Genesis, la storia di "Dance on a volcano"

Il brano d’apertura è esemplificativo del nuovo corso: ancora legato al progressive, ma inmaniera meno rigida e con sonorità più dure. La canzone nasce già durante la prima session in trio, con Hackett impegnato a dare gli ultimi ritocchi al suo album solista ("Voyage of the acolyte" uscirà nell’ottobre 1975 e riceverà un’ottima accoglienza, spingendosi fino al n. 26 in classifica) ma che si unisce comunque ai compagni sin dal giorno successivo.
Il brano parte con un riff di Mike alla chitarra elettrica, che riceve l’immediata risposta sibilante della Gibson di Steve mentre alle rullate di batteria si aggiungono i bass pedals e le tastiere. Le chitarre dominano la prima parte della canzone: ce ne sono due soliste nella melodia introduttiva (la principale di Mike e i raddoppi di Steve), poi producono un sound roteante sotto il canto di Phil, protagonista anche di una fantastica performance in tempi dispari alla batteria. Dopo una breve melodia di Steve, sul crescendo degli hi-hat le chitarre lanciano un riff ostinato subito sovrastato dalle voci sovraincise di Phil, autore di un’ottima prestazione vocale, comprensiva di una seconda voce bassa e altre ancora di contorno.
A questo punto sopraggiunge la sezione strumentale, con Tony e Steve in grande spolvero: l’assolo di synth del primo è assecondato dagli intarsi di chitarra del secondo e la batteria cresce fin quando il pezzo sembra calmarsi. Ma è solo un’illusione, perché un fischietto dà il via a un’altra sfuriata, quindi un altro stop del ritmo precede l’ultima sezione, con il basso in evidenza. La sincronia di Tony e Steve sublima una delle caratteristiche dei Genesis di questa fase: un synth impazzito sotto le scorribande della chitarra. Un ultimo momento di calma stavolta prelude davvero al finale, con gli arpeggi conclusivi di chitarra a 12 corde.
Il testo di Rutherford si offre a molte interpretazioni, ma pare sia ispirato dall’opera dello scrittore peruviano Carlos Castaneda e in particolare alla figura del suo mentore, lo sciamano Don Juan Matus di cui è, peraltro, dubbia la reale esistenza.
La canzone viene suonata dal vivo ininterrottamente dal 1976 al 1982, ma integralmente nel solo "Trick Of The Tail tour", in quanto l’intricato duetto finale fra tastiere e chitarra verrà sacrificato fin dall’anno successivo. L’ultima apparizione in
concerto è in versione ridotta (solo le prime due strofe) come traccia di apertura del cosiddetto "Old Medley" nel "We Can’t Dance tour" del 1992.
Mario Giammetti
Il testo è tratto da "Genesis - Tutti gli album tutte le canzoni" di Mario Giammetti, pubblicato da Il Castello, per gentile concessione dell'editore.
