Gary Clark Jr. forse non è 'il prescelto', ma in concerto è uno spettacolo

Gary Clark Jr. ha talento da vendere e sin da quando la sua chitarra ha fatto sentire la sua voce si porta addosso la fastidiosa etichetta di predestinato, cose come il futuro del blues oppure quello del rock'n'roll. Fardelli e pressioni che spesso su disco non è riuscito a gestire al meglio, ma sul palco è tutta un'altra cosa. Dal vivo, Gary, che oggi compie 38 anni, può dare spazio a tutta la sua energia che, accoppiata a pacchi di tecnica e fantasia, lo rende uno spettacolo di grande godimento. Gli facciamo i nostri auguri di compleanno riportando alla vostra attenzione il nostro giudizio sull'album registrato dal vivo nel 2014, "Live".
Leggi “The chosen one” e il pensiero corre a LeBron James. Fin da ragazzino predestinato a diventare il più grande giocatore di basket di tutti i tempi, o almeno a giocarsela con Michael Jordan e Kobe. Ma la strada della predestinazione è lunga: anni di gavetta senza titoli, una separazione traumatica dalla propria città, le polemiche, titoli che arrivano in un'altra città e con l'aiuto di altri campioni; poi finalmente il ritorno a casa, per prendersi la gloria come si deve. Da Cleveland a Miami e ritorno.
“Every generation has its chosen one”, si legge entrando sul sito di Gary Clark Jr, con una frase di Entertainment Weekly. Predestinato a diventare il LeBron James della chitarra rock? Clark arriva da Austin, ha fatto una solida gavetta tra i locali giusti, con EP fulminanti, un passaparola tra addetti ai lavori che dura da anni: è il nuovo Jimi Hendrix, si dice (con scarsa fantasia). Stile, classe, tecnica, talento, phisique du role. Dopo la gavetta, ha provato a conquistarsi il titolo, giocando per la squadra più forte, incidendo con un disco per una major, “Blak and blu”, facendosi produrre dal presidente della Warner Rob Cavallo: troppo glamour, come LeBron a Miami. Ovvero troppa produzione, e peraltro il tentativo di venderlo come il nuovo Lenny Kravitz è fallito miseramente. Ecco allora il ritorno a casa con questo disco dal vivo. Le strade parallele tra lui e LeBron si sono già divise: James, già vincitore, ha ora il compito di portare in Ohio, dove non si vince niente da decenni, un titolo NBA. Gary Clark torna mesto e orgoglioso a casa sua, il palco, a suonare rock e a mostrare i suoi talenti. Ma sceglie - per fortuna nostra - di non mirare ai titoli da campione e allo stardom e - con cui ha pure ottime frequentazioni: gli Stones, Clapton, Sheryl Crow. No, mira a fare buona musica, e basta.
Il concerto dello scorso maggio a Milano rimane uno dei migliori visti quest’anno. E “Gary Clark Jr. Live” riporta tutto a casa, restituendoci questo fantastico chitarrista nel suo ambiente naturale, spogliando il suo suono da ogni sovrastruttura inutile: 15 canzoni registrate nel corso degli ultimi 18 mesi di tour.
C’è di tutto, qua dentro: dal blues di “Travis county”, al soul di “Three o’clock blues” e “Please come home”, alle svisate hendrixiane di “Numb” e di (ovviamente) “Third stone from the sun”. C’è il rock dritto delle sue canzoni migliori, “Bright lights” e “When my train pulls in”. E c’è la grazia minimale per voce e chitarra elettrica di “Blak and blu”. C’è un artista in stato di grazia, un suono di chitarra con radici solide e inventiva da vendere, e c’è il solido repertorio che Gary Clark Jr. si è costruito in anni di gavetta, e che il disco precedente aveva in parte rovinato. Un repertorio qua restituito alla sua potenza e al talento puro della voce e dello strumento.
Poco importa che Gary Clark Jr. sia o meno “the chosen one”. E' semplicemente uno dei migliori chitarristi e autori di rock in circolazione, e questo “Live” è la miglior cosa che poteva pubblicare per dimostrarlo. Ora sotto con un disco di studio come si deve.