vigore. Perché è una storia che lo tocca nel profondo, una storia che si lega indissolubilmente alla sua. I Marlene festeggeranno i tre decenni di vita del disco con un tour di nove date in partenza con due concerti il 14 marzo 2024 all’Alcatraz di Milano e il 15 marzo all’Orion di Roma, che si concluderà il 27 aprile a Senigallia, al Mamamia. Fu Maroccolo ai tempi a scoprirli e subito a valorizzarli.
Il primo incontro
“In quegli anni eravamo presi dalle avventure con i Csi – ricorda Maroccolo – ho conosciuto i Marlene perché dovevano incidere un pezzo per un concorso musicale del 1992, Rock Targato Italia, che offriva spazio in una compilation prodotta da me e in uscita con la rivista Tutto Musica e Spettacolo, a band emergenti. Quello era il giro della nostra etichetta, Consorzio Produttori Indipendenti, nel segno de I Dischi del Mulo e della casa di produzione Sonica. I Marlene vennero ripescati grazie al forfait dei Rifiuti Solidi Urbani e così entrarono tra i finalisti del concorso e incisero con noi. Rimasi folgorato: erano preparati, musicalmente diversi, incredibilmente eleganti. E così chiesi loro se avessero voglia di lavorare insieme a un primo disco nei nostri studi di Firenze”.
Il modo di suonare
Che cosa avevano di diverso? “Un fuoco, lo si percepiva subito – va avanti Maroccolo – sembravano usciti da una cena d'alto livello, ma allo stesso tempo avevano un animo rock fragoroso. Il rock di quegli anni era ‘buttiamo lì un accordone e via, poi magari aggiungiamo anche un assolo’. La formula era questa. Per loro invece non era così: ognuno suonava una-due note, creavano un tappeto sonoro figlio dell’unione di tutti i singoli interventi. Era un intreccio di intenti. Cercavano l’armonia per la somma di cose. Il compianto Luca Bergia (batterista morto nel 2023, ndr) mi spiegò che lui non seguiva il ritmo del pezzo, ma la voce di Cristiano Godano. Questo faceva la differenza. I Marlene sprigionavano furore e allo stesso tempo equilibrio compositivo. Su tutto questo si innescavano i testi di Cristiano, semplicemente sorprendenti e meravigliosi”.
La nascita di “Catartica”
Dopo la collaborazione sulla compilation, i Marlene accettarono di lavorare con Maroccolo, nello Studio Sonica di Calenzano, sul loro primo album, che si sarebbe poi intitolato “Catartica”, un progetto seminale per il rock italiano. “Ascoltai i provini, il potenziale era pazzesco – racconta Maroccolo – alcuni dissero poi che, agli inizi, ricordavano tanto i Sonic Youth. Mah, io ho sempre pensato che avessero una cifra personale incredibile e cristallina. Che non andava in nessun modo intaccata. Non volevo che quell’alchimia fosse alterata da visioni particolari, tipo la mia, perché il loro suono era già definito e così decisi di fare un passo di lato. Pur supervisionando tutto, feci produrre il disco a Marco Lega, giovane talento con cui collaborare. E fu la scelta giusta. Con Marco la collaborazione fu proficua: insieme poi lavorarono anche sul successivo ‘Il vile’, che considero un altro gioiello, e su ‘Ho ucciso paranoia’, il terzo disco. Avevo timore che dopo un progetto quasi perfetto, in cui non si skippa nessuna canzone, come ‘Catartica’, che li portò ad avere sempre più pubblico e successo, avrebbero commesso l’errore di tentare di ripetersi, e invece non fu così. ‘Il vile’ lo dimostra”.
La cover di “Lieve” dei Csi
A contribuire all’esplosione dei Marlene Kuntz nella scena rock italiana fu anche la decisione dei Csi di realizzare una cover di “Lieve”, contenuta poi nell'album dal vivo “In quiete”, uscito nel 1994. Si trattava di un pezzo che i Marlene volevano scartare. “È tutto figlio della verità – sorride Maroccolo – nel momento di chiudere ‘Catartica’, i Marlene mi fanno sapere che vogliono scartare ‘Lieve’. Provo a farli ragionare, per me sarebbe stato un grave errore, ma l’ultima parola era sempre dell’artista. Un giorno, parlando con Giovanni Lindo Ferretti, che conosceva il lavoro che si stava portando avanti con i Marlene, gli feci ascoltare ‘Lieve’. Mi disse che avrebbe voluto farne una cover, che lo trovava un pezzo bellissimo. Sull’onda di quell’entusiasmo, gli dissi: ‘Giovanni, perché non chiami Cristiano e non convinci i Marlene a tenere il brano nel disco?’. Qualcosa successe perché ‘Lieve’ alla fine ritornò dentro ‘Catartica’ e la nostra cover, come Csi, senz’altro consacrò la canzone”.
Il metodo Marlene
A colpire Maroccolo, oltre alle doti autorali e compositive dei Marlene, è sempre stato anche il loro approccio alla musica. “Io sono sempre stato convinto che di talenti in giro ce ne siano sempre stati tanti, anche oggi ce ne sono - conclude Maroccolo - ma vanno supportati e lasciati fiorire senza gigantismi. I Marlene, sin da subito, mostravano una grande intelligenza nel gestirsi. Per loro quel primo disco di successo non fu un punto di arrivo, ma un inizio. Io, dentro di me, ho sempre pensato che sarebbero diventati una grande band anche per il metodo con cui lavoravano: educazione, sinergia, rispetto. Pochissime le litigate tra loro a cui ho assistito. E tutto, ovviamente, aveva al centro un grandissimo amore per la musica”.