Sud Sound System: “No all’intelligenza artificiale nella musica”
I Sud Sound System sono sulla scena dalla fine degli anni ’80. Hanno coniugato la cultura reggae, raggamuffin, con l’anima dancehall e l’hip hop, cantando in dialetto, creando così uno stile tutto particolare, diventato iconografico del Salento, terra di cui rivendicano orgogliosi l’appartenenza. Alla musica hanno sempre unito concetti e idee ben precise, sempre schierati, attenti alla società e con uno sguardo politico rivolto prevalentemente ai giovani, che sono poi il loro pubblico.
Per i tre salentini (Nandu, Don Rico e Terron Fabio) una carriera molto lunga, costellata di album a cui adesso si aggiunge “Intelligenza naturale”, il nono, che arriva a sette anni di distanza dal precedente lavoro in studio. Il tempo passa anche per i tre musicisti e il presente che viviamo entra ancora una volta nelle parole delle canzoni, mentre le musiche si arricchiscono di influenze differenti e nuove. 
Inoltre “Intelligenza naturale”, vede la presenza di numerosi ospiti: Alborosie, Negramaro, Guè, Ensi, Puccia e Antonio Castrignanò.Nel parlare del disco Nandu, Don Rico e Terron Fabio, sono incontenibili, basta una domanda, una frase che subito si accendono in un fiume di parole, che analizzano, scavano, raccontano passato e presente. Poi c’è il lavoro del cronista necessario per fare sintesi su concetti e idee.
Ecco cosa hanno da dire - da domani 2 luglio sono in tour per tutta l'estate (qua le date): si parte da Seneghe (OR), in Piazza Santa Maria. "Per noi il live è la nostra miglior forma di promozione", spiegano
Partiamo dal titolo. L’intelligenza naturale è una contrapposizione a quella artificiale?
(Nandu) L'intelligenza artificiale nel campo scientifico e soprattutto in quello medico sta risolvendo delle problematiche irrisolte ad oggi, ma nell'ambito musicale, la cosa è diversa. Ci sono autori che si rivolgono all'intelligenza artificiale per fare la musica e le canzoni. Ma un testo nasce da quello che hai dentro, dall'energia che si muove in te, da quell'empatia che ti spinge a comunicare con il pubblico e non per risolvere delle problematiche. Venendo dal Salento sappiamo che la musica è una medicina. È un rituale collettivo catartico, che permette alle persone di scendere in piazza, di confrontarsi e di uccidere quel veleno che non è del ragno, ma il veleno della società che ti costringe a ritmi di vita che non sono umani e crea conflitti che coinvolgono le persone. Non serve un testo perfetto, fatto di parole ricorrenti che creano tormentoni. Non dobbiamo tormentare nessuno, siamo tutti tormentati e la musica deve lenire.
(Don Rico). Non dobbiamo addormentarci e la cosa più bella che abbiamo è proprio la nostra persona, il nostro pensiero. Ed è proprio l’uso dell’intelligenza, quella naturale, a evidenziare la capacità umana di creare. Allargando il discorso, oggi c'è bisogno di non farsi prendere in giro dal sistema e dalla società, per questo è necessario essere intelligenti.
(Terron Fabio) Chiaramente le evoluzioni tecnologiche servono e saranno sempre per tutti e ne facciamo uso anche noi con i campionatori e i plugin dei programmi musicali. L'intelligenza artificiale servirà a chi fino adesso è stato fermo e si è affidato sempre a qualcosa di artificiale per esprimersi.
(Nandu) Le cose vanno usate per quello che sono. L’intelligenza artificiale sta anche reintroducendo dei quesiti molto inquietanti. Era già successo, per esempio, con i robot quando hanno preso il posto dell'uomo nella catena di montaggio. È successa la stessa cosa con i computer quando sono arrivati a sostituire gli impiegati, i ragionieri, le segretarie negli uffici. Bisogna spiegare ai ragazzi che sta bene l'intelligenza artificiale nel momento in cui riesce a risolvere problemi, ma non dobbiamo sostituire l'intervento umano nella costruzione delle implementazioni di fasi del lavoro. Non dobbiamo farci sostituire, qui è l'uomo che deve decidere.
E questo cambiamento in campo musicale è in atto?
(Nandu) C’è un appiattimento musicale e molti hanno abbandonato le barricate. La musica deve fare barricate. Dicono che i ragazzi, le nuove generazioni, non hanno voglia di far nulla. Noi dobbiamo ricordare ai ragazzi che la loro partecipazione attiva parte anche dalla musica. La musica incita, la musica sprona, la musica è rivoluzionaria, è rivoluzione.
Ma la musica ha solo questa funzione?
(Nandu) La musica è anche diletto e danza. Perché la danza è importante, sveglia il corpo e dove non arriva la parola arriva la danza.
(Don Rico) La musica è per la gente, non per il sistema. La musica è intelligente, pure se è scema. Noi esprimiamo il concetto di utilizzare la musica con le vibrazioni giuste. Lo diceva anche Bob Marley che le buone vibrazioni servono per alleviare le sofferenze. Se la musica è buona ti dispone in un bel modo, se la musica è piatta non lo fa. Le vibrazioni sono importanti per il nostro benessere fisico e mentale. La vibrazione è fondamentale perché cresce la persona, libera lo spirito, libera la mente
(Terron Fabio) La musica ha fatto delle rivoluzioni enormi, anche durante il Vietnam sono stati i cantanti che hanno portato le masse in piazza; prima era impensabile che i ragazzi americani andassero in piazza a protestare, la musica ha fatto tutto questo, ma anche noi in Italia abbiamo avuto qualcosa di simile. Noi siamo nati quando c'era la pantera (Il movimento di protesta studentesco a cavallo tra l’89 e il ’90) la musica la faceva da padrona nelle piazze. Ecco perché torniamo a dire la musica è rivoluzionaria. Ai ragazzi vogliamo dire questo: non appiattitevi. Non fatevi nemmeno soffocare all’idea del dio denaro. Ragazzi che siete sui palchi e cantate di Rolex, di griffe a dei ragazzi come voi che hanno le famiglie che prendono 800 €, sappiate che non è bella questa cosa. Aprite dei traumi all'interno di questi ragazzi, di queste famiglie. Non dobbiamo parlare di ricchezza. Abbiamo sempre parlato di unità, del fatto che siamo tutti uguali, pace e amore. Facciamolo ancora invece di parlare di un nuovo livello che si deve raggiungere attraverso la ricchezza.
Questo spirito vi ha sempre accompagnati dalla fine degli anni 80 quando avete iniziato a fare musica. Lo ritroviamo ancora adesso nelle parole che mi state dicendo. Ma il significato è lo stesso, allora come adesso?
(Nandu) Sì, allora era ancora più radicale. Infatti l’hip hop, la musica reggae (che sono le nostre radici) finché sono state troppo militanti in Italia non hanno avuto quel riscontro che hanno oggi che si sono sdoganati deprivandoli del messaggio. Quelle culture ora sono impastate per il mainstream ma in realtà sono musiche libere, che parlano dei problemi, della realtà, dell'ingiustizia, e di cui abbiamo bisogno oggi ancora.
Al di là della musica, voi siete partiti negli anni 90 e vi ritrovate negli anni 20 del secolo, del millennio successivo. Cosa avete visto di cambiato in questi tanti anni?
(Nandu) Diciamo poco, magari c'è più tecnologia, però l'uomo è sempre uguale a se stesso, ha sempre la stessa ispirazione a vivere bene, a combattere. Qualcuno dice che i giovani d'oggi sono diversi, ma pure a noi dicevano la stessa cosa. Quindi non bisogna affidarsi a questi luoghi comuni. I ragazzi cercano di avere un posto al sole, di avere anche loro una vita più tranquilla. Certo, in Italia le condizioni lavorative economiche per i giovani non sono certo favorevoli e così è difficile uscire da casa.
(Don Rico) È cambiato un po’ lo stile di vita da quegli anni, da prima del 2000 a oggi. Da un punto di vista c'era molta più libertà negli anni 90 rispetto a ora, più possibilità per i giovani di trovarsi, discutere e combattere. È stato proibito fare manifestazioni, con la scusa dei rave, hanno quasi proibito anche le feste private. C’è un controllo maggiore sulla massa mediante tutta la tecnologia.
(Terron Fabio) Prima eravamo più selvaggi, bisogna dirlo..
Voi siete stati i precursori di questo genere musicale, l'avete fatto crescere. Vi sentite responsabili? Siete consci di avere un ruolo importante?
(Nandu) È assolutamente grazie a noi, è colpa nostra se tutto ciò è successo. Ma non solo con la musica, anche con l’uso del dialetto. Quando iniziammo a cantare il nostro messaggio arrivava solo all’interno del Salento perché appena uscivi fuori ti ponevi il problema che nessuno ti capiva. Con il tempo è curioso notare che dalla paura di parlare dialetto a Milano, adesso sono i milanesi che vengono qui e parlano salentino e ballano. È una grande soddisfazione dal punto di vista culturale, perché poi questo atteggiamento ha avuto delle ricadute anche sulla vita sociale e sull'economia. Da lì è nato quel Salento turistico, poi l'enogastronomia salentina e una ricaduta sul territorio. Diciamo che si usa la nostra narrazione ed è bello anche per la nostra identità.
Nel disco ci sono degli ospiti. Come arrivano, come li avete scelti? Fanno parte della predominante cultura del featuring, oppure è una cosa diversa?
(Nandu) Alcuni sì fanno parte della cultura del featuring, ma non sempre i nostri featuring sono ricercati a tavolino, nel senso che con molti di loro c'è un rapporto che è maturato negli anni. E come si diceva prima, ci sentiamo artefici di questo. E ci piace anche ogni tanto chiudere quei cerchi che fanno parte della nostra esperienza musicale. Come incontrarsi con Alborosie con cui è la prima volta che lavoriamo in composizione, altre volte abbiamo cantato insieme nei live, ma questa è la prima volta che entriamo nelle melodie e nelle liriche. Lui cavalca alla grande il nostro ritmo e riprende la melodia e la ricanta in inglese in questa chiave di Reggae House che noi accostiamo molto a lui che consideriamo un altro precursore anche se non l'ha fatto in Italia, ma in Giamaica da bianco. Insomma, ha dato anche lui una bella lezione a chi, anche in Giamaica stessa, pensava che il reggae fosse solo per la gente giamaicana, invece il reggae è per tutti. È stato interessante anche cantare con Negramaro con cui siamo molto amici e abbiamo fatto tante esperienze insieme. Non sono collaborazioni forzate. Ogni volta è un incontro veramente musicale con i gusti di ognuno dell'altro mischiati.
(Don Rico) Con tutti c'è stato un bell'incontro proprio di fusione dello stile e poi fa parte della nostra cultura. Noi stessi siamo nati dalle jam. Quando eravamo ragazzini e ancora non avevamo canzoni scritte, c'era un microfono che girava, ognuno di noi prendeva il microfono e tirava fuori quelle rime. Lo abbiamo poi fatto già da tempi non sospetti, quando i featuring non erano legge. Basta vedere la nostra discografia. I nostri featuring li trovi già dentro “Salento Showcase 94”.
(Terron Fabio) Sì, siamo cresciuti “in strada” cantando e condividendo le cose con altri gruppi. È lì, guardando gli altri che impari come devi ballare, come devi prendere il microfono in mano, come devi guardare la gente. I nostri modelli sono sempre stati gli artisti giamaicani che venivano qui a suonare e che noi poi portavamo in visita al nostro studio e li bloccavamo per cantare. Ma d’altronde la cultura giamaicana è fatta così: trovi il cantante che ti fa la melodia e poi con il toaster arriva il DJ che ti fa la parte più ritmica. Noi il featuring, non lo vediamo discograficamente, come purtroppo ci sta abituando l'industria. Per noi è un vero e proprio incontro.