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La storia dell’asta per microfono dei Korn creata da H.R. Giger

È in mostra a Torino un simbolo del nu metal che nasconde una storia curiosa d’arte e musica
La storia dell’asta per microfono dei Korn creata da H.R. Giger

A dieci anni dalla sua morte, una mostra porta in Italia un campione piccolo ma molto rappresentativo dell’opera di un artista, scultore e iconoclasta che ha fortemente influenzato l’arte, il cinema e la musica del Novecento. Tra i tanti pezzi in esposizione a “Beyond Alien – H.R. Giger” (è in calendario fino al 16 febbraio 2025 al Museo Mastio della Cittadella di Torino, in corso Galileo Ferraris, angolo via Cernaia), ce c’è uno che da solo vale il prezzo del biglietto per gli appassionati di musica. Nell’ultima sala del percorso espositivo infatti è in mostra il prototipo della celebre asta per microfono scultorea che l’artista svizzero realizzò per il leader dei Korn negli anni ‘90. Al suo fianco c’è una delle copie bronzee create successivamente da Giger, travolto dalla popolarità di un oggetto la cui fama andò ben oltre le platea della band di Jonathan Davis.

La storia di come è nato questo oggetto di culto - in campo musicale e artistico - è riportata in maniera frammentaria in numerose riviste musicali e siti specializzati che hanno raccolto le testimonianze dei due protagonisti tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio del nuovo millennio. Io me la sono fatta raccontare dall’inizio e per intero dal curatore della mostra Marco Witzig, massimo esperto dell’opera gigeriana e amico personale dell’artista.

Giger e le copertine degli EP: da Debbie Harry agli ELP

La storia di una delle aste per microfono più famose della storia della musica inizia molto prima dell’incontro tra il creatore di Alien e la band californiana nu metal simbolo degli anni ‘90. Sin dalla fine degli anni ’70 infatti l’artista emergente H.G. Giger cominciò una prolifica collaborazione con band e artisti della scena rock e metal internazionale, generi che più riflettevano il suo gusto musicale.

Giger infatti era un grande appassionato di musica e un attento ascoltatore. Prima e dopo la collaborazione con i Korn si prestò come illustratore per le copertine di molti album (a fine articolo le vedete quasi tutte). Nella mostra allestita al Museo Mastio della Cittadella di Torino c’è anche una stanza dedicata al suo rapporto con la musica. Qui sono esposti i bozzetti preparatori, le sculture e l’illustrazione finale dell’iconica copertina di “Koo Koo” (1981), il primo album da solista di Debbie Harry. Il volto sensuale dell’artista viene trafitto da lunghi spilloni, mentre lei fissa l’ascoltatore con uno sguardo vitreo, perso nel vuoto, ma apparentemente sereno. L’immagine venne considerata così violenta all’epoca della pubblicazione da venire censurata, proibendone la pubblicazione negli spazi pubblicitari. L’album però riscosse un considerevole successo commerciale. Quel ritratto firmato da Giger rese palpabile la svolta musicale che quell’album segnava per la cantante dei Blondie.

Dall’altro lato della stanza dedicata al suo rapporto con la musica ci sono un paio di grandi dipinti con labbra femminili realizzati per la band progressive rock Emerson, Lake & Palmer. Dopo il successo della copertina di  “Koo Koo”, gli artisti alla ricerca di una copertina sensuale, iconoclasta e shock sapevano a che porta bussare e spesso Giger si prestò volentieri, mettendo a servizio della musica il proprio genio artistico, così come fece con il cinema. 

H.G. Giger concedeva l’utilizzo delle sue opere solo a chi faceva musica che apprezzava

Amante del rock e del metal, in tre decenni Giger concesse l’utilizzo delle sue opere per almeno una dozzina di dischi. Non tutti però hanno avuto la fortuna di Debbie Harry o degli ELP. Non tutti poterono permettersi un’opera originale e inedita del maestro, realizzata ad hoc per un dato album. Altri musicisti rimasero affascinati da illustrazioni che aveva già realizzato e chiesero a Giger di poter usare opere già esistenti. Da musicofilo qual era, l’artista svizzero concesse l’utilizzo delle sue opere solo dopo aver ascoltato la discografia dei musicisti che lo interpellarono

Quando nel 1987 i fiorentini Pankow chiesero di poter mettere una sua illustrazione sulla copertina di "Freedom for the Slaves", Giger recuperò la loro musica a cavallo tra electro e industrial, dando il suo consenso e dimostrando di avere una certa affinità con la band.

Come è nata la collaborazione tra H.G. Giger e i Korn

Qualche anno più tardi, all’inizio degli anni ‘90, ad avvicinare l’artista svizzero è un amico di Jonathan Davis. Il cantante e leader dei Korn conosce bene l’opera di Giger, che incontra il suo gusto estetico: è un grande ammiratore del maestro dei corpi femminili ibridati e della biomeccanica.

È il 1990 e si avvicina un trionfale tour internazionale per la band. Anche Giger è sulla cresta dell’onda: è già una sorta di rock star del mondo dell’arte e del cinema. Il suo impatto sulla saga di "Alien" si dimostra indelebile da un decennio e lui ha un Oscar a casa per gli effetti speciali realizzati per il film fondativo del 1980. 

In questo periodo l’illustratore è nel pieno di una fase artistica incentrata sulla scultura. Attraverso l’amico del cantante, Giger scopre che Davis vuole assolutamente una sua opera da portarsi sul palco, ma non conosce la band californiana. Allora si fa mandare come di consuetudine tutti gli album pubblicati dei Korn, li ascolta con attenzione: e dice sì alla collaborazione.

Da sempre restio a lasciare la natia Svizzera, Giger spedisce un suo assistente a filmare due concerti dei Korn a New York e Philadelphia, per avere un’idea dell’atmosfera sul palco e di come Davis interagisca col pubblico. Segue il primo contatto ufficiale tra i due, per telefono. Il cantante della band telefona dal camerino dietro le quinte a casa Giger, in Svizzera, lasciando sostanziale carta bianca all’artista sul cosa realizzare e come farlo. Gli chiede però di tenere in considerazione che ogni oggetto di scena deve essere facilmente trasportabile e funzionale, per non ridurre l’energia delle performance della band. In quell’occasione viene consegnato il supporto del microfono standard a Leslie, l’assistente di Giger, che torna in Svizzera con tutto il materiale raccolto.

Davis e Giger s’incontreranno in seguito a una festa, come raccontato da Marco Witzig. In quella circostanza parlano d’altro, ma Davis non perde l’occasione per dimostrare apprezzamento per la qualità sensuale e biomeccanica delle illustrazioni dell’artista, divenuto famoso per un immaginario ricolmo di corpi femminili ibridati a parti meccaniche e cromature. Giger intanto sta già lavorando a un primo calco in argilla della scultura finale. Da grande amante dell’arte e dell’esoterismo dell’antico Egitto, realizza un corpo nudo femminile che richiama per i tratti somatici e l’acconciatura le regine al fianco dei faraoni nei bassorilievi dei siti archeologici egiziani. Davis ha visto solo qualche disegno del progetto, ma ha già dato luce verde a Giger.

Quello in mostra a Torino è il primo calco del microfono finale. Segue un secondo bozzetto in argilla, più sottile e slanciato. Il problema principale è la maneggevolezza, che Giger tenta di aumentare riducendo le dimensioni della scultura, rendendola più sottile. Il risultato finale sarà comunque una vera e propria statua che pesa più di una decina di chilogrammi, ma che il cantante dei Korn riesce comunque a inclinare sul palco.

L’opera finita viene spedita alla band qualche mese dopo e arriva sul palco con i Korn in tour. Il successo dell’asta per microfono gigeriana è stratosferico. Quel corpo nudo di donna con i capezzoli appuntiti che avvolge il microfono e si para davanti al pubblico come una sirena scolpita sulla prua di una nave conquista la band, i fan, i fotografi e gli amanti d’arte. Giger ne realizzerà numerose copie, fronteggiando un’enorme richiesta da parte dei suoi committenti e trasformando l’oggetto funzionale in una scultura vera e propria.

In mostra c’è anche una seconda versione bronzea della scultura, che è arrivata a Torino a sorpresa. Spiega il curatore della mostra Marco Witzig: Non ci aspettavamo di avere anche questo pezzo, che è una versione successiva dello stesso concept reso come una scultura vera e propria. Quando abbiamo aperto la cassa che conteneva una delle statue di 'Alien', abbiamo trovato anche questa al suo interno. Il collezionista privato cinese che ci ha prestato l’opera le ha spedite entrambe. Non sapevamo nemmeno che possedesse anche questa scultura”. È la prima volta che il bozzetto originale e la scultura finale vengono esposte insieme.

Di quest’incredibile storia di arte e musica rimangono oggi: una serie di foto suggestive dei live dei Korn, le aste originali sparse in varie collezioni e musei (una si trova nella casa museo di Giger a Gruyères) e una serie di scatti che testimoniano la visita che Davis fece all’artista che tanto ammirava nella sua casa svizzera. Oltre alla memoria vivida di chi vide quei concerti che segnarono l’apice di carriera della band e rimase folgorato da quella donna argentea e sensuale, biomeccanica e misteriosa.

 

Qui di seguito alcune delle copertine di album firmate da Giger (c'è anche quella per gli italiani Pankow).


 

1969: The Shiver, "Walpurgis"

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1973: Emerson Lake & Palmer, "Brain salad surgery"

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1975: Floh de Cologne, "Mumien"

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1977: Island, "Pictures"

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1978: Magma, "Attahk"

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1981: Debbie Harry, "Koo koo"

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1985: Celtic Frost, "To mega therion"

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1987: Pankow, "Freedom for the slaves"

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1989: Steve Stevens, "Atomic playboys"

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1990: Atrocity, "Hallucinations"

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1992: Danzig, Danzig III How the Gods kill

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1993: Carcass, "Heartwork"

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2014: Triptykon, "Melana Chasmata"

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2018: Sacrosanct, "Recesses for the depraved"

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Bonus track: il censuratissimo poster incluso nel 1985 nella copertina di "Frankenchrist" dei Dead Kennedys, un'opera di Giger intitolata "Penis landscape"

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