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Edda è l’anti-cantautore dei nostri giorni

L'album “Illusion”, prodotto da Maroccolo, è il bellissimo grido di chi si sente soffocare dal mondo
Edda è l’anti-cantautore dei nostri giorni

Si vuole spogliare dalla superficialità e dalle sovrastrutture, tentando di recuperare una sorta di purezza scomparsa. Questo approccio si riflette anche nella sua musica: un grido di libertà, una boccata d’ossigeno a pieni polmoni mentre ha la sensazione di nuotare in un mare di melma. “Illusion”, il nuovo album di Edda, è tanto magico quanto inusuale e distante dalla musica di oggi. Proprio come lo è lui. Lontano dai cliché, da una forma canzone archetipa, dall’idea che un brano abbia un tempo preciso di realizzazione: tutto ciò che è schema o recinto, per Edda, va abbattuto. Non con la forza di un atto violento o rivoluzionario, ma semplicemente con il mettersi talmente a nudo da diventare spiazzante. A rendere speciale il viaggio del cantautore milanese c’è il tocco magico di Gianni Maroccolo (Litfiba, CCCP, Deproducers), che ha curato la produzione musicale delle undici canzoni del progetto. I due hanno già collaborato fianco a fianco in “Noio; volevam suonar” del 2020, ma con questo disco l’arte di Stefano Rampoldi, questo il vero nome del cantautore milanese, lascia cadere definitivamente il velo.

Questo album è figlio di un periodo terribile. Siamo dentro una guerra e quindi stiamo perdendo tutti. Perché le guerre non sono fatte per essere vinte. Veniamo da una pandemia mondiale. Mia moglie non mi vuole più. E come se non bastasse ho Gianni Maroccolo che, nonostante sia appena uscito un disco nuovo, mi chiede se ho altre canzoni da proporgli…”, dice Edda in un continuo saliscendi fra crude verità e ironia, filo conduttore di ogni suo racconto inerente a “Illusion”. “Abbiamo registrato il disco durante la pandemia nello studio di Ron a Garlasco. Lui ha una casa lì vicino. Una villa. Deve essere simpaticissimo, spero un giorno di conoscerlo. Ho fatto amicizia con il suo cane, gli lanciavo la pallina – ricorda con il sorriso Edda – a 7 anni ho scoperto la sua esistenza. Mi ricordo una scena di un film erotico in cui lui corre nudo nei prati. La girò prima di diventare famoso come cantante (Il film è ‘Lezioni private’ per la regia di Vittorio Sisti)”.

Crearsi un fortino è stata una salvezza. “C’erano le camere per dormire, la mia compagna ci aiutava a cucinare: quello di Garlasco è il mio studio preferito perché è come essere in un monastero: si può lavorare tutto il giorno sulla musica – ricorda Maroccolo – eravamo in un nostro universo, ma ben consapevoli di quello che c’era là fuori in quel periodo storico. Stefano, con la sua musica, palesa una non accettazione della realtà, ma mai una mancanza di consapevolezza. Anzi, lui, mosso da una forte spiritualità, da non confondere con la religione, vorrebbe veder vincere un mondo retto sulla dolcezza e sull’onestà, ma predica nel deserto. E quel deserto lo fa soffrire. C’è un apparente nonsense nei suoi testi, ma non è così. Insieme a lui ho realizzato il disco che cercavo di anni”. Edda prosegue: “Lo abbiamo registrato in una settimana. Era difficile concentrarsi, fuori c’era la morte. Era il periodo peggiore per fare un disco. Mi ricordo che rimanemmo con Maroccolo tutta la notte a lavorare e poi il mattino dopo andai a prendere mio padre e lo portai a farlo vaccinare. Erano giorni di paura e disperazione”.

Le frizioni con il reale e le istituzioni sono continue nelle sue canzoni. “La famiglia, la religione, lo Stato, la società non mi piacciono. Mi hanno sempre creato problemi. Forse è per questo motivo che faccio musica. Sono uno che non dovrebbe stare al mondo, che soffre – confida il cantautore -scrivere canzoni mi permette di fare meno danni. Non sopporto le sovrastrutture della realtà”. Perché si chiama “Illusion”? “Perché è un’illusione pensare di vivere questa realtà – ammette Edda – io non sono Stefano Rampoldi. Una frase alla Carmelo Bene? Può darsi, per me è un pensiero più vicino al mondo Hare Krishna. Io non sono figlio di mia madre, non sono cittadino italiano, non sono stato lavoratore della Fiat. La domanda all’interno del disco è proprio questa: cosa sono?”.

Edda in questo progetto, grazie alla spinta di Maroccolo, canta e suona in modo radicalmente diverso. “Io ho cantato in trance, senza pensare a nulla. Il chitarrista di questo album sono io. Sono scarso, incapace, eppure Maroccolo ha voluto darmi questa responsabilità e questa scelta ha reso tutto il progetto più personale – sottolinea Edda – è come se avesse sfruttato nel modo giusto le mie lacune, è come se le avesse valorizzate. Il sound alla fine è maroccoliano al 100%. Scrivere canzoni per me può essere doloroso, ma certamente non pianificato o indotto da qualcuno, da un discografico o non so da chi. È come andare per funghi: se ci sono bene, se non ci sono nessuno può dirmi ‘raccoglili comunque’”.

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