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I Tears For Fears raccontano "The tipping point" canzone per canzone

Roland Orzabal e Curt Smith
 analizzano brano per brano il nuovo album, appena uscito
I Tears For Fears raccontano "The tipping point" canzone per canzone

“The Tipping point”,  il nuovo disco dei Tears for Fears, è uno di quei dischi che in gergo tra giornalisti musicali amiamo chiamare una raccolta di canzoni-canzoni. Quindi ci è parso una cosa utile interessare farci raccontare da loro la storia che c'è dietro ogni pezzo. 

NO SMALL THINGS

ROLAND: All'inizio della lavorazione del disco abbiamo fatto quella cosa chiamata "speed dating" in cui ci si incontra con molti autori e produttori. E tutti quanti non ci chiedevano cosa volevamo raccontare, ma piuttosto intendevano provare a ripetere ciò che aveva avuto successo in passato.
 CURT: "Quindi proviamo a farne un altro" sostenevano
 ROLAND: "Sì, facciamo qualcosa di simile per evocare il vostro periodo di massimo splendore." Poi un giorno ero seduto con Curt a strimpellare con le chitarre acustiche, e mi sono imbattuto in qualcosa che suonava completamente all'opposto del nostro suono. Evocava, credo, un po' Bob Dylan, ma verso la fine senti la batteria tipo Led Zeppelin e poi un gran caos. Esprimeva quello che eravamo, e riconoscerlo è stato molto rinfrescante e liberatorio. Come dice la canzone. “La libertà non è una cosa da poco”. E finalmente possiamo dire quello che vogliamo dire.
 CURT: All'inizio sembra qualcosa uscito da un album folk acustico degli anni '60 o '70 . Il fatto che ci siamo sentiti abbastanza sicuri da partire da qui e arrivare al caos della fine della canzone, racconta di quel senso di libertà che è anche la nostra zona di comfort.

THE TIPPING POINT

ROLAND: Il nostro chitarrista, co-autore e co-produttore Charlton Pettus ci ha inviato questa strana base musicale in tutti i tipi di indicazioni di tempo. Penso che Charlton fosse un po' incazzato per il fatto che stessimo lavorando con tutti questi autori, invece di chiedere a lui che invece è piuttosto bravo. 
Questo ha coinciso con un momento specifico della mia vita in cui la mia prima moglie non stava bene. In pratica la stavo guardando morire. Ecco da dove vengono i testi: è l'immagine di una stanza d'ospedale in cui stai solo guardando qualcuno e stai aspettando il punto in cui sarà più morto che vivo. Questo è “il punto di svolta” ed è quasi come se una parte di te fosse disposta a varcare quella soglia per essere in quel purgatorio dove si trovano tutti gi altri.
 

LONG, LONG, LONG TIME

CURT: C'è qualcosa di bizzarro in questa canzone. È molto diversa da qualsiasi cosa io abbia mai sentito: è un serie di parti che in realtà non dovrebbero funzionare insieme, ma che in qualche modo funzionano, con tutti quei cambiamenti di tempo dalla strofa al ritornello. È una canzone che cercava una direzione, e in un certo senso ha trovato la sua, specialmente quando Carina Round, che canta con noi in tour, è entrata e si è unita al ritornello.


BREAK THE MAN

CURT: "Break The Man" è partita da Charlton Pettus (uno dei co-autori e co-prodouttori del disco), e parla ovviamente di una donna forte,  ma parla soprattutto di rompere il patriarcato. Sento che molti dei problemi che abbiamo avuto come paese, ma anche in tutto il mondo, provenissero in una certa misura dal dominio maschile. È una canzone su una donna che è abbastanza forte da spezzare l'uomo. Per me, questa sarebbe una risposta a molti dei problemi del mondo: un migliore equilibrio uomo-donna. Anche nella nostra partnership musicale, si riduce a quella parola "equilibrio". Se potessimo trovare quel senso di equilibrio tra uomini e donne, avremmo più armonia (questa frase suona un po' da vecchio hippie).
ROLAND: Questo è un tema che avevamo già affrontato in "Woman In Chains" di cui siamo molto orgogliosi. Al tempo siamo stati molto attaccati da altri artisti nostri coetanei. Non farò nomi... ok, Pet Shop Boys. E Spandau Ballet.
 CURT: Non sono convinto che ci sia davvero qualcosa di sbagliato nell'essere sensibili. Essendo stato chiamato così tante volte nel corso degli anni, alla fine arrivi a una certa età e ti viene da rispondere "Grazie mille per avermi chiamato sensibile".

MY DEMONS

ROLAND: Abbiamo lavorato molto all'inizio di questo album con Sacha Skarbek e il suo programmatore Florian Reutter dalla Germania. Ci hanno presentato una base musicale e abbiamo semplicemente detto "Wow". Poi abbiamo tirato fuori dei testi pazzi sulla sorveglianza e ogni genere di cose. Siamo molto orgogliosi di questa canzone anche per i sintetizzatori che qui sono molto aggressivi. 

RIVERS OF MERCY

ROLAND: La mia nuova moglie è profondamente consapevole delle difficoltà che abbiamo avuto all'inizio della realizzazione del disco e quindi mi ha chiesto perché non provavamo a scrivere le  canzoni insieme alla band.  In effetti non era una cattiva idea: abbiamo un tastierista di nome Doug Petty che è estremamente talentuoso e insieme a Charlton ha realizzato una base musicale molto lenta e bella. Si tratta di un pezzo che evoca la pace con immagini di mare e fiumi: la ascoltavo durante il primo lockdown e mi faceva stare bene. Poi accendevo la TV o il computer e c'èra il caos assoluto.  Questa canzone ha quell'idea di redenzione attraverso il fiume, come in "Take Me To The River" -- quella nozione di redenzione o di battesimo. Questa è probabilmente la mia canzone preferita dell'intero album.
 CURT: A volte le persone mettono in dubbio l'ordine di esecuzione di un album. Avere "Rivers Of Mercy" con questo bellissimo respiro di serenità che arriva subito dopo l'intensità di "My Demons" lo rende ancora più potente.
 

PLEASE BE HAPPY

ROLAND: "Please Be Happy" è stato scritto anni fa all'inizio del nostro processo con Sacha Skarbek ed è una gioia lavorare con questo bravo pianista. Sacha era al piano a suonare alcuni accordi e registrarli sul suo iPhone. Il vero pianoforte che senti nel disco proviene dal suo iPhone. "Please be happy" mi colpì subito. A un livello molto personale, questa canzone è stata ispirata dal guardare qualcuno che ami seduto su una sedia tutto il giorno senza fare nulla, senza muoversi, e quando lo fa, sale le scale con un bicchiere di vino e si schianta sulle scale . È una canzone piuttosto straziante.
 

MASTER PLAN

ROLAND: Il narratore di "Master Plan" sembra riferirsi a una relazione, ma la vera ispirazione per l'idea viene più dal rapporto che abbiamo avuto con il nostro ex manager. Come suggerisce il titolo, si tratta di quando qualcuno nella tua vita ha "il masterplan" - almeno questo è il loro lavoro. E il piano generale per il nostro ultimo manager era di non registrare alcun disco perché, diceva lui, "È una perdita di tempo". 
 CURT: Va bene che qualcun'altro abbia un piano per la tua carriera, ma non va bene quando è completamente diverso dal tuo. Penso che abbiamo dato troppo credito a ciò che pensavano gli altri, piuttosto che condurre noi stessi le nostre carriere.

 
END OF NIGHT 

ROLAND: "End Of Night" è una delle canzoni più vecchie qui e una di quelle cose che sono uscite dal mio laptop. Questa è forse la canzone più orecchiabile, ritmata e diretta dell'album. Significa qualcosa? Non so. Parla del maestrale, un vento che soffia nel sud della Francia. Potrebbe essere il vento rinfrescante del cambiamento.
CURT: "End Of The Night" non cerca di essere nient'altro che una semplice canzone pop. E a questo punto del disco, questo non mi disturba affatto.

STAY

CURT: “Stay” è stato scritto in un periodo in cui stavo pensando di lasciare di nuovo i Tears For Fears.
ROLAND: Sorpresa, sorpresa. È un evento annuale!
CURT: È difficile abbandonare qualcosa che hai passato così tanti anni a fare, coltivare e costruire. È davvero una canzone sul mettere in discussione te stesso.
ROLAND: Sta esprimendo il conflitto, vero? Stai ammettendo che ce n'è uno, che è sempre un inizio!
Detto questo, Roland e Curt ridono: forse si tratta di un altro punto critico evitato.

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