Thruppi: un album in cui i generi si dissolvono

“Thruppi” è un disco strano, corrosivo e appuntito, ma a tratti anche melodico. È intimo, ma anche di una comunità alternativa, c’è dell’io e anche del noi. È una spina dentro un panorama musicale in larga parte fatto di gomma. Parla del tempo, dei corpi, delle ferite e della possibilità di dire la verità anche quando fa male. Racconta una realtà tangibile, pura nella sua semplicità. Per questo, forse, nella cover dell’album tutti i componenti sono fotografati di schiena: è chiudendo gli occhi, lasciando andare i riferimenti precostituiti e le apparenze, che si vede davvero.
“Thruppi” è in primis una sorta di supergruppo che annulla le barriere del tempo, composto dal cantautore Giovanni Truppi e dal collettivo Thru Collected. Appartengono a due generazioni diverse, ma hanno molto in comune. “A me i generi sono sempre stati antipatici – dice con un sorriso Truppi – credo di aver indossato tanti vestiti in tutti questi anni. Ascoltando i Thru ho sentito la stessa visione: non saprei dire che genere fanno”. “Questi pezzi non sono incasellabili anche perché non c’è stato un vero lavoro collettivo, c’è stato un lavoro di Giovanni con i singoli, quindi si sono creati degli universi a sé che poi hanno trovato una collocazione in un disegno più ampio”, spiegano i Thrub (In collegamento ci sono Sano, Lucky lapolo e Ben Romano). L’incontro tra Truppi e i ragazzi nasce quasi per caso: Giovanni ha scoperto il collettivo grazie al suggerimento di un amico, ne è rimasto subito affascinato e li ha invitati a partecipare al podcast che ha accompagnato il suo precedente album “Infinite possibilità per esseri finiti”.
In quell’occasione si è accorto che i ragazzi erano cresciuti anche con le sue canzoni. Da quel primo scambio sono nati nuovi incontri, fino alla realizzazione, tra Napoli e Roma, di questi pezzi che sembrano imprendibili. Sette brani nati da un processo creativo condiviso che raccontano un incontro, un tempo, due generazioni vicine nel modo di vedere la realtà. Unendo con disinvoltura cantautorato, spoken word e rap, il disco intreccia melodie delicate, cori stratificati e tappeti di synth con sonorità indie rock ed elettroniche attraversando momenti noise, punk, distorti e dissonanti. “Tutti abbiamo portato degli elementi nel processo creativo, testi e musiche: ogni cosa è stata mischiata – dice Truppi – non ci sono stati accordi preventivi del tipo ‘parliamo di questo’, tutto è stato naturale. E non ci sono state neppure volontà di fare canzoni complesse, tutt’altro. Sia io che loro amiamo un certo tipo di canzone popolare, capace di parlare a tutti”. Il risultato è un’opera contemporanea e ibrida dove i generi si contaminano e si dissolvono l'uno nell'altro.
A fare da sfondo sembra sempre esserci Napoli, citata nella canzone “Napoli città di morte”. “Ci sono più Napoli – raccontano i Thru Collected – alcuni di noi vengono da quartieri e zone differenti, e questo offre una visione particolare. Stiamo parlando di contesti vicini, ma diversi”. Il processo con cui è nato l’album viene definito “giocoso”, ma in realtà le canzoni sono tutt’altro che “divertenti”: “Denti perfetti”, uno dei pezzi più riusciti, è un attacco diretto alla borghesia. “C’è una visione scura, ma romantica. Sì, ci sono dei traumi, ma stiamo parlando di canzoni con cui tutti noi esorcizziamo la realtà”, dicono i Thru Collected. “Io credo che ci sia un approccio scuro, è vero – conclude Truppi – ma vitale. Questo è un album pieno di vita”.