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Dagli Xero alla vetta: la storia dei Linkin Park

Un estratto da "One step closer", il libro di Jeff Blue sui Linkin Park
Dagli Xero alla vetta: la storia dei Linkin Park

E' nelle librerie “One step closer”, di Jeff Blue, il libro che racconta la storia dei Linkin Park dal punto di vista della persona che li ha scoperti, puntando su di loro quando ancora nessuno avrebbe scommesso sul successo della band (300 pagine, 22 euro).
Ecco come lo descrive l'editore Il Castello, che lo pubblica nella collana Chinaski Edizioni:

"Partendo da un punto di osservazione privilegiato, “One Step Closer” rivela l’incredibile storia di un gruppo che, sopravvissuto a innumerevoli rifiuti, ha superato le aspettative di tutti ed è diventato la voce di una generazione. Questa vicenda parte dagli albori dei Linkin Park: la loro prima demo, gli instancabili sforzi per perfezionare quel suono così particolare, la scoperta di un giovane e incasinato cantante di Phoenix (Arizona) di nome Chester Bennington, la lunga corsa verso la vetta delle classifiche. Il giovane editore musicale Jeff Blue, aspirante discografico, era lì con loro quando nessun altro credeva nel gruppo, e questo è il suo ricordo di quell’incredibile viaggio". 

Per concessione dell'editore, pubblichiamo un estratto dal libro: il racconto del primo incontro dell'autore con la band, che allora si chiamava Xero.

Sono entrato proprio mentre gli Xero salivano sul palco. Ho sentito le farfalle allo stomaco. Nessuno sapeva chi fosse la band. Sembrava che a nessuno importasse. Brad, con le cuffie in cima ai capelli ricci, macinava riff sulla sua chitarra dalla tracolla bassa, mentre l’abile rapper e il cantante si muovevano sul palco, insieme al DJ che sembrava essere un elemento musicale più attivo rispetto ai disk jockey di facciata usati come oggetti di scena nella maggior parte dei gruppi rap rock. Non avevo mai incontrato i ragazzi, ma in qualche modo mi sentivo connesso a loro. Lo show era crudo ed energico, il rapper appariva coinvolgente e il gruppo sembrava divertirsi. Mi avevano catturato, fino a quando qualcuno accanto a me non ha sghignazzato esclamando: “Quel rapper sembra un puffo”. 
A quel punto ho capito che stava indossando un berretto bianco, occhiali blu e guanti bianchi. Merda, pensavo. In effetti assomiglia a un puffo. Ho concentrato di nuovo i miei pensieri sulla band.
Dopo circa due minuti, le persone hanno cominciato a parlare tra loro perdendo interesse nei confronti dei ragazzi, che davanti alla platea ci stavano mettendo il cuore.

Ho preso qualche rapido appunto su un tovagliolo. “Voce stonata. Presenza scenica imbarazzante. Canzoni decenti. Non hanno legato col pubblico”. Con l’ultima canzone che stava risuonando, ho buttato giù alcune conclusioni e scarabocchiato: “Potenziale!”.
Mentre infilavo il tovagliolo in tasca, un ragazzo di fianco a me si è chinato sulla mia spalla. “Stai prendendo appunti su questa band? Hai dimenticato di scrivere fanno schifo”.
“Amico, dai! Non hai idea di quanto sia difficile lassù, ed era il loro primo concerto” - difendevo il complesso.
“Sei un A&R?” - mi ha chiesto.
“Be’, più o meno. Vorrei esserlo. Sono un editore musicale della Zomba”. “Zomba? Mai sentita. Lavoro alla Columbia Records come assistente nel reparto A&R. Io non sprecherei il tuo tempo con questi ragazzi. Xero? Questo li descrive bene”.
“Grazie per il consiglio. Il chitarrista è un mio tirocinante. Sono venuto soltanto per dare il mio sostegno, ma deciderò da solo”. L’ho presa sul personale ma poi ho realizzato che il compito di un A&R è quello di fornire giudizi immediati. Tuttavia ho mormorato: “Che stronzo” - mentre salivo le scale verso i camerini.

Brad mi ha salutato annuendo con la testa: “Ce l’hai fatta. Mi sembrava di averti visto tra il pubblico. Ehi, ragazzi. Questo è il mio capo, Jeff” - ha detto alla band, che era tutta ricoperta di sudore.
“Grazie per essere venuto” - ha sorriso il rapper. “Mi chiamo Mike. Piacere di conoscerti”.
“Lieto di conoscervi tutti. A proposito, bel set. Mi piace molto la canzone ‘Rhinestone’” - ho ammesso, mentre gli altri gruppi si ammassavano nella sala relax, e la musica risuonava attorno a noi.
“Volevo soltanto salutarvi. Magari possiamo parlare più avanti, in una stanza più tranquilla e meno madida di sudore” - ho gridato. “Lascio che vi diate una ripulita”.
“Ci vediamo lunedì” - ha risposto Brad urlando.

Il lunedì mattina seguente, Brad è arrivato prima del solito. Gettando il suo giubbotto Adidas sul divano, si è piazzato davanti alla mia scrivania. “Allora, sul serio, cosa ne pensi?”.
“Senti, amico, è stato bello vederti dal vivo. Sei stato fantastico, e qualcosa c’è, ma manca qualcos’altro”.
“Ok, hai qualche critica costruttiva?”.
Dando un’occhiata ai miei appunti, leggevo: “Le canzoni erano buone, ma potevano essere migliorate. Il rapper è stato unico, aveva uno stile canoro interessante, ma la voce solista era stonata, a dire il vero. La band nel suo complesso potrebbe essere più affiatata, ma vi siete divertiti e questo era evidente. Per essere il primo concerto, mi è chiaro come ci sia del vero potenziale. Sono davvero colpito”.
“Ti va bene se porto i ragazzi in ufficio? Sarebbero felici di parlare con te”. “Certo. Sono qui per questo. Mi piacerebbe conoscerli”.

Due giorni dopo, Mark Wakefield - il cantante solista - un giovane alto e sicuro di sé, con una presenza enigmatica e accattivante, camminava lentamente lungo il corridoio. Gli ho teso la mano per stringere la sua, e lui mi ha fatto cenno a testa alta, poi ha allungato la mano per stringere la mia. Lo seguiva Mike Shinoda, il rapper, che si è fermato a fissare un Disco d’Oro degli A Tribe Called Quest. Era silenzioso e assorbiva tutto ciò che accadeva nell’ufficio. Sorrideva educatamente e mi ha stretto la mano, seguito dal bassista Dave Farrell e dal batterista Rob Bourdon, che sembrava un surfista. Il DJ Joe Hahn appariva tranquillo e riservato. Brad è entrato per ultimo con un moto d’orgoglio mentre salutava dei dipendenti alla Zomba. Ho bussato alle porte di alcuni uffici e presentato la band a certi dirigenti. Era un comitato di benvenuto al completo. Brad aveva già fatto una grande impressione su tutti i membri dell’azienda. Seduto in ufficio, la mia mente era incuriosita mentre ascoltavo Mike che - con meticolosità e intelligenza - faceva domande a raffica alternandosi con le osservazioni intuitive di Brad, raggiungendo il culmine con le nuove idee per le canzoni che lo stesso Mike stava riproducendo per me e che aveva registrato nello studiolo della sua camera da letto.

Ho messo in pausa il registratore. “Scusate se vi faccio una domanda banale” - ho esordito, “Ma come vi siete incontrati?”. 
“Conosco Mike da quand’eravamo bambini” - ha risposto Brad. “Ci siamo imbattuti in Rob e Mark alle superiori, ad Agoura. Io ho incontrato Dave all’UCLA, e Mike ha conosciuto Joe alla scuola d’arte”. C’era una dinamica interessante tra Mark, Mike e Brad. Ognuno di loro emanava diverse qualità di leadership, e mi chiedevo come avrebbero interagito a livello di squadra. Mark sembrava essere il leader, ma appariva evidente fin da questi primi minuti che Mike fosse più riflessivo e creativo e, in ultima analisi, il tipo tranquillo che assumeva il controllo. Non parlava molto ma, quando lo faceva, le sue parole avevano uno scopo. Era analitico, mentre assimilava tutto ciò che dicevo insieme all’ambiente che lo circondava. Discutevamo di musica, del business relativo all’editoria musicale e di contratti discografici. Non ho potuto fare a meno di notare le differenze etniche e culturali in seno alla band. Mike aveva origini giapponesi, e Joe era coreano. Ero affascinato sotto molti punti di vista.
“Quali sono le vostre influenze musicali? So che Brad è un fan sfegatato dei Metallica e mi prende in giro perché mi piace il Black Album” - ho riso. “Non sei un vero fan dei Metallica se il tuo disco preferito è il Black Album. Sia Master of Puppets sia ...And Justice for All distruggono il Black Album. A Jeff piacciono solo le hit commerciali” - sghignazzava Brad.
“Non offendere la sensibilità di Brad verso i Metallica” - ha sorriso Mike. “Hai mai sentito parlare degli Styles of Beyond? Adoro anche i Wu-Tang Clan e i Depeche Mode. E tu?”.
“Io amo di tutto: dai Queen, Nina Simone, Mary J. Blige, Led Zeppelin, Depeche Mode, Stone Temple Pilots; a Miles Davis, John Coltrane, Bee Gees, i singoli di successo del pop anni ‘70, George Michael, Tupac, Jay-Z, Dr. Dre; fino ai KISS e ai Motley Crüe. Anche un po’ di country. Purché abbia un’identità, un suono, io possa canticchiarlo ed evochi in me un’emozione o una reazione” - ho detto.
“Spazi un po’ ovunque! Cos’hai pensato di noi?” - chiedeva Mike.

Il suo tono mi ha colto di sorpresa e fatto sentire come se fossi io quello sul palco, ma le sue domande erano dirette e sicure.
“Considerando che ho assistito al vostro primo e unico concerto, ho la sensazione che qui ci sia qualcosa. Penso che tu e Brad abbiate una chimica intrigante, ma è molto presto. Ho bisogno di più tempo per darvi un vero responso. A parte questo, avverto una sensazione speciale. Hai presente quando ti si rizzano i peli sul braccio e senti uno strano formicolio nello stomaco?”.
“Non vorrei sembrare cinico, ma come prendi le decisioni? Come fai a decidere chi ce la fa e chi non ha talento?” - ha continuato Mike con rispetto. “Me lo chiedo ogni giorno” - sorridevo. “Ho solo fiducia in me stesso nel sapere quando potermi fidare degli altri. Ci sono alcune qualità indefinibili che percepisco negli artisti e che m’ispirano a investire tempo ed energie per aiutarli a raggiungere il loro pieno potenziale. Ho un forte senso della musica e, quando sto al mio meglio, sono in grado di trovare e far emergere il talento e le qualità da persone che non sapevano nemmeno di averli”.
“Come funziona?” - si è unito Joe.
“Posso vedere la luce alla fine del tunnel e posso indirizzarti lì, ma non posso costringerti a raggiungerla. Perché questo rapporto funzioni, richiede fiducia e comunicazione. Questo non significa che io e l’artista andremo pienamente d’accordo o che saremo sempre in armonia. La capacità di discutere su qualcosa è positiva se spinge l’artista a migliorarsi. La musica mi consuma come una bestia. Desidero così tanto che l’artista abbia successo che, quando il pieno potenziale di qualcuno non viene raggiunto, la cosa mi stressa emotivamente e fisicamente”.
“Come il dottor Jekyll e Mister Hyde?”. “Proprio così” - ridendo. “A volte faccio il duro e ti spingo a desiderare di volermi uccidere. Gli artisti sono quasi sempre convinti di funzionare al massimo delle proprie capacità. In un gruppo convivono personalità differenti e non tutte operano allo stesso livello nello stesso momento. Io coglierò le tue caratteristiche migliori e ti farò capire quando non starai dando il meglio di te, anche quando crederai di dare il massimo. Avete presente quando si corre su per una collina e si è convinti di stare per crollare e morire? Be’, quello è il vostro cervello che sta semplicemente lanciando un segnale d’allarme, per proteggervi. In realtà, il vostro corpo ha ancora un 10% in più di corsa, prima di collassare. Preparatevi, perché io vi spingerò a quel 9% in più prima che voi moriate per davvero... o che mi uccidiate, nel frattempo. Questo farà la differenza tra le stelle e il fallimento. Ma, ripeto, non posso farlo da solo”.

“Quindi, potresti essere attratto dal lavorare con noi?” - ha domandato Mark, sdraiandosi sul suo sedile con una gamba distesa e la schiena reclinata, cercando chiaramente di apparire come quello ad avere il comando. “Se tu sei interessato, dopo tutti gli orribili avvertimenti che ti ho appena dato su quanto io possa diventare pesante, devi avere un’anima coraggiosa. Far crescere un gruppo implica un sacco d’impegno, ma potrei trovarmi d’accordo. Lasciatemi lavorare all’idea”.
Brad ha sorriso e tirato fuori una scatola. “Prima di andarcene, buon compleanno!”.
Ho aperto il coperchio per scoprire un paio di tute Adidas nuove.
“Se vuoi passare del tempo con noi, devi avere l’aspetto giusto” - ha aggiunto. “La combinazione fra le Nike e i jeans della Gap non va bene”.
Ho abbracciato la band nel salutarla, invitando i ragazzi alla mia festa di compleanno per quel fine settimana. Sapevo che stavo per ingaggiarli e mi sono reso conto che per farlo avrei dovuto rinnovare il mio guardaroba.
 

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