Canzoni italiane: “Mentre tutto scorre” dei Negramaro

"Mentre tutto scorre" dei Negramaro
da MENTRE TUTTO SCORRE, Sugar/Warner, 2005
Nonostante si parlasse da tempo di loro come una delle nuove rock band da tenere d’occhio, i Negramaro risolvono la loro partecipazione a Sanremo Giovani 2005 in modo incredibilmente sbrigativo: “Mentre tutto scorre” è eseguita a notte fonda di un giorno feriale e, penalizzata anche da un audio tv infelice, viene eliminata rapidamente. Che cantonata incredibile: l’album omonimo sarà il secondo più venduto dell’anno e Giuliano Sangiorgi e soci diventeranno per molto tempo l’ultima e grande band da stadio che l’Italia abbia prodotto, dando vita a una marea di epigoni.
“Mentre tutto scorre” è una summa perfetta della formula della band: la ritmica impetuosa, le distorsioni generose e le striature elettroniche sono messe sempre al servizio di soluzioni armoniche aperte e spesso magniloquenti, vicine al neoclassicismo rock messo a punto dai Muse. Dove però la band di Matthew Bellamy insegue fantasmi prog e immaginari futuribili, i salentini si spingono dalla parte opposta, ricercando nel fragore le tracce della melodia tradizionale e soprattutto mediterranea: oltre ai ritmi della pizzica salentina, più una suggestione complessiva che un’influenza reale, emergono i voli struggenti del Battisti di “I giardini di marzo”, il pathos di Domenico Modugno, le vette dolorose di certa Mina di era STUDIO UNO (“Un anno d’amore”, per esempio, è un calco incredibile dei Negramaro).
E poi, naturalmente, c’è la voce di Sangiorgi, uno strumento unico, ancestrale, capace di inerpicarsi su note di puro dolore acustico, proponendo un modo di cantare possente e dilaniato, ma ben lontano dai cliché del cantante a matrice metal o hard rock, in grado di lanciarsi persino in un bridge rap melodico. Dichiarazione di resa a una relazione basata su menzogne, falsità e sottili giochi di potere, giunta a un punto talmente devastante da non concepire più nessun cambiamento, quale che sia l’ennesima mossa (“E usami, straziami, strappami l’anima / Fai di me quel che vuoi, tanto non cambia / l’idea che ormai ho di te”), “Mentre tutto scorre” è completamente innervata nella tensione che la voce riesce ad attribuire alle parole, così potente da sovrastare il muro delle chitarre, come la voce di una persona che affoga, udibile anche nel caos più totale.
Oggi che la band è universalmente riconosciuta come l’archetipo del pop rock da classifica può fare un certo effetto pensarlo, ma in realtà i Negramaro hanno portato a compimento l’evoluzione sonora di progressiva apertura del rumore alla melodia avviata da band simbolo della scena alternativa come gli Afterhours e, su un altro fronte, i Subsonica (“Nuvole e lenzuola” è molto influenzata da MICROCHIP EMOZIONALE). Avevano a disposizione molti brani più solari e languidi, ma sono andati a Sanremo con la soluzione più dura e ardua: perché coscienti della forza pervasiva dell’intero brano e perché, forse, era coerente con questo sostrato. Anzi: con il loro successo clamoroso, i Negramaro – che pur nel contesto dei club e dei centri sociali erano nati – hanno decretato la fine dell’alt rock italiano: da qui in avanti la scena indie per qualche anno ingrigirà sempre più la massa sonora, spingendosi più lontano possibile proprio dal modello Negramaro (per un po’, più che i fan di Liga o di Vasco, ai concerti trionfali di “Mentre tutto scorre” ci si potevano trovare tanti seguaci di Manuel Agnelli, che del resto nella riedizione di HAI PAURA DEL BUIO? del 2014 proprio a Sangiorgi ha proposto uno dei suoi brani più viscerali, “Rapace”).
(di Giuliano Sangiorgi / © Casa 69/Sangiorgi/Sugarmusic)
La scheda è tratta, per gentile concessione dell’autore e dell’editore, da “Unadimille – 1000 canzoni italiane dal 2000, raccontate”, edito da Arcana, al quale rimandiamo per le altre 980 schede.
(C) Lit edizioni di Pietro D'Amore s.a.s.
