Bob Marley: "One love", un estratto dal romanzo

Si intitola "One Love" il nuovo romanzo di Federico Traversa dedicato a Bob Marley, disponibile da mercoledì 22 novembre e pubblicato da Il Castello marchio Chinaski Edizioni.
Traversa ricostruisce vicende note e meno note che hanno portato Marley a diventare un’icona mondiale della musica prima, e un faro culturale e religioso poi. Non una sistematica biografia, ma un susseguirsi di racconti e fotografie narrative che porta il lettore nella vita di Marley e nella cultura in cui è cresciuto, tra dreadlocks, passione per il calcio, donne e marijuana.
Il libro sarà presentato dall’autore in una serie di appuntamenti accompagnato da ospiti speciali, ma diventerà anche uno spettacolo itinerante con reading e musica dal vivo.
23/11 Feltrinelli Duomo Milano con Bunna degli Africa Unite e Fabio Merigo dei Bluebeaters
25/11 Mondadori Sestri Ponente (GE) con Andrea Rinaldi
30/11 Qubit Torino con Bunna degli Africa Unite e Fabio Merigo dei Bluebeaters
1/12 Sally Brown Rude Pub Roma con Alberto Castelli
3/12 Teatro San Giorgio Cavallermaggiore (CN) con Bunna degli Africa Unite e Fabio Merigo dei Bluebeaters
8/12 Associazione ALEC Alba (CN) con Andrea Rinaldi
Stadio Nazionale, Kingston, 1978.
Le note di “Jamming” esplodono incendiando la notte mentre lo Stadio Nazionale di Kingston ribolle di energia. Doveva essere una festa e un inno alla pace e le aspettative si stanno avverando, anche se non sono mancati momenti di tensione. Jacob Miller si è acceso una canna sul palco durante la sua esibizione e Peter Tosh ha attaccato duramente i malvagi magheggi della politica, denunciando i disagi della povera gente. E poi si è acceso uno spinello gigantesco pure lui, mentre la sua hit “Legalize It” veniva cantata da tutto lo stadio. Bob ci ha messo tanto a convincerlo, Peter non ne voleva proprio sapere di salire su questo palco. Gli ha detto di aver avuto una visione: tutti quelli coinvolti nel concerto sarebbero morti giovani. Ma alla fine ha accettato. Bob è stato persuasivo. Ha investito cinquantamila dollari di tasca sua per dare vita a questo concerto. Ormai non è più una questione di musica, soldi, fama. Ormai è una missione per conto di Dio e della gente, il resto viene dopo.
E ora, ora che la notte sta esplodendo in un orgasmo di luce, Bob si sente davvero a casa finalmente; e balla, balla tarantolato senza freni. Non è più un cantante ma qualcosa di diverso, di più potente e indecifrabile. È un leader spirituale, è un attivista politico, è uno sciamano ma anche un messaggero. Alcuni hanno pensato, dopo la recente uscita di “Kaya”, che si sia ammorbidito. Il nuovo disco parla di amore, meditazione, erba e buoni sentimenti. “Marley si è rammollito” ha detto qualcuno. Ma lui non ci ha dato peso e ha tirato dritto. Quell’album gli serviva per rallentare un po’ la pressione e fare in modo che il suo messaggio arrivasse in quei posti dove ancora non era arrivato. E la previsione, nonostante le preoccupazioni di Blackwell, si sta avverando, con richieste di concerti ovunque, persino in paesi impensabili prima come Nuova Zelanda, Australia e Giappone. Ma un suono più morbido non vuol dire un messaggio diluito, e stasera Tuff Gong lo ricorderà a tutti. “Lasciate che vi dica una cosa”, attacca senza smettere di ballare, “per fare in modo che tutto diventi realtà, dobbiamo stare insieme, e attraverso lo spirito dell’Altissimo, di Sua Maestà l’Imperatore Hailé Selassié I, ora invitiamo le due persone più importanti di questo posto a venire qui e stringersi la mano... Per mostrare alle persone che le amate, per mostrare alle persone che vi riappacificherete, mostrare alle persone che le amate davvero e che tutto si risolverà. Guardate, guardate, guardate, cosa state facendo, perché voglio mandare un messaggio là fuori. Voglio dire, non sono così bravo a parlare, ma spero voi capiate cosa sto cercando di dire...”
Bob sembra quasi posseduto, continua a ballare, alternando il canto a quel lungo discorso rivolto alla gente accorsa alla sua fonte, desiderosa di abbeverarsi con le sue parole. “Beh, sto cercando di dire, potremmo avere, potremmo avere, quassù sul palco la presenza di Mr. Michael Manley e di Mr. Edward Seaga. Voglio solo fargli stringere la mano e mostrare alla gente che faremo le cose per bene, ci uniremo, faremo le cose per bene, dobbiamo unirci. La luna è proprio sopra la mia testa, e io vi do il mio amore.” E poi succede l’imprevedibile: Seega e Manley salgono sul palco, rigidi e orribili come solo certa politica, e si stringono la mano, una stretta lunga che Bob innalza sopra la sua testa al mantra di Jah Rastafari, con la pace che diventa diritto e non dono, reclamata da un popolo e dal suo messaggero in una notte qualunque di inizio estate.