Il destino di King Princess era quello di diventare una rockstar
Da ragazzina, seduta sulle ginocchia di suo padre, assisteva dietro al vetro, davanti al banco mixer, alle sessions degli Arctic Monkeys e degli Animal Collective, tra gli altri. Mikaela Mullaney Straus – questo il vero nome di King Princess – li guardava estasiata. Tra le pareti del Mission Sound Studio di Brooklyn era per tutti una sorta di mascotte. Le volevano tutti bene, se non altro perché quello studio era praticamente casa sua: suo padre, l’ingegnere del suono Oliver H. Straus Jr., lo aveva fondato quando lei aveva solamente due anni. Che il suo destino fosse quello di diventare una rockstar Mikaela lo aveva capito già quando a 11 anni dei discografici le proposero un contratto: troppo piccola per accettare. Una decina d’anni più tardi sarebbe diventata la prima artista a firmare per la Zelig Records, l’etichetta di proprietà del guru della musica pop degli Anni Duemila, Mark Ronson, che dopo aver lavorato con Amy Winehouse, Lily Allen, Dua Lipa e Lady Gaga ha scelto di puntare su di lei.
L’esordio con “Cheap queen” ha permesso alla 23enne cantautrice newyorkese di conquistare pubblico e addetti ai lavori, ritagliandosi uno spazio tutto suo tra le nuove stelle del cantautorato femminile internazionale under 30, da Girl in Red a Sasha Sloan. Dopo l’exploit del 2018 con il singolo “1950” – che lei, “non binaria”, ha presentato come un tributo alla comunità lgbtq+, della quale è diventata una paladina – King Princess si è ritrovata catapultata dalle pareti del Mission Sound Studio di Brooklyn ai palchi dei principali festival internazionali, dal Lollapalooza al Coachella, passando per Glastonbury: il brano su Spotify conta mezzo miliardo di ascolti a livello mondiale, oggi. Nel 2019 Harry Styles la scelse per aprire i concerti del suo “Love on tour”. All’elenco dei suoi estimatori si sono aggiunti anche i Red Hot Chili Peppers (anche loro l’hanno scelta come opening act) e i Florence and the Machine (per i quali aprirà alcuni show a settembre). E Taylor Hawkins dei Foo Fighters.
Il batterista accettò di suonare la batteria in uno dei brani contenuti nel nuovo disco di King Princess. E lo ha fatto, prima di scomparire improvvisamente lo scorso marzo a soli 50 anni. Il brano è uscito postumo: si intitola “Let us die” e chiude “Hold on baby”, appena pubblicato. L’idea di invitare Hawkins a suonare la batteria fu di Mark Ronson, che da discografico di King Princess ha supervisionato le lavorazioni del disco: “Mi disse: ‘Il pezzo spacca, ma abbiamo bisogno di un batterista che gli possa dare vita. Deve essere una persona in carne ed ossa, che respira dietro la batteria, non un loop’”, ha raccontato King Princess ai microfoni di Apple Music 1. Il batterista dei Foo Fighters non si è tirato indietro: “Ascoltarlo suonare la batteria dagli altoparlanti dello studio di mio padre, con mio padre seduto lì a guardare, è stato pazzesco. Si è preso tutto il tempo che gli serviva e ce l’ha fatta. Disse: ‘Grazie per aver pensato a me, adoro questa canzone’”. La scomparsa prematura di Taylor Hawkins per King Princess è stata una batosta emotiva: “Scrissi un messaggio a Mark. Ero devastata. L’avevo appena incontrato. Ho chiesto al suo team di poter pubblicare comunque la canzone. È un omaggio a Taylor”.
In “Hold on baby”, che spazia dall’indie rock al folk rock, passando per il pop da cameretta, oltre a Taylor Hawkins King Princess ha collaborato anche con Aaron Dessner dei National e Tobias Jesso Jr., l’autore della hit “When we were young” di Adele: “Non mi sentivo bene mentalmente. Poi tutto ha cominciato a rallentare. Io ho smesso di muovermi, di andare in tournée, di fare festa e di distrarmi – ha detto la cantautrice, parlando dello stop legato alla pandemia, che ha rallentato la sua ascesa al successo ma le ha permesso di ritrovare l’ispirazione – avevo bisogno di tornare alle cose davvero importanti vale a dire sedermi al tavolino o al piano e scrivere una canzone”. Avrebbe dovuto esibirsi in Italia lo scorso aprile, all’UnipolArena di Bologna, in apertura del concerto di Shawn Mendes poi rimandato e infine cancellato per i problemi di salute del cantautore canadese. Al momento il tour di “Hold on baby” non prevede passaggi in Europa.