Fudasca: 'Sono sempre e solo le persone a fare la differenza'

In vista della prossima edizione della Milano Music Week, in programma nel capoluogo lombardo tra i prossimi 18 e 24 novembre, NUOVOIMAIE - tra i promotori della manifestazione - propone una serie di incontri con protagonisti del panorama musicale italiano non solo per approfondire le dinamiche artistiche che caratterizzano il lavoro di chi opera nel settore, ma anche per fare il punto su come gli attuali scenari del mercato impattino sulle opportunità professionali di chi ha scelto la creatività come professione. La parola, oggi, va a Fudasca...
Partito dalla sua casa in provincia di Roma, dove ancora risiede, Fudasca - all’anagrafe Simone Eleuteri - nel giro di pochi anni si è affermato come uno dei produttori italiani più apprezzati a livello nazionale e internazionale: ispirato tanto dalle sonorità contemporanee di Drake e XXXTentacion quanto da classici come Pink Floyd, Phil Collins e Michael Jackson, l’artista vanta collaborazioni con artisti britannici e statunitensi come Snøw, Resident e Hashir. E' disponibile da oggi, venerdì 20 settembre, il singolo inedito "Immagina", realizzato con Tredici Pietro, Francesca Michielin e Mecna. Fudasca è tra i protagonisti del Suzuki Music Party, che sarà trasmesso da 9 / Discovery in prima serata la prossima domenica, 22 settembre.
Hai presentato il tuo nuovo singolo a Suzuki Music Party, da Amadeus...
Sì, "Immagina" é il mio nuovo pezzo con Tredici Pietro, Francesca Michielin e Mecna. Racconta le relazioni ai giorni nostri e di come, tra noi ragazzi, spesso ci sia tanta voglia di viverci delle storie d’amore, di impegnarci, ma di pari passo, esiste anche tanta sfiducia, tanti traumi e tanta delusione nel portarle avanti. Come se vivessimo delle situazioni “usa e getta”, in contrasto con i valori e con l’amore forte e duraturo dei nostri nonni...
La scorsa estate è uscito “Bloody Mary”, che hai realizzato con Willie Peyote e PUGNI: presentandolo hai detto che per questa canzone “hai lasciato fare al flusso” molto più che in passato, divertendoti molto più che in passato. Come sei arrivato a questa conclusione? Quali differenze ci sono rispetto al tuo modo di lavorare usuale?
Semplicemente c'è stata meno razionalità e meno voglia di "fittare" nel mondo in generale a tutti i costi. Purtroppo nella società di oggi, soprattutto nell'arte e sui social, ci arrivano costanti input che per esserci devi starci: 1) sempre e 2) sempre positivo ed energico, che poco si sposa con la natura umana e che spesso mi porta a forzarmi di fare le cose e farle in un certo modo. In questo caso semplicemente c'è stata voglia di sperimentare, senza pretese e senza direzioni particolari ed è stato tutto piu naturale e scorrevole come un flusso appunto, abbiamo lasciato scorrere tempo e idee osservando dove ci portava la corrente e ci è piaciuto il risultato.
Sei riuscito a impostare una carriera internazionale grazie al canale Bootleg Boy e a Discord, praticamente senza mai muoverti da casa: senti che la tecnologia, assolutamente fondamentale per gli artisti della tua generazione, oltre che a offrire enormi opportunità, ti abbia anche tolto qualcosa?
Beh sì, un po' toglie il contatto umano vero e proprio, anche se in alcuni periodi può letteralmente salvare salute mentale e vite delle persone: è comunque un bellissimo modo di connettersi, conoscere persone e stringere rapporti. Da quando sto lavorando più in studio in Italia, o anche incontrando artisti di persona a Los Angeles, sto vedendo che la componente umana è fondamentale, il feeling è diverso ed è qualcosa che nessuna tecnologia può sostituire.
Rispetto alle tue esperienze con i tuoi colleghi stranieri, come vedi il panorama italiano? Quali sono le differenze nell’interagire con un artista nostro connazionale e uno straniero?
La differenza principale non la fa tanto la nazionalità, ma la persona in sé: mi sono capitate diverse situazioni con tanti artisti da tutto il mondo, quasi sempre molto positive. Una differenza "culturale" però me l'ha fatta notare un tecnico del suono ai Paramount Studios, in California, dicendomi che noi italiani siamo piu metodici e meticolosi, e che cerchiamo di dare una ragione e una motivazione ad ogni passaggio nel costruire le cose, in questo caso la canzone, con criterio: è un aspetto che magari ci rende più solidi, ma inevitabilmente piu lenti, mentre in America si lavora più per "vibe", e si cerca di ascoltare piu il "flusso", senza stare a seguire troppo i trend e le mode. Quest'analisi mi ha ispirato molto a provare questo tipo di approccio, tornando in italia.
Qual è il tuo processo creativo e di composizione? Rispetto al compositore / autore classico, che parte dal rapporto con lo strumento, come opera un producer / beatmaker come te?
In realtà quasi sempre parto dallo strumento anche io, suono la chitarra e il basso, e butto giù le idee partendo da lì. Spesso registro una progressione con una topline sul cellulare e poi la riporto sulla DAW.
Il Lo-fi è un genere che all’estero ha fatto segnare grandi numeri sulle piattaforme, ma in Italia non ha ancora una grande penetrazione a livello commerciale: come vedi le prospettive del genere nel nostro Paese?
Penso che il LOFI come è conosciuto all'estero ovvero Powfu, xxx, qui è difficile farlo arrivare, sono anni che produttori e artisti , incluso me, ci provano e quello che ho potuto vedere è che funzionano molto di più le sonorità e le influenze lofi rispetto al genere puro, come abbiamo fatto con Pietro e Alfa in "Lentiggini", per esempio.
Nei tuoi lavori hai un approccio spesso molto “cinematico”: qual è il tuo rapporto con il cinema? C’è qualche opera - film o colonna sonora - che ti ha particolarmente ispirato?
Certo! Sono molto appassionato del cinema italiano, in particolare di quello di Sordi, Verdone, Troisi, Fellini, Vittorio De Sica e Nanni Moretti, Mastroianni e altri: mi ha sempre affascinato l'estetica e la leggerezza mai spensierata dei loro film, come inquadrano, descrivono e criticano l'Italia nelle varie epoche, l'immaginario poetico, per non parlare delle colonne sonore che accompagnano i loro film e ti catapultano negli scenari.
Che idea ti sei fatto della rete di amici e collaboratori che ti sei costruito nei tuoi anni di attività da producer? Credi che oggi, in Italia, si possa parlare di - come si diceva anni fa - scena? Se sì, cosa pensi che la distingua da altre con le quali hai avuto modo di entrare in contatto?
Sinceramente non penso ci sia una "scena", né italiana né internazionale, non nell'accezione che gli si dava nel 2016 ad esempio: penso che, ormai, ci siano solo artisti a cui va di collaborare e artisti che vogliono stare nella loro bolla. Sono dell'idea che l'arte vada fatta e condivisa, e trovo molto triste e provinciale chiudersi nella propria bolla e lavorare solo con quelle 3 o 4 persone senza aprirsi ad altre visioni ed influenze. Mi sembra che la tendenza, dal post-Covid in poi, sia proprio quella, e vedo in essa un po' di morte della musica e del concetto di "scena" soprattutto in italia.
Essere parte del team Sony Music ti ha permesso di entrare in contatto con artisti e addetti ai lavori del loro team globale - recentemente, per esempio, sei stato in Corea del Sud (dove ti sei già esibito lo scorso anno) e a Los Angeles: come cambia il lavoro dell’artista quando si passa a una major? Quali differenze hai osservato rispetto a quando lavoravi da indipendente?
In realtà non molte, a parte le tempistiche e la schedule più ragionata e sinceramente preferisco così, preferisco avere un team che mi aiuta ad organizzarsi sul lavoro da fare e come farlo uscire nel migliore dei modi.
A proposito dei tuoi legami con la Corea del Sud, quale pensi sia la ragione della potenza dei prodotti dell’industria musicale del paese? K-pop a parte, cosa ti colpisce del modo di lavorare dei sudcoreani, musicalmente parlando?
Mi colpisce molto la loro energia e il loro dinamismo, la voglia di sperimentare e di fare della canzone qualcosa di piu che semplicemente "ascoltarla", ma che diventi un pezzo della quotidianità delle persone.
C’è chi sostiene che oggi i producer siano i nuovi autori? Sei d’accordo?
In parte sì, non tutti i produttori compongono e fanno del lavoro autoriale, ma molto spesso e sempre di più i produttori coincidono anche con compositori ed autori, come detto sopra, io stesso compongo e scrivo la parte armonica del 90% dei miei pezzi. Per le cose più complesse poi mi faccio aiutare, a volte, da degli arrangiatori, che sono una figura ancora poco esplorata e - secondo me - di cui si parla poco.
Nonostante i tanti traguardi importanti che hai già raggiunto, ce n’è uno - o più di uno - che consideri particolarmente importante, e che ti sei prefisso come obiettivo? Come ti piacerebbe veder evolvere, la tua carriera?
Sì, mi piacerebbe fare un disco con soli artisti italiani, mettere un tassello nella nazione in cui vivo e portare la mia visione del produttore e della musica e ciò che ho imparato lavorando con artisti di tutto il mondo.
Per un artista come te che opera a livello internazionale in ambiti così diversi, quanto è importante essere tutelato riguardo ai diritti connessi delle tue opere? Come spiegheresti a un tuo collega più giovane, a inizio carriera, l'importanza delle collecting nella vita professionale di un artista?
E' parte essenziale del nostro lavoro, è importante sapere che il proprio operato viene tutelato e raccoglierne i frutti, anche per essere spronati a proseguire, e il NUOVOIMAIE in questo puo darci una grande mano.