A margine dell’articolo dedicato a Juan de Marcos, "La Repubblica" ne dedica uno anche al musicista africano che li accompagna in tour, Sheikh Lô: «Ha i capelli come un rastafari, è un appassionato della musica di Bob Marley e di James Brown, è cresciuto musicalmente con i classici cubani degli anni Sessanta. Ma vive alle sorgenti del ritmo, a Dakar, in Senegal, dove Youssou N'Dour ha notato la sua voce e l'ha portato per la prima volta in sala di registrazione. Ora ha pubblicato il suo secondo album, "Bambay Gueej", in cui ha stretto ulteriormente il rapporto con il funk neroamericano e con la musica afrocubana. Nel suo disco suonano anche il sassofonista Pee Wee Ellis, una volta con James Brown ora arrangiatore della band di Van Morrison, e Richard Egües, flautista dell'Orquesta Aragon. Al Ronnie Scott's di Londra, Sheikh Lô si è esibito con la sua band ed è salito sul palco durante l'esibizione degli Afro Cuban All Stars per un'applauditissima improvvisazione vocale. Parla una quantità di lingue africane, è un sufi della setta Baye Fall e tiene appesa al collo l'immagine del Maestro, cui ha dedicato l'intero album. La grande spiritualità che pervade la sua musica è evidente soprattutto in Zikr (così i sufi chiamano la loro cerimonia), un brano che Lô ha voluto dedicare a Nusrat Fateh Ali Khan, scomparso due anni fa. Acceso sostenitore di una musica che continui la gloriosa tradizione dell'afro- beat di Fela Kuti, ma più ricca e composita, con ritmi che arrivano dal Mali e dallo Zaire, le musiche che l'Africa ha generato nel mondo (dal jazz ai suoni caraibici) e quelle devozionali dei riti del sufismo. "Che rapporto c'è tra la religione e la mia musica? Lo stesso che c'è tra il lavoro del falegname e il suo credo"».
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