Il disco del giorno: Nick Drake, "Five Leaves Left"

Nick Drake
Five Leaves Left (Cd Island 842915-2)
In una striscia dei Peanuts di molti anni fa si parlava di quelle giornate piovose in cui si dovrebbe «stare a casa, bere tè e ascoltare dischi di canzoni tristi»; nel caso in cui l’inizio del mese vi porti una di queste giornate la musica ideale per accompagnarvi è quella di Nick Drake, la cui voce è l’incarnazione stessa della malinconia. Completamente ignorato dal pubblico finché era in vita, Drake (perseguitato fin dai suoi esordi da una timidezza patologica che gli impediva di esibirsi dal vivo con frequenza) realizzò solamente tre album prima di ingoiare una grossa dose di antidepressivi e porre termine alla sua esistenza a 26 anni. Naturalmente dopo la sua morte il suo lavoro ha ottenuto un progressivo successo che contrasta
amaramente con le delusioni riservategli in precedenza.
"Five Leaves Left", pubblicato nel 1969, è il suo disco d’esordio e rivela il ventunenne Drake già in possesso di una stupefacente maturità stilistica nella perfezione melodica e formale delle canzoni, immerse in atmosfere prevalentemente acustiche dove la chitarra di Drake e il contrabbasso di Danny Thompson (proveniente dal gruppo Pentangle) la fanno da padroni, supportati da bellissimi arrangiamenti per archi di Robert Kirby, con brevi apparizioni del piano di Paul Harris e della chitarra di Richard Thompson; sono rapidi quadri sorretti dalla magnifica voce di Drake, dolcemente appoggiata sui registri medio-bassi, che descrive testi visionari e ricchi di simboli senza mai esibirsi in istrionismi.
Il clima del disco non è dissimile da un altro album di pochi anni successivo, "Solid Air" di John Martyn (non a caso anche quello prodotto da Joe Boyd, eminenza grigia della scena folk-rock anglosassone di quel periodo) anche se Drake non possiede i picchi di aggressività da blues singer di Martyn preferendo un atteggiamento più discreto e interiore, regalandoci melodie commoventi come "Way to Blue", "Fruit Tree", "River Man" e "Day Is Done".
Purtroppo nell’Inghilterra musicale infuocata da Hendrix e "Street Fighting Man" dei Rolling Stones il pubblico non sembrava avere tempo per prestare la dovuta attenzione alle miniature a puntasecca realizzate da questo artigiano della canzone, che non ha mai scritto un brano di livello scadente rimanendo dotato di una freschezza d’ispirazione che pochi altri suoi colleghi possono vantare.
Carlo Boccadoro, compositore e direttore d’orchestra, è nato a Macerata nel 1963. Vive e lavora a Milano. Collabora con solisti e orchestre in diverse parti del mondo. E’ autore di numerosi libri di argomento musicale.
Questo testo è tratto da "Lunario della musica: Un disco per ogni giorno dell'anno" pubblicato da Einaudi, per gentile concessione dell'autore e dell'editore.
