Buon compleanno Eminem, icona rock

Negli ultimi trent’anni, Marshall Bruce Mathers III – per gli amici Eminem – è stato definito in mille modi: genio, provocatore, poeta urbano, simbolo della corrente bianca dell’hip hop. Tra le tante chiavi di lettura con cui interpretare il suo repertorio, se ne potrebbe aggiungere una: Eminem è un rapper rock.
Rock non è soltanto questione di chitarra elettrica e di batteria martellante – elementi di cui comunque Eminem si è servito in più di un’occasione. Come il rap, anche il rock è un codice comunicativo, un’attitudine: è ribellione, energia, vulnerabilità e costante tensione verso la rottura di schemi e regole. Come le grandi icone rock, il rapper ha costruito un personaggio che sfida l’ipocrisia sociale e che racconta il disagio personale in modo crudo, senza filtri o mezzi termini. Sin dai tempi di “The Slim Shady LP”, cioè dal 1999, la sua figura è quella di un antieroe: autodistruttivo, arrabbiato, scomodo. Proprio come i migliori rocker degli anni ’70 o ’90. Eminem incarna il grido di chi non trova spazio nel sistema, trasformando la rabbia in arte. Non che questa sia una prerogativa esclusivamente del rock, anzi: è questo il nocciolo della questione. Rap e rock, due generi – due mondi – all'apparenza così distanti, sono in realtà profondamente vicini. Eminem ha il merito di ricordarci che più ci sforziamo a mettere dei paletti alla musica, a etichettarla, ingabbiarla o confinarla, più lei ci sorprende travalicando ogni limite. Ed è così che anche nell'espressione più pura del rap si possono cogliere somiglianze con il rock.
Il confronto talvolta regge anche sul piano sonoro. “Lose yourself”, “Till I collapse” o “Cinderella man” evocano la tensione del rock alternativo, e hanno una struttura che somiglia più a un pezzo del genere che non a un classico beat hip hop. Le produzioni – spesso curate da Dr. Dre e dallo stesso Eminem – alternano riff di chitarra, batteria aggressiva e un uso dinamico delle pause e delle esplosioni sonore che ricordano i Nirvana o i Metallica più melodici. La sua voce è perfetta per rappare, chiaro, ma se mai dovesse prestarsi a un brano rock, probabilmente non sfigurerebbe. I suoi live sono pura catarsi. Non scomodiamo Freddie Mercury o Mick Jagger, stiamo pur sempre parlando di tutt'altro universo, ma il magnetismo che il Rap God esercita sul suo pubblico, quello sì, è molto simile.
La sua carriera è una lunga autobiografia in versi, un concetto (quello del mettere a nudo le proprie fragilità) più vicino al rock d’autore che al rap più commerciale. “The Marshall Mathers LP 2” e “Revival” sono due dischi che dimostrano bene la sua costante volontà di reinventarsi, anche a costo di dividere pubblico e critica. La sua voracità, la ribellione come linguaggio. Non solo contro il potere o i media, ma contro sé stesso, la fama, la dipendenza, la società americana che, suo malgrado, lo ha messo su un piedistallo e ne ha fatto un bersaglio. La genealogia della sua opera e quella del rock hanno radici molto simili: l’urgenza di trasmettere al mondo il disagio individuale, di trasformare la frattura personale in linguaggio collettivo. Il trauma diventa spettacolo, la confessione si ibrida con la satira e la vulnerabilità si sublima in aggressione verbale: ecco perché possiamo considerare l’alter ego di Slim Shady come un’incarnazione del paradigma rock nell’epoca postmoderna. Non è solo provocazione: è drammaturgia dell’alienazione.
In un secolo, il ventunesimo, in cui il rock ha perso il suo primato simbolico, Eminem ne eredita l’immaginario. Non come genere ma come idea, come vocazione, come spinta emotiva. Sarà per via di questa affinità che con gli artisti rock si è sempre trovato bene, dall’esibizione pazzesca con Steven Tyler alla Rock & Roll Hall of Fame del 2022 al cameo di Marilyn Manson in “The way I am”. Senza forzature o contrasti, perché il linguaggio è lo stesso: la musica come mezzo di sopravvivenza, protesta e provocazione. Quindi oggi, in suo onore, lanciamo una provocazione anche noi: Eminem non è un rapper che ha flirtato col rock. "È un rocker che ha scelto il rap".