The Weeknd prova a sbancare nuovamente il montepremi con 'Starboy': ma ci riesce?
Dopo il successo di "Can't feel my face", il cantante canadese pubblica il suo nuovo album, "Starboy". Dentro ci sono i suoni che vanno per la maggiore ora negli States: ma funziona?
"Can't feel my face" è stata per The Weeknd un terno al lotto, la hit che gli ha permesso di fare il salto e di diventare "pop", "popular": spinto dal successo di quella canzone, il suo secondo album "Beauty behind the madness" ha venduto solo nella sua prima settimana di vendita 412.000 copie negli Stati Uniti. E il nome di The Weeknd è cominciato a comparire sia nei cartelloni di festival importanti come il Lollapalooza e l'Austin City Limits, sia nei dischi di colleghi come i Disclosure, Kanye West e Beyoncé. Il cantante canadese prova a sbancare nuovamente il montepremi con "Starboy", il suo terzo album in studio.
Il disco è stato registrato a Hollywood, nei Conway Recording Studios, gli stessi che avevano ospitato le lavorazioni di "Beauty behind the madness". In cabina di produzione si sono alternati - attenzione! - ben 26 produttori: tra questi, gli immancabili hit-maker Benny Blanco e Max Martin, ma anche gente come Diplo, Cashmere Cat e Don McKinney (produttore esecutivo dell'album, insieme allo stesso The Weeknd). "Starboy" è stato definito da The Weeknd come il "capitolo successivo" della sua discografia, dopo "Kiss land" del 2013 e il precedente "Beauty behind the madness": addirittura, tra la influenze di questo disco sono stati citati Prince, gli Smiths e i Talking Heads. Quindi cosa dobbiamo aspettarci, esattamente? Provate ad immaginate un disco con dentro i suoni di Prince, l'attitudine degli Smiths e la dance-rock dei Talking Heads: un capolavoro, verrebbe da dire. Ma tranquilli, in "Starboy" non c'è niente di tutto questo.
Più che il "capitolo successivo" della carriera di The Weeknd, questo disco rappresenta un seguito ideale di "Beauty behind the madness". Avete presente il detto "squadra che vince, non si cambia"? Ecco, qui diventa un po' "suono che vince, non si cambia". In "Beauty behind the madness" c'erano diversi spunti interessanti che potevano essere esplorati, approfonditi e sviluppati: The Weeknd, nelle 18 canzoni di questo nuovo disco (tantissime, forse addirittura troppe), si limita a riproporre la formula vincente del suo disco precedente: e dunque alternative r&b, elettronica, pop, disco-funk, senza uscire da quei territori.
The Weeknd si guarda intorno, cerca di captare i suoni che vanno per la maggiore ora negli Stati Uniti e in gran parte del mondo, da Drake ("Reminder") all'elettronica tutta drum machine e beat del Justin Bieber di "Purpose" ("Nothing without you"), passando per il rap di Kendrick Lamar ("Sidewalls") e la disco-funk della stessa "Can't feel my face" ("Rockin'"). E il risultato è un disco senza un orientamento musicale e sonoro ben definito.
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