U2, perché Bono ha ispirato una scultura con l’esibizione al Live Aid

Chiunque abbia avuto la possibilità di guardare i filmati del Live Aid – o addirittura di assistere dal vivo al colossale concerto rock benefico – ricorderà, tra i momenti più memorabili dell’evento del 13 luglio 1985, quello in cui il frontman degli U2 ha abbandonato il palco dello Stadio di Wembley per raggiungere una ragazza che schiacciata contro le transenne faceva segno ai componenti della sicurezza. Dopo averla notata Bono ha fatto in modo che la giovane si liberasse della folla e lo raggiungesse. Il cantautore irlandese l’ha abbracciata e ha trascorso con lei qualche minuto danzando lentamente. È per questa ragione che poi la band di “One” ha dovuto intervenire sulla scaletta eliminando “Pride (In The Name of Love)”. Bono ricorda così, nella lunga intervista di Michka Assayas raccolta in “Bono On Bono” (2005) di Sperling & Kupfer Editori, quel momento:
I musicisti sono un po’ galeotti e, se valgono qualcosa, anche un po’ sciamani. Per fare un buon lavoro devono essere completamente spontanei e consapevoli. Anche se scendere dal palco, che era piuttosto alto e lontano dalla folla, fu un atto spontaneo e, anche se ci fece perdere tempo e ci impedì di suonare “Pride (In The Name of Love)”, una parte di me sapeva benissimo che cosa stavo facendo. Stavo cercando un’immagine memorabile per quel giorno.
Memorabile al punto che settimane dopo Bono ha scoperto che il gesto, oltre a essere ricordato come uno dei momenti più significativi dell’evento, aveva finito per ispirare persino una scultura. Tutto l’opposto della percezione che il cantante aveva avuto, convinto di avere in qualche modo guastato la performance del gruppo. “Lì per lì mi ha sciupato la giornata. Pensavo di avere rovinato l’esibizione della band. Sono andato in albergo e ho guardato la fine del Live Aid in tv, con Bob Dylan, Keith Richards e Ron Wood”, racconta Bono, proseguendo:
Non ci ho pensato più. Una settimana dopo la gente ha cominciato a dire che quello era uno dei momenti che ricordava. Mi ero rifugiato in Irlanda, nel paesino dove vivono i genitori di Ali. Andammo a trovare uno scultore amico di mia moglie. Quando arrivammo da lui stava tirando fuori una scultura di bronzo dalla fornace. Gli occhi gli uscirono quasi dalle orbite. “Questo sei tu”, disse, “L’ho appena finito. È un’opera ispirata a quello che hai la settimana scorsa al Live Aid. Si intitola Il balzo. Hai fatto un balzo di fede quel giorno”.