“Decamerock”: la storia di Phil Spector

Il ritratto di Phil Spector dal libro “Decamerock” di Massimo Cotto
Molta è la follia che ha abitato le migliori menti del rock, ma c’è stato un periodo in cui buona parte di questa follia era nella mente di Phil Spector, uno dei produttori più geniali della storia, la cui instabilità psichica è stata causa della sua inarrestabile rovina.
Phil Spector, nato a New York il giorno dopo il Natale del 1939, è stato diavolo e dannato e se uso il passato è solo perché dal 2009 sta scontando diciannove anni di carcere per l’omicidio dell’attrice e modella Lana Clarkson. Le ultime foto diffuse dal carcere lo ritraggono con gli occhi spiritati e i pochi capelli in disordine – odiava la sua calvizie a tal punto che nella sua villa non c’erano specchi e la luce era sempre fioca per evitare di vedersi riflesso. Il suo avvocato dice che ha perso l’uso della parola, per colpa di alcuni polipi alla gola.
Il primo e unico successo come musicista, prima di dedicarsi alla produzione, è del 1958. Phil ha appena diciott’anni, scrive un brano per la sua band, i Teddy Bears, dal titolo “To Know Him Is to Love Him”, la frase che è incisa sulla tomba di suo padre, Ben Spector, l’uomo che gli aveva dato il primo enorme dolore. Nel 1949, quando Phil aveva solo nove anni, aveva salutato e baciato tutti con la consueta allegria, poi si era messo in macchina per andare al lavoro. Si era fermato qualche chilometro prima, ai margini della strada. Aveva preso un tubo da giardinaggio, l’aveva collegato al tubo dello scappamento e si era lasciato soffocare. Lo shock, a casa, era stato, naturalmente, terribile. Il padre, sempre amorevole e dolce, aveva nascosto a tutti la sua tendenza alla depressione. Shirley, la sorella di Phil, finirà presto in manicomio, Phil riuscirà a restarne fuori solo perché, nel campo dell’arte, il confine fra follia e genialità è così labile che tutti possono nascondersi dietro quella linea.
“To Know Him Is to Love Him” vende un milione di copie. Phil va in tour. Lo riconoscono in tanti. Tra questi, anche alcuni Teddy Boys che, nel bagno di un locale, lo circondano, lo umiliano, lo pestano, gli pisciano addosso. Non ha fatto niente di male, è semplicemente un ragazzino che è diventato famoso e che una gang di dementi vuole deridere.
E’ un ulteriore passo di Phil verso la follia e la paranoia. L’Lsd di cui fa uso già da anni non lo aiuta. Decide di concentrarsi sull’attività di produttore. Inventa il Wall of Sound, un muro sonoro spettacolare, marchio di fabbrica: la tecnica consisteva nell’aggiungere alla classica formazione del rock di chitarra-basso-batteria, strumenti quali archi, ottoni, triangoli e timpani, che mai, in precedenza, erano stati utilizzati nella musica pop. Spector li registrava e poi sovrapponeva più e più volte, fino a ottenere uno spettacolare effetto di riverbe-ro che lui amava definire “un approccio wagneriano al rock’n’roll: piccole sinfonie per i bambini”. Un colpo di genio. Perché Phil Spector è un genio. Ma è anche pazzo. E a soli ventisei anni si ritira. Il motivo? Quello che lui definisce un capolavoro (onestamente, come dargli torto?), “River Deep, Mountain High”, di Ike e Tina Turner è un flop di vendite. Negli anni diventerà un classico, ma nel primo anno di uscita è un fiasco clamoroso.
Phil pensa che il mondo non lo meriti. Si ritira nella sua villa hollywoodiana. Tradirà più volte il suo proposito di rimanere lontano dalla musica, lavorando con i più grandi (dai Beatles a Leonard Cohen), sempre con atteggiamenti da despota e infinite pistole al suo fianco. L’unico modo per sopravvivere era estrarre il senso dell’umorismo. John Lennon reagì così ai suoi spari al soffitto durante le registrazioni di “Rock’n’Roll”: “Perdio, Phil, se vuoi uccidermi, uccidimi, ma non rovinarmi le orecchie con questi spari, ne ho bisogno per lavorare”. E Leonard Cohen, quando Phil si avvicinò a lui con una pistola dicendo: “Ti voglio bene, Leonard”, replicò: “Lo spero proprio, Phil”.
Phil sposa Ronnie delle Ronettes, ma è ossessionato dalla paura che lo tradisca. La tiene segregata nella sua villa, quando esce la rinchiude in un armadio, le prende le misure e fa costruire una bara d’oro con il coperchio trasparente, minaccia di ucciderla.
A complicare le cose arriva un terribile incidente d’auto. Trecento punti di sutura al volto, quattrocento in testa. La follia, ora, è totale. Fino a quel giorno di non ritorno. Il 3 febbraio del 2003 muore Lana Clarkson e con lei la carriera di Phil Spector. Lui tenta una difesa disperata, assurda e tragicomica: “Tragico incidente. Stava giocando con la mia pistola, ha voluto baciarla e metterla in bocca ed è partito un colpo”.
I giudici non gli credono. Se prima era Wall of Sound, adesso sono solo muri di una prigione.
Domani racconteremo la storia di Jimi Hendrix
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Tratto, per gentile concessione dell’autore e dell’editore Marsilio, dal libro “Decamerock”, sul quale potrete leggere altre 100 storie di vite rock.
