Enzo Jannacci, la storia di "Vengo anch’io, no tu no"

Qui il nostro speciale di oggi su Enzo Jannacci nel decennale della scomparsa.
ENZO JANNACCI
Vengo anch’io, no tu no.
Il brano che scaglia Jannacci, a 32 anni, nella sfera della popolarità, in vetta alla hit parade (mezzo milione di copie vendute con passaggio di etichetta da Jolly a RCA), segnando di fatto l’abbandono quasi definitivo del dialetto e dei temi più intimi e patetici, nasconde ben altro. La marcetta del tormentone “Vengo anch’io, no tu no”, scandita da un beffardo trombone e cantata a squarciagola perfino dagli infanti, è in verità una canzone diabolica, senza speranza, la solitudine delle illusioni e dei rifiuti. Nasce due anni prima come una sorta di cantamaggio con Jannacci che ha già le note e improvvisa di volta in volta un testo buttato lì secondo umore e circostanze. Nel 1967, all’imminenza del nuovo album, Jannacci si trova con Dario Fo e la canzone prende quota tra nonsense e citazioni, fino all’incontro con lo sceneggiatore romano Fiorenzo Fiorentini che aggiunge due strofe.
Si potrebbe andare tutti quanti ora che è primavera
Con la bella sottobraccio a parlare d’amore
E scoprire che va sempre a finire che piove
E vedere di nascosto l'effetto che fa
Vengo anch'io, no tu no
Si potrebbe poi sperare tutti in un mondo migliore
Dove ognuno sia già pronto a tagliarti una mano...
L’ultima strofa, conclusiva in tutti i sensi, viene concepita insieme agli amici milanesi Cochi e Renato, di stanza nella milanesissima Porta Cicca: “Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale…”, con la versione “e scoprire che per tutti è una cosa normale” a sostituire l’originale misteriosamente censurato: “E scoprire che poi piangono solo le suore”. In verità la RCA ha cesoiato molto altro, addirittura due strofe decisamente più forti e politiche, parto soprattutto di Dario Fo. La prima sulla situazione in Congo che nel 1965 porta alla dittatura più spietata: “Si potrebbe andare tutti insieme nei mercenari giù nel Congo da Mobutu a farci arruolare poi sparare contro i negri col mitragliatore, ogni testa danno un soldo per la civiltà”. La seconda sulla sciagura mineraria di Marcinelle: “Si potrebbe andare tutti in Belgio nelle miniere a provare che succede se scoppia il grisù, venir fuori bei cadaveri con gli ascensori fatti su nella bandiera del tricolor”. La domanda di chi vuole esserci comunque è: “Vengo anch’io”. Anche la risposta è sempre quella dell’emarginazione a prescindere: “No tu no!”.
Questo testo è tratto da "La musica che resta" di Federico Pistone, pubblicato da Arcana, per gentile concessione dell'autore e dell'editore. (C) 2020 Lit edizioni s.a.s.
