La serie sugli 883 non è solo un'operazione nostalgia

"Hanno Ucciso l'Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883" trova da subito il taglio giusto per immergere lo spettatore nella storia che racconta. Lo fa spiazzandoci con una scena iniziale che ci porta nel 1895, di fronte a un ragazzino bocciato condannato dal padre rigoroso e anaffettivo all’esilio, in punizione, nella terribile Pavia.
Solo alla fine della puntata pilota capiremo la rilevanza di quell’episodio all'interno della serie, visibile su Sky (e sulle sue piattaforme streaming SkyGo e Now) dall'11 ottobre. La connessione con il giovane Massimo Pezzali (Elia Nuzzolo), adolescente di Pavia la cui vita sociale e le vacanze estive sono irrimediabilmente compromesse dalla bocciatura scolastica, un secolo più tardi il misterioso protagonista dell’incipit. Un po’ nevrotico, molto saputello, sempre sull’orlo dell’irrimediabilmente sfigato, il futuro Max narra le sue sventure come una lunghissima sequenza di eventi che lo portano a voler scrivere una canzone dopo essere stato “segato” per colpa della musica. C’entrano un cassetta dei Ramones dimenticata dal precedente proprietario nel mangianastri di un furgoncino puzzolente, la scoperta del punk, una bellissima ragazza annoiata a metà tra l’angelo di “Sei un mito” e il diavolo di “Te la tiri”, un cuore spezzato e una chitarra elettrica “in prestito”, senza che il proprietario al servizio militare lo sappia.
La storia di Massimo, costretto dai genitori ad aiutare con il lavoro al negozio di fiori di famiglia e a rimanere nell’odiatissima Pavia per tutta l’estate, segue due binari: quello degli eventi e quello della voce fuori campo del Max del presente e del futuro, che punteggia le piccole e grandi sfighe che affliggono il sé passato e presente.
Il ritmo, nei due primi episodi è sostenuto, la cornice sempre al di qua della nostalgia, punteggiata dal gergo giovanile lombardo dell’epoca. La classe di Massimo è una distesa di zaini Invicta, Pavia è un’anonima città di provincia in cui non riesce a trovare i vinili dell band punk che ama, un luogo dove la gente muore piuttosto che affrontare un’altra estate di noia. Lui lo sa bene, costretto a presenziare a molti funerali ogni giorno, come addetto alle corone di fiori.
Quello di "Hanno Ucciso l'Uomo Ragno" è un racconto di provincia furbissimo ma efficace, che con l’approccio esasperato e un po’ acido della voce di Pezzali stempera l’effetto nostalgia verso un’Arcadia italiana. Un’Italia ‘90 fatta di motorini Ciao, luoghi di ritrovo culturali e sociali per tutti, una realtà abbastanza benestante in cui anche i più giovani, nonostante la canzone della sigla, un deca o più in tasca ce l’hanno e possono uscire a prendere una birra, andare al mare con gli amici, godersi la propria gioventù senza troppi pensieri opprimenti.
Pavia nel 1989 è il luogo dove essere, anche se nessuno lo sa. Neanche una giovane avvocatessa di nome Maria De Filippi, che viene assediata da un ammiratore romano che le manda fiori tutti i giorni. È lei a mostrare a Massimo una VHS “che va fortissimo tra i ragazzi di Milano”, con il video dei N.W.A che regala al ragazzo l’ultimo tassello, liberandolo dal giogo dello spartito di “Gianna” consumato dai suoi tentativi d’imparare a suonare la chitarra elettrica in un pugno di settimane. Maria De Filippi che, circondata dalle rose rosse spedite giornalmente dal suo “ammiratore romano” ti fa scoprire "Straight Outta Compton", cosa può esserci di più leggendario? Dopo il punk, Massimo arriva per caso all’hip hop, che gli svela come si possa fare musica senza il bisogno di suonare uno strumento. A fine puntata arriva quel “tanto così” che manca alla storia: Mauro Repetto, interpretato da Oscar Giuggioli (l’elemento del cast più indovinato).
Se il primo episodio convince, il secondo, incentrato sulla personalità vulcanica e e contraddittoria di Mauro, è esplosivo. Sono quaranta minuti magici in cui prosegue il coming of age di Pezzali e, nel giro di 24 ore, nasce un’amicizia destinata a diventare, da titolo, leggendaria. Repetto si porta dietro il compagno di classe appena incontrato su e giù per il pavese, scroccando passaggi sul suo motorino, tentando d’intercettare un celebre DJ statunitense per fargli sentire il suo mixtape.
Nei primi due episodi di "Hanno ucciso l’Uomo Ragno" di musica degli 883 non ce n’è, a parte “Con un deca”, hit del 1992 del gruppo che accompagna la sigla. Eppure la musica del gruppo è già tutta lì, ai margini, in episodi casuali in cui già sentiamo risuonare i passaggi dei testi che una generazione e più manda a memoria, dopo averli consumati in gioventù su musicassette come quella, fatale, che cambia la vita a Pezzali.
Nei dittico di episodi diretti da Sydney Sibilia non c’è solo l’inizio, ma anche la fine, come in tutte le grandi storie. La storia del giovane Mauro, a cui manca sempre una spanna di qualcosa d’indefinibile per trovare il suo vero talento, contiene già tutta l’insoddisfazione e l’insicurezza che faranno saltare il duo, alla fine. Massimo invece ha un talento puro ma l’incapacità di metter a fuoco le cose e le persone importanti, gli istinti giusti (”Max” è il soprannome che Mauro gli regala 30 secondi dopo averlo conosciuto, eppure lui non ne intuisce il potenziale per lungo tempo), cedendo invece a quelli sbagliati.
Che collabori con Sky, Netflix o si muova in solitaria, Groenlandia è praticamente una garanzia in ambito commerciale e non in Italia, capace di raccontare il feel di epoche perdute che hanno plasmato il nostro presente,come accadde con “L’isola delle rose” e con “ Mixed by Erry”. Stavolta entrambi i fondatori scendono in campo - Rovere e Sibilia - insieme a una Sky che non lesina risorse. L’impegno profuso in "Hanno Ucciso l'Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883" è evidente, a partire da un casting molto azzeccato per i due protagonisti, passando per una ricostruzione di quella Pavia e quegli anni molto vivida, materica.
Ci sono un coinvolgimento e una certa passione di fondo in questo progetto: entrambi risultano contagiosi. Due episodi sono pochi per valutare la tenuta della serie nelle sue fasi più avanzate, per capire se riuscirà a mantenere quest’equilibrio da nostalgia e disincanto, senza impantanarsi nella retorica ricorrente della parabola di “È nata una stella”, l’ascesa e la caduta, i peccati d’orgoglio e l’accecante potere della fama improvvisa. Per il momento però, trascinata da un ritmo sostenuto, un approccio fluido e divertito e dalla chimica degli scambi tra Nuzzolo e Giuggioli (irresistibili nel secondo episodio) "Hanno Ucciso l'Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883" si accredita come una scommessa vinta, che arriva al momento giusto. Prima che gli 883 siano Storia con la S maiuscola, ma con abbastanza anni alle spalle per evitare sia una certa aria di superiorità rispetto allo strano fenomeno pop pavese che travolse la musica italiana negli anni ‘90, sia la soffocante morsa della nostalgia.
È una serie in cui ancora una volta Rovere e Sibilia prendono una “strana storia italiana” e la rendono emblema di ciò che costituisce lo spirito nostrano, nel bene e nel male. Sul fronte musicale invece è più che trasversale, proprio come gli 883: è perfetta per chi in quegli anni c’era - da genitore tormentato dalle musicassette della prole, da fan o da negazionista del duo Pezzali/Repetto - e per chi scoprirà la band con questa serie, o ne è attratto per il suo “irresistibile fascino vintage”.
"Hanno Ucciso l'Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883" sarà disponibile su Sky e NOW a partire dal 11 ottobre 2024