Quando Lady Gaga finì nella lista dei cattivi della Russia
Nel 2017 scelse “This land is your land” di Woody Guthrie per aprire il Super Bowl e nel gennaio dell’anno scorso cantò l’inno nazionale statunitense in occasione della cerimonia di insediamento a Washington del nuovo presidente degli Stati Uniti, Joe Bide: Lady Gaga è da sempre una delle popstar più patriottiche della sua generazione e della scena statunitense contemporanea. Nel corso della sua carriera la 36enne cantautrice di origini italiane, che ha dedicato la sua nuova canzone “Hold my hand” agli eroi “della vita di tutti i giorni” (il brano fa parte della colonna sonora di “Top Gun: Maverick”, l’atteso sequel del film che nel 1986 lanciò Tom Cruise), ha mischiato musica e attivismo, show e militanza. Cacciandosi spesso nei guai. Come quella volta che finì nella lista dei cattivi della Russia.
Era il 2012. A ricordare l’episodio è stata la stessa Lady Gaga in occasione di uno dei concerti della sua residency al Park MGM di Las Vegas. Manifestando il suo supporto all’Ucraina, la voce di “Poker face” – da sempre paladina del mondo lgbtq+, al quale ha dedicato anche lavori come “Born this way”, del quale l’anno scorso ha festeggiato il decennale reincidendo alcune delle hit incluse nel disco del 2011 insieme ad alcune icone della scena, da Orville Peck a Big Freedia – ha ricordato di quando, in occasione di un concerto in Russia, criticò le leggi anti-gay del Cremlino. Sperando di essere arrestata. Non avvenne: “Mi avrebbero dovuto arrestare in Russia quando ne hanno avuto la possibilità. Ho detto loro di ammanettarmi, mi sono presentata lì con le truppe. Sono stati stupidi quel giorno e continuano ad esserlo ancora oggi”. Era il dicembre del 2012 quando Lady Gaga, all’apice del successo dopo due album come “The fame” e “Born this way”, in occasione di un concerto a Mosca non le mandò a dire al governo russo: “Alzati, Russia. Hai una notte per diventare insieme la voce della società, per l’eguaglianza a Mosca, l’eguaglianza in Russia. Quindi alzati per te stessa e per i tuoi amici. Dove sono tutti i miei figli gay stanotte? Stanotte questa è casa mia, Russia. E potete essere gay a casa mia. E se avrete mai bisogno di me, basta una telefonata”.
Contro le politiche anti-gay del Cremlino, poi, la popstar tornò a scagliarsi qualche mese dopo, stavolta non da un palco, ma tramite i suoi canali social: “L’escalation degli abusi del governo è arcaica. Spruzzare spray al peperoncino sugli adolescenti? Picchiarli? Madre Russia? Il governo russo è criminale. L’oppressione incontrerà la rivoluzione. Comunità lgbt russa, non sei sola. Combatteremo per la tua libertà”. La risposta del governo alle provocazioni di Lady Gaga, in quell’occasione, non si fece attendere. Tre mesi dopo l’uscita social della voce di “Bad romance”, le autorità russe puntarono il dito contro Gaga – nel mirino finì anche Madonna, rea, come la collega, di aver attaccato il governo manifestando solidarietà alla comunità lgbt – accusandola di essere entrata in Russia con un visto non valido.
Le autorità indagarono sul visto con il quale pochi mesi prima, in occasione dello show a Mosca, la popstar era riuscita ad entrare in Russia, considerato un visto turistico e dunque non valido, dal momento che Gaga stava entrando nel paese per lavorare. Si parlò, all’epoca, di una multa salatissima da pagare e addirittura di un’iscrizione del nome della popstar nella “blacklist” del paese: alla fine a pagare la multa, come stabilito dai giudici russi, furono i promoter locali del tour di Lady Gaga.