John Mayall all’Alcatraz di milano: il report del concerto

Qualcuno tra il pubblico non riesce a trattenere l’entusiasmo e, con un inglese maccheronico, urla a gran voce: «John, per noi sei forever young!».
Se la ride John Mayall sul palco, con i suoi 81 anni “suonati”, nel senso letterale del termine, e una grinta che farebbe invidia a gran parte delle nuove leve del panorama musicale.
Tutti gli appassionati del genere si sono già disposti attorno al palco, quando le luci si spengono e l’atmosfera viene scaldata dai Cyborgs. I due musicisti sono nascosti dietro maschere da saldatori, che li rendono al contempo intriganti e inquietanti; il duo “boogie elektrorock” intrattiene il pubblico con i suoni aspri del blues, tra la voce ruvida che risuona nella maschera dell’uno e il suono metallico del washboard dell’altro.
John Mayall e la sua band vengono accolti con calore e, in pieno contrasto con la semplicità del loro ingresso, esordiscono in grande stile con “Nothing to do with love”: Mayall alterna giri di blues cantati a soli di tastiera e grande spazio viene lasciato al chitarrista texano Rocky Athas, che dona il suo tocco personale al ruolo rivestito in passato da musicisti illustri, primi tra tutti Eric Clapton, Mick Taylor e Peter Green. Sembra che l’età abbia condotto la voce di Mayall a un timbro più sporco e affaticato, che bene si sposa con la drammatica rassegnazione del genere, specialmente in classici come “Early in the morning” di Louis Jordan. Il groove del pezzo cresce fino al primo grande solo della batteria di Jay Davenport e il clima torna poi più quieto nell’intro di organo della successiva “Floodin’ California” di Albert King. In “Help me” Mayall risponde alla melodia del suo stesso canto con l’armonica, e segue l’armonia come se stesse raccontando una storia.
Greg Rzab al basso, che finora è stato moderatamente tranquillo, se ne esce con un solo gradito e inaspettato in “Dirty water”: tutti, Mayall compreso, lo guardano compiaciuti. Aumenta la drammaticità in “Drifting blues”, cover di Charles Brown, con la sezione ritmica che si riduce ai soli accenti. Il pubblico accompagna con le mani l’armonica in “Mail order Mystics”, che chiude la scaletta, e i musicisti rientrano per un bis che richiama i tempi dei Blues Breakers: rispetto all’originale di Freddie King del 1960, il gruppo ammorbidisce i suoni e la batteria arricchisce il pezzo giocando sui cambi di ritmo. John Mayall saluta un pubblico più che soddisfatto dell’ora e mezzo di buon vecchio blues che, come il suo esecutore, sembra non perdere mai lo smalto.
(Vittoria Polacci)
SETLIST:
Nothing to do with love
Mother in law blues
Early in the morning
Floodin’ in California
Help me
Why did you go last night
Dirty water
Big town playboy
Nature’s disappearing
Drifting blues
Mail order Mystics
BIS:
Hideaway (Instrumental)