
Anche la bella stagione ha i suoi lati oscuri, ombre e malinconie che la rendono a volte tragica come un inverno gelido. E chi meglio dei Paradise Lost può introdurci in questa dimensione? Dal death metal melodico seminale, a un sound più radiofonico groove/alt metal: la parabola degli In Flames è stata lunga e costellata di grandi pezzi. Spesso al centro di discussioni fra detrattori e grandissimi fan, loro non si sono mai lasciati tangere dalle opinioni altrui, continuando per la loro strada. Ecco come: ce lo raccontano di persona…
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- Non mi piace come si cerchi sempre di semplificare tutto. È anche noioso. Accade specialmente nel metal che le persone vogliano inquadrare le cose senza considerarne la complessità. Ad esempio, io non sono esattamente ciò che scrivo nei miei pezzi. […] Anzi, spesso butto giù un verso, poi dopo tre mesi torno a lavorarci… non è tutto sempre bianco o nero.
- Per circa cinque anni, all’inizio, siamo stati del tutto presi dal doom metal. Poi io ho iniziato a interessarmi ad altre cose e ho capito che il growl era un modo di cantare troppo limitativo. Per cui verso il 1992 ho deciso di esplorare il mio registro vocale.
- Ogni disco che facciamo rappresenta il momento che viviamo come persone. Ovviamente non siamo più ragazzi, ma siamo sempre bravi a fare deat doom, quando ci mettiamo. Ci viene molto naturale.
- A volte mi sento molto malinconico. Ed è in queste occasioni che scrivo il nuovo materiale. Vado giù, nel mio scantinato, scrivo i testi e mi immergo nel mio piccolo mondo per qualche ora. Poi riemergo e la realtà non ha nulla a che vedere con quel mondo. Direi che scrivo delle specie di poemi, ma non necessariamente hanno un senso compiuto.
- Nel nostro periodo pop… siamo stati un gruppo pop fallito. C’è da dire che in quel momento eravamo, probabilmente, tutti mal messi a livello personale. Tutti stavamo passando dei guai. E in effetti ciò si è ripercosso in modo negative sul gruppo. Ma non incolpo nessuno per quanto è successo. Abbiamo avuto un piccolo sbandamento, forse perché siamo stati troppo in tour, nel periodo precedente. Quindi desideravamo ardentemente un grosso cambiamento. Devo dire che la musica e I dischi di quel periodo, però, per me sono intrisi di disperazione e ne vado fiero. Secondo me “Host” è uno dei nostri album migliori.