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Quando Marilyn Manson creò il suo ‘Ziggy Stardust’

I venticinque anni di ‘Mechanical Animals’
Quando Marilyn Manson creò il suo ‘Ziggy Stardust’

“La maggior parte delle persone, secondo la definizione standard del dizionario, sono androidi. Non c'è motivo di immaginare un mondo fantascientifico di persone con il metallo incapsulato: le persone che vedi in giro sembrano esseri umani, ma non si comportano come tali. Non esprimono alcun tipo di creatività, non mostrano alcuna emozione”.

Marilyn Manson, 1999


Due anni dopo l’uscita del bizzarro e audace debutto shock rock, ‘Portrait Of An American Family’, cui fece seguito il delirante EP ‘Smells Like Children’, per Marilyn Manson e la band omonima al suo nome, da lui capitanata, fu la volta di ‘Antichrist Superstar’. Pubblicato nel 1996, quel disco corrosivo garantì all’allora quintetto formatosi in Florida - e composto, oltre al leader Manson, dal bassista Twiggy Ramirez, dal chitarrista Zim Zum (subentrato al co-fondatore del gruppo Daisy Berkowitz), dal tastierista Madonna Wayne Gacy e dal batterista Ginger Fish -, un successo stratosferico per nulla scontato (a oggi sono sette milioni le sue copie vendute). Un successo che crebbe di pari passo con l’identificazione del cantante, sollecitata dai media, nella perfetta incarnazione del Male, al punto che furono molte le esibizioni del “Dead To The World Tour”, atto a promuovere l’album fino al settembre 1997, a essere picchettate da organizzazioni religiose (viepiù preoccupate per l’allarmante influenza che un personaggio tanto blasfemo come Manson poteva esercitare sui più giovani). 
Al culmine della popolarità, tuttavia, il frontman ripensò interamente il progetto della band, facendo in un certo senso tabula rasa di ciò che questa aveva rappresentato fino a quel momento, e lo fece sia in termini di immagine, sia in termini musicali. Ciò risultò evidente nel momento in cui l’attesissimo ‘Mechanical Animals’ - un rimando, il titolo, al brano di Charles Manson “Mechanical Man” - fu pubblicato dalla Interscope Records il 15 settembre del 1998. 


Ziggy Manson - una nuova metamorfosi

Sul finire del 1997, Manson e la band cominciarono a lavorare seriamente su ‘Mechanical Animals’ spalleggiati dai produttori Dust Brothers, portando anche a compimento la composizione di una serie di tracce. In questa fase, il gruppo stese il nuovo materiale nello studio del cantante, il “White Room”, così chiamato per i suoi interni completamente bianchi. Al giornalista britannico Paul Elliott Marilyn spiegò come il tema del bianco emergesse molto nelle canzoni del nuovo album, andando a rappresentare “un vuoto incolore; sentimenti ed emozioni che abbiamo cercato di riempire con la musica”. La partnership coi Dust Brothers non andò però a buon fine, e lo stesso esito ebbe la partecipazione di Billy Corgan, che fu chiamato da Manson per figurare come tutor durante il collaudo dei brani. Corgan apprezzò la nuova linea del songwriting improntata non tanto al rock industriale di ‘Antichrist’, quanto più a un glam anni Settanta che stavolta, come si cominciò a vociferare dall’esterno, si avvicinava particolarmente al Bowie-sound di ‘Diamond Dogs’. Nella band, nondimeno, vi fu chi detestò l’arroganza di Corgan, trovando inoltre superflua la di lui presenza in studio; Madonna Wayne Gacy parlò aspramente col “New Musical Express” a proposito del coinvolgimento del leader degli Smashing Pumpkins, e di quanto costui fosse “convinto di essere importante quanto Brian Eno”. Il tutoraggio di Corgan fu in ogni modo inutile a prescindere, dacché Manson aveva già una visione molto ben delineata - lo dichiarò egli stesso - del risultato che avrebbe voluto ottenere con le nuove canzoni.
Pertanto, una volta che il materiale fu pronto per essere registrato, Manson impiegò il noto Michael Beinhorn per coprodurre il disco e insieme a lui fu chiamato anche Sean Beavan, per fornire un ulteriore aiuto.
Zim Zum fu ancora presente durante le sessioni, deponendo il suo contributo su quasi tutti i brani, ma l’atteggiamento poco propositivo mostrato da questi verso il lavoro lo portò a essere sostituito da John Lowery, esperto chitarrista già al fianco di Rob Halford, storico cantante dei Judas Priest, nel progetto Two. Lowery fu prontamente ribattezzato “John 5” da Manson, un nickname da cui il musicista, oggi membro ufficiale dei Mötley Crüe, non si sarebbe mai più separato.


L’elaboratissimo videoclip del primo singolo estratto da ‘Mechanical Animals’, “The Dope Show”, si rivelò essere anche una presentazione di quello che era in realtà il concept stesso dell’album, dove il protagonista Manson vestiva sia i panni di Omēga, messia alieno e androgino presto divenuto tossico e insensibile all’universo (dopo essere “caduto sulla terra” e trasformato con la forza in un “prodotto” musicale), sia di Alpha, altra fantasiosa entità extraterrestre rimasta alienata a causa della troppa assenza di emotività da parte degli umani, dallo stesso identificati come meri “animali meccanici”. 

Manson/Alpha e i suoi seni finti apparvero sulla copertina dell’album, che debuttò direttamente al primo posto nella classifica di 'Billboard', configurandolo specificamente nel modo in cui il cantante sentiva di essere percepito agli occhi del mondo, ovvero come una creatura “androgina e al tempo stesso asessuata”.


Riscrivere il futuro - Il glam hi-tech di ‘Mechanical Animals’

La potente e distintiva produzione che fu conferita ai quattordici brani di ‘Mechanical Animals’ risalta ancora oggi e in modo prepotente, in special modo se si pensa al fatto che si tratta di un lavoro realizzato ben venticinque anni fa. Manson presentò il disco come un album prettamente “rock”, e quindi un album che potesse e dovesse essere inteso necessariamente come “esagerato, pretenzioso e teatrale”. Disse anche che il lavoro metteva a nudo una certa sensibilità mai mostrata prima dal suo gruppo. “Tutto è ipersensibilizzato”, fece sapere ai media; “sia il dolore sia l’amore sono oggi più estremizzati, da qui la necessità di un cambiamento nella musica, che in questa nostra fase si situa più nella tradizione ampollosa dei Queen e di Bowie. Alcune band sono spaventate dall’idea di non suonare pesanti per tutto il tempo, ma non è il mio caso”. Del resto, specificò, “[l’album] è in molti sensi più mainstream perché sono anch’io a esserlo. Non penso di essermi venduto; più semplicemente, mi sono adattato all’ambiente di cui ora faccio parte”.

Le note distese e introduttive di “Great Big White World”, forse il momento clou, sul piano sonoro, di ‘Mechanical Animals’, dipingono un tempo ovattato e sospeso, un mondo freddo e indefinito, e così il resto del disco, dall’energico brano omonimo fino allo splendore malinconico di “The Last Day On Earth” e “Coma White” (di cui si ricorderà il video con Manson nelle vesti di un gotico John Kennedy e l’allora fidanzata Rose McGowan in quelle della vedova Jackie), formano insieme un composto musicale perfettamente denso e coeso.

Le chitarre filtrate ricadono su patine livellate di sintetizzatore, mentre le ritmiche e i ritornelli restano tanto memorabili quanto lo sono nel loro essere incisivi. Si pensi in questo senso alla compiutezza insita in “Rock Is Dead”, inno elettro-glitter ormai mitico di fine millennio. Droghe, vuoto, sesso meccanico (come quello dipinto nella perversa composizione “User Friendly”), unitamente a un perenne senso di spaesamento, sono anche e soprattutto i testi qui approntati da Manson a spiccare in maniera pronunciata. Nella decadente “Disassociative” è Alfa, l’alieno dai capelli rossi, a riferire che lassù, dallo spazio, il pianeta terra è visto come un posto sin “troppo grigio”. Altrove, in “New Model No. 15”, la traccia più scattante di ‘Mechanical Animals’ - ma insieme a ‘Posthuman’, altra perla techno-rock -, Marilyn sostiene invece di essere “falso quanto una torta nuziale” (“as fake as a wedding cake”), e quindi, pur sempre ironicamente, “pietosamente prevedibile” e “corretto politicamente”. L’altro singolo più popolare dell’album, “I Don’t Like The Drugs (But The Drugs Like Me)”, il cui tempo ricalca palesemente quello della bowieana ‘Let’s Dance’, utilizza il contributo del chitarrista dei Jane’s Addiction Dave Navarro, allora membro ufficiale dei Red Hot Chili Peppers (coi quali registrò l’album ‘One Hot Minute’). La malinconica “The Speed Of Pain”, con la voce del ritornello filtrata nel vocoder, sembrerebbe uscita da ‘The Rise and Fall of Ziggy Stardust and The Spiders From Mars’, anche se poi, secondo taluni, la traccia percorrerebbe idealmente alcuni anfratti sonori più vicini a “Welcome To The Machine” dei Pink Floyd (dal capolavoro ‘Wish You Were Here’).

All’epoca, osservandolo sotto il profilo del packaging, ‘Mechnical Animals’ rifletteva poi una certa propensione all’originalità rispetto alle normali confezioni standard del CD. Forte di una invitante custodia blu/celeste il disco, oltre a poter essere ascoltato su un normale lettore, se inserito in un PC celava al suo interno un inquietante dipinto a opera di Manson stesso. La controversa celebrità dell'artista, fra l’altro, continuò a essere messa sotto la lente di ingrandimento, e la pressione da parte dei suoi detrattori e di tutti coloro che sin dapprincipio avevano cercato di osteggiarlo non trovò tregua. Durante il ‘Mechanical Animals Tour’, da cui furono in seguito estratti il live ‘The Last Tour On Earth’ e il film-concerto ‘God Is in the T.V.’, i fautori di un certo fondamentalismo religioso si spinsero persino ad additarlo come il mandante morale dell’inquietante massacro della Columbine High School (dramma di cui si sarebbe poi occupato, in maniera impareggiabile, anche il regista Gus Van Sant col suo ‘Elephant’). In conseguenza di ciò, e nel rispetto delle vittime del fatto, alcuni spettacoli furono annullati. 

‘Mechanical Animals’, con tutto ciò, resta un disco con una certa valenza e una certa peculiarità storica, ed è probabile che coloro che lo scoprirono o lo acquistarono all’epoca della sua uscita non abbiano mai smesso di apprezzarlo o riascoltarlo. Come si fa, del resto, con tutti quegli album che nei decenni passati hanno saputo lasciare un segno presso i cultori di musica.

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