Vari interpreti: la recensione di "Romagna psichedelika (1967-1972)"

Vari interpreti
ROMAGNA PSICHEDELIKA (1967-1972)
(2005)
Tracklist:
1. I Sifonofori – "La caravella portoghese"
2. Motonave Maria Juana – "L’Isola delle Rose"
3. Orlando Brummel e gli Eloi – "Nautofono"
4. I Barafondai – "Adriatic trip"
5. Le Selci de Mirecul – "Combat cumbia"
6. Galla Placid Test – "Insegna al neon"
7. Lou Mazzanti Arkestra – "La miseria nera"
8.
Groupo & the Groupies – "Road to Gambettola".
9. I Cagnetti – "Scorda quella chitarra"
10. Biglietto per Onferno – "A mari recedentia"
Parafrasando (brutalmente) il Pascoli: Romagna psichedelia, dolce paese… Be’, cominciamo con una domanda: rischio d’essere un po’ di parte nel recensire questa piccola compilazione in quanto a mia volta coinvolto nel delicato processo speleologico che le sta alle spalle? In tutta franchezza, no: anzi, che il mio metterci la faccia possa tranquillizzare i più scettici circa la bontà del contenuto! E di bontà ve n’è a fiotti: direttamente prelevata dal ventre caldo della Riviera Romagnola dei sixties, tra sardoncini multicolor, balli di gruppo orgiastici, piadine alterate, mazurke rock.
Paese schietto e incline alla contaminazione, dalle porte (percettive) sempre aperte e dunque disposto – la musica mi sia testimone – ad allargare gli altrimenti stretti labbri di quel beat nostrano che parrocchiano era e – altrove lungo lo Stivale, seppur con debite eccezioni – rimarrà (almeno fino all’avvento degli anni Settanta e del relativo affaire progressivo). Scavar la terra in queste terre è vincere facile: già sotto due palmi di sabbia è possibile incappare in utensili di chirurghi romani, anfore, pavimenti di domus e soprattutto dischi. Perlopiù 45 giri, giacché tra questi gruppi minori pochi arriveranno al traguardo dell’elleppì. Un fottìo di cover d’ordinanza ma anche – e su questo la compilazione si concentra – inauditi esperimenti autografi, floreali qui e crepuscolari là, a puntualizzare che sì, siamo il paese del sole… ma non scordatevi le ombre, il nebbione, il garbino, le colonie fasciste abbandonate.
Perché proprio là in mezzo trovan posto il garage rock vetroresinato dei Sifonofori (che chitarroni!), la tigna hendrixiana dei Cagnetti ("Star spangled banner Romagna mia"?), le jam session di squacquerone dei Barafondai.
E i guazzetti rocksteady dei Motonave Maria Juana, l’afro beat delle Selci de Mirecul, il delta blues delle saline di Cervia di Groupo & the Groupies. E che dire del surf rock stonato (con tanto di sirena antinebbia) di Orlando Brummel e i suoi Eloi? Della Lou Mazzanti Arkestra che fa remare sul medesimo pattìno Raoul Casadei e Acid Mothers Temple? Dell’arso cinema all’aperto imbastito dai Galla Placid Test (quasi dei Delfini coverizzati da Tim Buckley)? Un lungo trip adriatico che avvampa la terra solatìa di Guidi e Malatesta d’un ingenuo fuoco sperimentale, mentre i vecchi giocano a bocce e le svedesi occhieggiano ai bagnini; e che vede nella chiosa ferale dei Biglietto per Onferno i titoli di coda ideali, con quella magniloquenza compositiva che di fatto saluta i falò e le serenate sulla spiaggia e tende le braccia al decennio dei postumi e delle maturità, il riso stonato dei perdenti felici impresso sul viso e tutta una cabina di scheletri neri sullo sfondo, presagio d’una Italietta futura che così balneare (e spensierata) non sarà forse mai più.
Reg Mastice
La scheda è tratta da "I 150 migliori dischi inesistenti della storia del rock" di Reg Mastice (qui la recensione di Rockol), per gentile concessione di Arcana edizioni. (C) 2020 Lit edizioni s.a.s.
