«THE LESS I KNOW THE BETTER
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Ghibertins»
la recensione di Rockol
The Ghibertins: leggi qui la recensione di "The less I know the better"
Undici inediti per il trio milanese, che contenutisticamente toccano tematiche attuali o autobiografiche, tutti legati da un preciso filo conduttore in grado di collegare generi come il Folk, il Rock, l’Elettronica, l’Indie e il Pop.
I Ghibertines sono un gruppo folk rock milanese formato da Alessio Hofmann, Alessandro Fogazzi e Lorenzo Rivabella. Nel 2015 hanno pubblicato il loro primo EP, “Square the circle” che ha sostanzialmente impostato il canone di un trio che dichiaratamente parte traendo dichiaratemente ispirazione da John Mayer, Mumford & Sons, Pearl Jam e Ryan Adams. Questo almeno nelle intenzioni. Passati due anni e messi in cascina i primi pezzi, la band entra al MOB Sound Studio con…
… obiettivi completamente diversi. Anzi tutto la volontà di divertirsi e di sperimentare andando a strizzare l’occhio a diversi generi musicali senza rinunciare al proprio “Io”. Con questo presupposto viene introdotta definitivamente la batteria (che prende il posto della custodia della chitarra usata sull’EP), la chitarra elettrica e una serie di nuovi strumenti come Rhodes, ottoni e synth. La chitarra acustica rimane presente in ogni singolo brano a testimonianza che le origini non sono state dimenticate, ma vogliono essere evidenziate da un nuovo sound. Il risultato è un album con un preciso filo conduttore in grado di collegare generi come il Folk, il Rock, l’Elettronica, l’Indie e il Pop. Il concetto di “acustico”, il vero collante dell’album, rimane presente su tutte le canzoni a testimonianza che le origini non sono state dimenticate, ma vogliono essere evidenziate da un nuovo sound.
“The less I know the better” mi ha immediatamente ricordato l’America dei Counting Crows, con quel suo incedere malinconico che richiama alla mente paesaggi di una vastità che nel vecchio continente possiamo solo immaginare.
Il titolo del disco si rifà a un pezzo e ad una band che personalmente amo molto, “If you tolerate this then your children will be next” dei Manic Street Preachers. Dalla pubblicazione di quel pezzo sono passati quasi vent’anni, un tempo che ha visto i tre Ghibertines nascere come band e crescere come uomini, letteralmente, iniziando a capire forse più da vicino un pezzo che già ai tempi suonava piuttosto attuale ma che ora risulta quasi profetico. In questo senso i Ghibertins dicono del loro disco:.
“The Less I Know The Better” vuole svegliare dal torpore tutte quelle persone che trovano la sicurezza nella routine quotidiana ignorando di proposito, la situazione geopolitica mondiale nella speranza che il conto non venga mai servito. Ciò che non vedo, non succede. Ciò che non sento, non mi può essere comunicato. Il non voler conoscere ciò che ci circonda porta alla paura e alla diffidenza; da questa riflessione nasce il titolo dell’album.
Album che si sviluppa più concretamente in undici pezzi che, a costo di ripetermi, profumano parecchio di America.
Un (folk) rock di ampio respiro, finalmente completo sia dal punto di vista melodico che da quello dell’arrangiamento, che ci propone una band che per come suona sembrerebbe già ben oltre il primo disco. Pezzi come “Carnival”, una via di mezzo tra i Counting Crows e i Kings of Leon (molto più i primi a dire il vero…), le ballad “Let ’em dance” e “Where are we now”, o il folk alla Mumford e figli della bella titletrack sono solamente quattro esempi di quello che sano fare i tre ragazzi milanesi. Certo, l’ombra di Adam Duritz in alcuni punti si fa un po’ troppo evidente ma tant’è… ad avercene, no? Direi quindi molto bene l’inserimento di una vera batteria e della chitarra elettrica; “In my hands (A pop song)”, auto ironica fin dal titolo, e “Faces a loaded gun” non sarebbero quello che sono senza quella scarica elettrica che sa essere riff e assolo sempre nel momento giusto. Ecco, se la band puntava a crescere, la strada che ha intrapreso è sicuramente quella giusta. “The less I Know the better” è davvero un buon disco di (folk) rock puro e semplice, fatto con gusto e passione per il genere. Intimo e ispirato, perfetto per un viaggio con i finestrini abbassati.
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