The Byrds: guida all'ascolto di "Sweetheart of the rodeo"
THE BYRDS: SWEETHEART OF THE RODEO
Columbia Records, agosto 1968
The Byrds sono proprio una strana creatura. Dopo i primi due album di stampo più tradizionale, e tre dischi a cavallo tra psichedelia, Raga e improvvisazione modale, si arriva al sesto capitolo dell’era McGuinn. La rottura definitiva con David Crosby era avvenuta nel corso della registrazione del precedente "The Notorious Byrd Brothers", e l’ingresso di Gram Parsons contribuisce a far sì che il gruppo si ricolleghi a un linguaggio che affonda profondamente le radici nel terreno d’origine. Un segno importante è costituito anche dal ritorno alla musica di Bob Dylan, rappresentato da ben due composizioni in questo album. McGuinn aveva inizialmente concepito "Sweetheart of the Rodeo" come una panoramica sulla storia della musica americana, ma la barra viene progressivamente spostata e, con vento di bolina, si dirige verso una forma musicale in cui la figura di Parsons giocherà un ruolo fondamentale. Viene abbandonato qualunque riferimento alle escursioni sperimentali del recente passato (sparisce completamente, per esempio, il tratto caratteristico delineato dalla chitarra Rickenbacker 12 corde del leader, così determinante in "Fifth Dimension") recuperando strumenti quali banjo, violino, chitarra acustica e lap-steel guitar.
A ulteriore sostegno dell’idea, il disco sarà in parte registrato a Nashville, che nell’immaginario di molti artisti, tra cui lo stesso Bob Dylan, rappresentava una sorta di luogo sacro per il Country. Di fatto il prodotto finale risulterà essere una curiosa e inedita miscela, che verrà ben presto definita Country-Rock. Non si tratta certo del primo esperimento di questo genere, ma "Sweetheart of the Rodeo" ne è di certo l’opera più influente, oltre a essere stata una mossa davvero imprevedibile per una Rock band di successo. Peraltro l’album dei Byrds anticiperà di circa sei mesi la registrazione di "Nashville Skyline" dello stesso Dylan. Il loro percorso artistico disorientava comunque più di qualche critico… La recensione apparsa su Rolling Stones nel settembre del 1968 non fu molto gentile con questo album, che veniva giudicato un ritorno al Country & Western, mancando quindi completamente l’essenza del lavoro.
Enrico Merlin
Questa scheda è tratta da "1000 dischi per un secolo. 1900-2000", di Enrico Merlin (Il Saggiatore), per gentile concessione dell'autore e dell'editore.
Enrico Merlin, musicista e musicologo, nella composizione e scrittura del volume ha cercato di tracciare la storia della musica occidentale registrata, attraverso la selezione di 1000 opere sonore che fossero innovative in almeno uno dei sei parametri di cui la musica è composta: melodia-armonia-ritmo-timbro-dinamica-espressività. Per ognuna di esse ha realizzato una sorta di guida all'ascolto in cui vengono raccontate le motivazioni per cui quel disco è di fatto una pietra miliare. Mancano diversi dischi famosi, mentre vi sono opere seminali, ma di nicchia, che malgrado uno scarso successo di pubblico hanno lasciato un segno profondo in altri artisti contemporanei o successivi. Le schede non sono quindi delle recensioni, quanto piuttosto dei suggerimenti d'ascolto, dei trampolini di lancio per andare alla scoperta di nuovi mondi sonori e, perché no, trovare qualche conferma.
